2018 - 10 - 13: Dott. Elio D'Amico - I Palatini di Francia tra storia e leggenda e rapporto con i '' Pupi siciliani ''

Sabato 13 ottobre 2018 alle ore 18.20 nella sala delle conferenze dell'Associazione per la Tutela delle Tradizioni Popolari del Trapanese sita in Trapani via Vespri 32 con la partecipazione di un numeroso gruppo di soci e di simpatizzanti si è svolto il settimanale incontro previsto dal calendario delle attività del XXXII Corso di cultura per l'anno 2018.

L'ospite della serata, Dott. Elio D'Amico, è stato cordialmente accolto dal Presidente, Prof. Salvatore Valenti, e dai presenti perchè ben noto per la sua plurennale partecipazione alle attività culturali del sodalio fin dalla sua fondazione.

Aperti i lavori della serata il Prof. Valenti, dopo aver ricordato ai presenti i diversi campi in cui il Dott. D'Amico è impegnato (  giornalista, intellettuale, scrittore, regista e direttore di una compagnia artistica ) ha voluto anticipare  che nel mese di dicembre p.v. e nel mese di febbraio 2019 andranno  in scena  al Teatro Don Bosco di Trapani due suoi nuovi lavori a testimonianza della sua notevole attività culturale e creativa.

Dopo questa premessa e dopo averlo ancora ringraziato per la sua assidua partecipazione alla vita cuturale dell'Associazion, gli ha ceduto la parola.

Il relatore ha iniziato il suo intervento ringrazindo i presenti per l'affetto manifestatogli, per l'invito che ancora una volta gli è stato rivolto a relazionare, cosa che ha fatto sempre di buon grado, ed è entrato in argomento trattando l'interessante tema della serata.

Si riporta di seguito ed integralmente quanto riferito in quanto gentilmente reso disponibile dal Dott. D'Amico per essere riportato sul sito dell'Associazione.

'' I PALADINI DI FRANCIA TRA ST0RIA E LEGGENDA E RAPPORO CON I '' PUPI SICILIANI '' DI ELIO D'AMICO.

Quando si parla dei Paladini di Francia, spesso si immaginano Cavalieri nati dalla fantasia dei Trovatori, impegnati in amori contrastati ed in imprese eroiche, che volano sulla luna sul dorso di cavalli alati, e spesso vengono paragonati ai Cavalieri della Tavola Rotonda di Re Artù.

Ma, al contrario di quest'ultimi, i Paladini di Francia sono realmente esistiti, solo che sono vissuti in un periodo — fine VIII secolo - carente di informazioni storiche, cui spesso hanno sopperito i miti e le leggende.

                                                                   Le donne, i cavalier, l'arme, gli amori,

                                                                   le cortesie, l'audaci imprese io canto...

Cosi Ludovico Ariosto inizia il suo "Orlando furioso" offrendo, attraverso la poesia, gli elementi
caratteristici dei Paladini di Carlo Magno ad oltre sette secoli di distanza dalla loro esistenza.

Sono dei Paladini dipinti un po' con le ali della fantasia e dell'ironia poichè, su questi guerrieri, tra storia e leggenda è quest'ultima a prevalere.

Trattando di loro, parleremo di amori, di incantesimi, di tradimenti, di viaggi fantastici e poco di storia, poiché, in verità, la storia poco ha raccontato di loro: infatti, l'unico storico che parla dei Paladini in maniera  più o meno realistica, è Eginardo, il biografo di Carlo Magno che, nella sua " Vita Karoli '', scritta intorno all '830 — cioè 20 anni dopo la morte dell'Imperatore — dei Paladini di Francia racconta la più pesante sconfitta, cioè la battaglia di Roincisvalle.

Ma se gli storici sono stati cosi avari nei confronti di questi uomini che furono i primi Cavalieri,
non altrettanto lo sono stati poeti e romanzieri che dei Paladini di Francia ci hanno tramandato battaglie, magie ed incantesimi, attraverso la Chanson de geste e, successivamente, attraverso i
poemi di Matteo Maria Boiardo e Ludovico Ariosto; ed a queste fonti attingono i pupari siciliani.

