2018 - 10 - 20: Ing. Stefano Cascio - I mulini idraulici in provincia di Trapani

Sabato 10 novembre 2018 alle ore 18.20 nella sala delle conferenze dell'Associazione per la Tutela delle Tradizioni Popolari del Trapanese con la pertecipazione di un numeroso gruppo di soci e di simpatizzanti si è tenuto il settimanale incontro previsto dal programmma delle attività del XXXII corso di cultura per l'anno 2018.














Ospite e relatore della serata è stato l'Ing. Stefano Cascio, laureato in Ingegneria ed autore di molte ricerche sul territorio e pubblicazioni tecniche,  che, proveniente appositamente da Partanna, ha partecipato per la prima volta alle attività culturali del sodalizio.


Accolto dal Presidente e dai presenti in sala con la consueta cordialità, lo stesso, dopo l'apertura dei lavori ed averlo brevemente presentato, gli ha ceduto la parola.

Si riporta di seguito una breve sintesi liberamente tratta da quanto riferito nel corso della relazione dell'Ing. Cascio che è stata accompagnata edintegrata dalla proiezione di una serie di diapositive a testimonianza di quanto attualmente resta dei mulini idraulici in provincia di Trapani.

I mulini idraulici in provincia di Trapani fanno ormai parte di un mondo passato e complesso ed erano parte integrante di un processo molto articolato che li poneva alla fine del ciclo della coltura del grano che iniziato con la semina proseguiva con la sua coltivazione, la mietitura, la trebbiatura eseguita in quei tempi sulle aie delle fattorie agricole, con il trasporto ai mulini ed infine con la molitura per ottenere come risultato finale la farina con cui si confezionavano il pane e altri prodotti essenziali nel processo nutritivo della popolazione di allora.

Oggi, con quanto rimane sul territorio della loro presenza, sono testimoni di una archeologia industriale e di una attività che aveva una elevata valenza economica sul territorio ormai caduta in disuso ed abbandonata.

Il possesso del grano non dava allora diritto a chi lo possedeva di molirlo per proprio conto ma l'operazione doveva essere fatta nei mulini e ciò comportava da parte dei loro proprietari il pagamento di una tassa al Comune '' tassa sul macinato '' che per i Comuni a vocazione prettamente agricola costituita una entrata notevole e talvolta fondamentale del loro bilancio economico.

Al fine di assicurarsi una entrata certa la riscossione era attribuita per gara pubblica ai '' gabelloti '' che a loro volta, dovendo recuperare le spese sostenute per ottenere la concessione aumentata ovviamente dal loro guadagno mettevano in atto tutte le tecniche possibili e non sprecavano alcuna occasione per spremere i contribuenti il che talvolta li poneva in una posizione di supremazia e di oppressione nei loro confronti.

Era altrettanto ovvio che i possessori dei mulini dovessero poi rifarsi anche loro delle spese sostenute cosa che avveniva a carico e danno di chi presentava il grano per la molitura.

Tuttavia non tutti erano obbligati al pagamento della tassa. Ne erano esenti i nobili, gli ecclesiastici e talvolta anche le loro famiglie se dichiaravano di mantenerli. Talvolta erano gli stessi ecclesiastici che divenuti gabelloti assumevano l'incarico della riscossione ma, non essendo assoggettati alla normale giurisdizione, talvolta non versavano poi il dovuto al Comune trattenendo truffaldinamente il tutto.

In considerazione di quanto avrebbe potuto verificarsi sorse la necessità di normare anche dettagliatamente tutta la procedura e le relative operazioni che però potevano essere diverse da Comune a Comune.

I primi mulini ad acqua sorsero sul territorio trapanese verosimilmente al tempo della dominazione araba in Sicilia. Ne sono testimonianza il fatto che molti delle parti costituenti un mulino hanno una denominazione derivante dall'arabo. Essi si svilupparono prevalentemente nella parte orientale della provincia di Trapani soprattutto nelle vicinanze delle aste fluviali in quanto per il loro funzionamento vi era la necessità di disporre di acqua che agendo su una tubina idraulica ad asse verticale mettesse in rotazioe la mola per molire il grano. 

Circa il loro numero un censimento del 1600 ne contava 51, un altro del 1891 ne contava invece 74 ed in genere essi appartenevano per il 50% ai nobili ed agli ecclesiastici e per l'altro 50% a persone ricche che avevano elevate disponibilità economiche in quanto la loro costruzione richiedeva la disponibilità di notevoli somme.

Per la costruzione di un mulino ad acqua occorreva che si verificassero in concomitanza diversi eventi:
- la presenza nelle vicinaze di un fiume da cui effettuare una presa d'acqua con una adatta ed idonea deviazione oppure di disporre di un bacino di accumulo dell'acqua prelevata da un fiume o alimentato da una sorgente naturale  dal qule successivamente l'acqua potesse essere prelevata
- la disponibilità economica per poter costruire le strutture murarie del mulino, il sistema per la molitura nonchè le opere di canalizzazione con cui portare l'acqua dal fiume o dalla zona di accumulo per poi far ruotare la turbina ad acqua
- il sistema per far acquisire all'acqua con un salto di adeguata altezza l'energia sufficiente a far girare la turbina
- il diritto di proibire ad altri la costruzione di altri mulini nelle vicinanze
- il diritto di impedire ai possessori del grano di molirlo in mulini di zone diverse da quelle in cui veniva prodotto

il che creava di fatto un monopolio ed un