Per stabilire l'origine dei Paladini di Francia, dobbiamo risalire alla storia di Carlo Magno, che dei Paladini è stato il creatore.

Carlo Magno, un colosso alto due metri ma dalla voce flebile, è figlio di Pipino il Breve, che porta sul trono dei Franchi la dinastia Carolingia, che succede alla dinastia Merovingia senza particolari difficoltà dato che quei regnanti sono passati alla storia come " i Re fannulloni ".

Nel 754
, a soli 12 anni, Carlo Magno viene dal padre associato al trono assieme al fratello
Carlomanno, segue il padre nelle varie campagne militari, iniziando cosi la sua esperienza bellica, che caratterizzerà tutta la sua vita.

Nel 768, alla morte di Pipino il Breve, i due f atelli si spartiscono i territori, ma nel 771, alla morte del fratello, Carlo Magno, con un'azione di forza, si impadronisce dell'intero regno a discapito dei nipoti; con questa campagna, inizia la politica espansionistica di Carlo, che lo porterà a sottomettere tutti i popoli limitrofi, convertendoli con la forza al Cristianesimo, e ciò lò porterà alla qualifica di protettore della Chiesa e gli spianerà la strada alla formazione del Sacro Romano Impero, con la consacrazione ad Imperatore che avverrà nella notte di Natale dell'anno 800 a Roma, presso la Basilica di San Pietro ad opera del Papa Leone 1II, nel cui cuore rimarrà sempre anche se ripudierà quattro mogli — la più famosa è Ermengarda, cantata dal Manzoni - avrà quattro concubine e sarà l'amante della sorella.

Durante il suo impero — che durerà 45 anni — egli sarà sempre in guerra, tranne un anno, in cui si sentirà come un leone in gabbia; pertanto egli sarà sempre in giro per l'Europa, e non riuscirà mai ad avere una sede fissa come capitale del suo Impero: prediligerà Aquisgrana, dove farà costruire un palazzo che lo ospiterà nei brevi periodi di sosta tra una guerra e l'altra.

Qui egli nomina il suo governo, composto da 6 elementi, ma accanto a questi vi sono altri 6 dignitari, denominati Conti e Marchesi, impegnati direttamente nel comando della campagne militari.

Questi 12 ministri verranno chiamati Paladini, dal termine Palatinus, cioè " del palazzo ": verranno scelti personalmente dall'imperatore in base alle loro virtù di fede, lealtà e sprezzo del pericolo.

Ma già iniziano le leggende, poichè la tradizione vuole che Carlo Magno li investi al suo ritorno da 
un pellegrinaggio a Gerusalemme con una speciale cerimonia, dando loro le armi ed un cavallo.

I 12 Paladini iniziali furono Turpino, Arcivescovo di Reims, Eginardo siniscalco del Re, Anselmo Conte di Palazzo e i Conti Rolando, nipote di Carlo Magno, - che poi nella tradizione diventerà Orlando - Oliviero, Oggieri il Danese, Girardo di Rossiglione, Gui di Borgogna, Gerino, Berengario, Gerieri ed Ivo; in caso di morte, venivano sostituiti ad personam, ma ben presto il numero dei Paladini si allargò, fino a diventare qualche centinaio.

Ma Carlo Magno non nominerà tra i Paladini solo i nobili più fedeli ma, astutamente, anche parenti di personaggi " ribelli " in contrasto con il sovrano, per legarseli a sé: tra questi, Gano di Maganza e i quattro figli di Aimone di Dordonne e cugini di Rolando, tra cui il più famoso diventerà Rinaldo.

Ma chi sono i più famosi Paladini di Francia?

Certamente Rolando, meglio conosciuto come Orlando, figlio di Berta, sorella di Carlo Magno, ucciso a Roncisvalle, la sua spada si chiama Durlindana ed il suo cavallo Brigliadoro. È il più valoroso tra i Paladini ed il più fedele al Re Carlo Magno.

Oliviero è l'amico più fedele di Orlando e rappresenta la saggezza; muore con lui a Roncisvalle. Turpino è un monaco guerriero, guida spirituale di tutti i Paladini; secondo la Chanson de Roland muore anch' esso a Roncisvalle, ma in realtà è morto vent' anni dopo.
 
Rinaldo di Montalbano è rivale in amore di Orlando, di cui è cugino; di animo ribelle, spesso è in contrasto anche con lo stesso Carlo Magno; la sua spada si chiama Fusberta, ed il suo cavallo Baiardo.

Ogier il Danese è figlio del Re di Danimarca; dapprima nemico di Re Carlo, si riappacifica per combattere assieme i Mori; la sua spada è l'inseparabile Cortana.

Gano di Maganza è patrigno di Orlando, del cui successo è invidioso, tanto da condannarlo alla morte nella battaglia di Roncisvalle; ma poi fa la fine dei traditori, squartato da quattro cavalli.

Malagigi — che nella tradizione dei pupi diventerà Magagigi - è cugino di Rinaldo: allevato da una fattucchiera, è esperto nella arti magiche, che spesso usa per salvare i Paladini: rappresenta il mistero e la magia.

Astolfo è discendente di Carlo Martello — nonno di Carlo Magno — e figlio di Ottone d'Inghilterra e cugino di Orlando e Rinaldo, sempre in sella al suo fedele Rabicano; è lui che doma l'ippogrifo, in sella al quale si reca sulla luna per recuperare il senno di Orlando, perduto per colpa di Angelica.

I Paladini seguivano l'Imperatore in tutte le sue campagne militari e ben presto diventano un corpo militare scelto, una vera guardia del corpo dell'Imperatore, che viene definita come " una guardia  che mai conobbe riposo "; si riuniscono dove la guerra li spinge e quando l'Imperatore è ad
Aquisgrana, si riuniscono nella Cappella Palatina su scranni di marmo, mentre Carlo siede su un trono di marmo, avendo in mano sempre la spada sguainata, segno che egli è sempre in guerra: è una spada con l'elsa gemmata, con pomo e fodero d'oro, che si chiama Altachiara, o anche la 
Gioiosa, custodita adesso al Museo del Louvre di Parigi.

Tutto è raccontato in una " cronaca latina " del X secolo del monaco italiano Benedetto di Sant'Andrea del Soratte, che si inventa anche di un pellegrinaggio a Gerusalemme in cui, per sfidare l'Imperatore bizantino in potenza, tutti i Paladini si ubriacano; il giorno dopo Carlo rimanda
in patria Rolando ma questi, in preda ancora ai fumi dell'alcool, finisce a letto con la moglie del Conte Gano di Maganza, di cui era figlioccio, e  che da allora lo odierà fino a causarne la morte con la disfatta di Roncisvalle.

E Roncisvalle è l'unico punto storicamente certo nella vita dei Paladini di Francia.
 
La disfatta, viene ampiamente raccontata nella " Chanson de Roland ", composta nella prima metà del Xll secolo da Turoldo, Abate di Malmesbury.

Intorno al 778 l'armata di Carlo Magno è in Spagna, la leggenda dice per combattere i Mori, la storia per inserirsi, a proprio vantaggio, nella lotta tra i vari potentati mussulmani in Spagna.

Dopo avere liberato Pamplona, i Franchi assediano Saragozza; il Re saraceno Marsilio invia a Carlo Magno l'ambasciatore Blancandrino, chiedendo di negoziare; il Re sembra favorevole a questa soluzione, perché urge andare a combattere contro i Sassoni che premono al confine dell'Impero, ma Rolando si oppone, propugnando una guerra ad oltranza: il Conte Gano è invece favorevole alla negoziazione, ed allora Rolando suggerisce di inviare lo stesso'Conte Gano a negoziare, ma questi obietta cbe tutti i precedenti negoziatori erano stati uccisi; Rolando lo accusa di viltà, ed allora il Conte è costretto ad accettare.

Il Conte si reca a Saragozza ma riferisce a Marsilio che a lui sono ostili solo Rolando e pochi altri Paladini; suggerisce di fare finta di sottomettersi, mentre egli stesso convincerà il Re a tornare in Francia, lasciano come retrovia solo quei Paladini guerrafondai, che Marsilio potrà facilmente sconfiggere.

Tornato da Carlo Magno, questi decide di tornare in Francia, ma poichè il suo esercito è carico dl masserizie, prevede un ritorno molto lento attraverso i Pirenei; decide pertanto di lasciare sul posto una retroguardia: il Conte Gano suggerisce di affidarne il comando a Rolando, e questi non può rifiutare; ma al passo di Roncisvalle i Mori attaccano in massa la retroguardia franca.
Ma storicamente, con ogni probabilità non sono stati i Mussulmani ad attaccare i Franchi, ma gli stessi Baschi, che non erano rimasti contenti di essere stati " liberati " dai Mussulmani; ma la leggenda vuole che siano i Mori, affinchè i Paladini possano morire come difensori della cristianità; simbolicamente, è una lotta tra il bene e il male.

Subito i Franchi capiscono che è una battaglia perduta: i Saraceni sono il quadruplo dei Franchi e ben esperti dei luoghi: dopo tre assalti, rimangono in vita solo 70 Paladini, tra cui Turpino, Oliviero e Rolando, che è ferito.

Oliviero invita Rolando a chiedere aiuto suonando il corno di guerra — l'Olifante, secondo la tradizione custodito nel Duomo di Praga — ma Rolando, nel suo immenso orgoglio, si rifiuta di chiedere aiuto e continua a cpmbattere, finchè resta in vita egli soltanto; si sdraia ai piedi di un albero e cerca di rompere la sua fedele spada Durlindana contro una roccia, ma nella roccia si apre un crepaccio — noto come la breccia di Orlando - e Durlindana resta intatta; solo allora Rolando si decide a suonare il corno fino a farsi scoppiare i polmoni; a questo punto dal cielo discendono gli Arcangeli Gabriele e Michele per portare con sé l'anima di Rolando: quando Carlo Magno arriva, trova tutti morti.


Tornato ad Aquisgrana, mette sotto processo il Conte Gano, il quale propone un'ordalia, cioè il giudizio divino: un suo campione sfiderà il campione di Carlo Magno e chi vincerà sarà il Giudizio di Dio; ma il suo campione - Pinabello — soccombe contro il campione avversario — Thieris — e cosi il Conte viene legato con le braccia e le gambe a quattro cavalli che, correndo in direzioni opposte, lo squartano.

Con questa disfatta, nonostante la stessa sia infarcita di mille elementi fantastici e leggendari, si concludono le notizie storiche sui Paladini di Francia: il resto è leggenda. 

Le prime leggende sui Paladini di Francia nascono circa 400 anni dopo la disfatta di Roncisvalle: vengono raccontate nella Chanson de geste, che è una raccolta di varie Chanson, dedicate ognuna alle imprese di un singolo paladino: questa era un ciclo, un'epopea che raccoglie diverse chanson che hanno come protagonisti i vari Paladini, ma soprattutto Rolando; dapprima tramandate oralmente dai menestrelli, vengono poi trascritte tra l'XI e il XII secolo, raccontate nelle varie corti europee e costituiscono il " ciclo carolingio ", che si contrappone al " ciclo brettone ", che racconta le avventure di Re Artù e dei suoi Cavalieri della Tavola Rotonda. 

Parecchie sono le analogie tra i due cicli: entrambi hanno a capo un Re con una spada quasi magica — Altachiara quella di Carlo Magno, Excalibur quella di Artù — ; dodici sono i Paladini originari, come dodici sono i Cavalieri della tavola Rotonda, come le costellazioni, come gli Apostoli; i primi
siedono su degli scranni di marmo, i secondi attorno ad una tavola rotonda, in segno di uguaglianza, tutti sono animati da nobili ideali e votati alla grandezza della Cristianità, i primi sottomettendo e convertendo i popoli ancora pagani, ed i secondi alla ricerca immortale come il Sacro Graal; ma in entrambi i gruppi, i cavalieri più nobili sono preda di amori spesso fatali, Orlando e Rinaldo per la bella Angelica e Lancillotto per Lady Ginevra, moglie di Re Artù.
 
La più famosa è certamente la Chanson de Roland, redatta da un certo Turoldo e scritta nell'XI secolo e che inaugura il Ciclo Carolingio: pure dedicata a Orlando è un'altra chanson, composta il secolo dopo — la Chanson d 'Aspremount — che narra le vicende di Orlando giovane: ambientata in Italia, da essa fioriranno numerose altre leggende e sarà la base delle storie dell'opera dei pupi siciliana.

In questa chanson, Re Carlo è innamorato della sorella Berta, ma quando scopre che questa è incinta del siniscalco Milone, scaccia i due dal regno, e questi si rifugiano in Italia.

Anni dopo il Re, di passaggio per Roma, si ferma nella città dove risiede Orlando; il Re vuole conoscere il ragazzino e questi, durante un banchetto di corte, per gioco ruba la coppa dove il sovrano ha appena bevuto; divertito, il Re lo invita a ripetere quella bravata il giorno dopo, cosa che il giovinetto puntualmente fa; il Re, ammirato dal suo coraggio e dalla sua abilità lo riconosce come nipote, lo prende nella sua Corte e fa la pace con Berta.

Il giovane Orlando si distingue subito in guerra ed in Aspromonte uccide in duello Almonte e si impadronisce della sua spada, Durlindana; da quel momento, Orlando entra nella ristretta cerchia dei Paladini.


Ma altrettanto famosa è la Chanson de Renaut de Montabaun, che cacconta la storia dell'altro famoso paladino, Rinaldo, cugino e rivale in amore di Orlando; egli è dapprima nemico di Re Carlo e, assieme ai suoi tre fratelli, lo combatte con tutte le forze; più volte Rinaldo riesce ad avere la meglio sul Re e i suoi Paladini, ma quando Re Carlo lo cattura, lo premia per il suo coraggio e la sua maestria nelle armi, nominandolo Paladino.

Ma, come si può notare, nella Cbansonn de geste manca un elemento essenziale: l'amore; ciò perché i Paladini nascono come guerrieri, e come tali sono narrati nelle loro gesta; anche se alcuni di loro sono fidanzati o sposati, le donne non sono mai parte essenziale dei poemi.

Ci penseranno, alcuni secoli dopo, due italiani a rimediare a questa carenza: Matteo Maria Boiardo e Ludovico Ariosto.

Il primo è Matteo Maria Boiardo che, nel 1483 pubblica il suo " Orlando innamorato " in cui, riprende vicende e personaggi del ciclo carolingio arricchendoli con fatti di armi e d'amore ed elementi magici di ispirazione bretone; per la prima volta compare Angelica, che fa innamorare sia Orlando che Rinaldo. Il poema è incompiuto.

Nel
1516 Ludovico Ariosto continua il poema di Boiardo, pubblicando " L'Orlando furioso ''.

Siamo 800 anni dopo le gesta eroiche dei Paladini di Francia e 2 - 3 secoli dopo la Chanson de geste: i tempi sono mutati, i poemi sono letti nelle Corti dei Principi, dove le donne spesso giocano un ruolo importante; non è possibile, dunque, trascurarle per cui è indispensabile alle vicende belliche affiancare anche quelle amorose.

Il motore di queste vicende è la bella Angelica: Angelica è una donna bellissima, figlia del Re del Catai, padrona delle arti magiche ed abilissima nell'usare il suo fascino per incantare gli uomini.
 
Angelica non è una tipica dama medioevale, devota al suo cavaliere, ma una donna moderna, sensuale e capricciosa che si diverte a sfuggire gli spasimanti, inducendoli a gelosie e duelli; insomma, Angelica è un'intrigante dama del Rinascimento.

Secondo Boiardo, Angelica irrompe nella vita dei Paladini durante un banchetto di Corte: accompagnata dal fratello Argalia, che è in possesso di armi fatate, sfida i Paladini a combattere contro di lui: il perdente diverrà suo prigioniero, il vincente avrà la sua mano; tutti falliscono nell'impresa, ad eccezione di Ferraguto, ma solo perché il compagno Astolfo sottrae nottetempo le armi fatate ad Argalia: ma Angelica non ha intenzione di cedere al vincitore e fugge verso Oriente.

La inseguono Orlando e Rinaldo, perdutamente innamorati di lei; giunti in una selva, Rinaldo si abbevera in una fonte ed il suo amore si trasforma in odio nei confronti di Angelica, mentre questa beve un'acqua che la fa innainorare di Rinaldo; a questo punto è lei che insegue lui !


Ludovico Ariosto invece racconta come Orlando e altri Paladini vengano catturati dal Mago Atlante e portati nel suo castello magico, dove ognuno vede materializzarsi le proprie ossessioni fino a raggiungere la follia.

La follia di Orlando viene scatenata dal fatto che Angelica si innamora di Medoro, un saraceno ferito che lei cura; i due, presi dall'amore, incidono su ogni albero e su ogni pietra i loro nomi; leggendo questi nomi, Orlando raggiunge la follia.

Ma il suo amico Astolfo riesce a domare l'Ippogrifo — un animale metà cavallo e metà grifone, in pratica un cavallo con le ali — ed in groppa a questo riesce a raggiungere la luna, dove ritrova il senno dell'amico, racchiuso in un'ampolla. Orlando beve l'ampolla e ritrova il suo senno, ritornando a fare ciò che sapeva meglio fare, cioè il guerriero, fedele più di prima al suo sovrano.

Adesso i Paladini continuano ad essere prodi ed eroici, ma hanno anche assunto una veste umana, mescolando vizi e virtù, in una visione certamente più moderna ed appetibile, gradita sia al nobile cortigiano del XVI secolo, sia all'uomo del XXI secolo; e soprattutto alla platea popolare dell'Opera dei pupi.

Ma la figura di Orlando e dei Paladini di Francia tornano spesso nel mondo della letteratura: e soprattutto sono i protagonisti della nostra tradizionale Opera dei pupi.
 
Nella prima metà dell'800 un commerciante spagnolo vede una grande somiglianza tra i valori del popolo siciliano e quelli dei Paladini di Francia (senso dell'onore e del rispetto, fedeltà al Re, orgoglio e passione, rispetto e amore verso la propria donna); decide allora di offrire al pubblico palermitano uno spettacolo di marionette ispirato proprio alla storia dei Paladini di Francia ed il successo è subito immenso: i Siciliani si identificano in quei fieri eroi, e l'opera dei pupi diventa il teatro simbolo della Sicilia.

Anche Trapani non è immune da questa febbre in via Bali Cavarretta sorgeva il teatrino di Don Filiricu, ma la popolarità di questi era tale che la strada non era conosciuta con la sua esatta denominazione, ma come " la strada di Don Filiricu "

La fine della relazione è stata seguita da un interessante dibattito cui hanno partecipato molti dei presenti in sala che nei loro interventi, avendoli da giovani vissuti, hanno apportato ol loro contributo e rimembrati i ricordi della loro giovinezza.

Chiuso il dibattito, Il Prof. Valenti ringraziando il Dott. D'Amico per la sua partecipazione e per l'argomento trattato che felicemente ed a ragione fa parte ancora delle tradizioni siciliane e trapanesi, a ricordo della serata gli ha offerto il libro '' Sicilia risorgimentale '' di S. Costanza.

L'incontro si è concluso con l'arrivederci a sabato 20 ottobre 2018 alle ore 18.00 nei locali dell'Associazione  per il prossimo incontro in programma. 

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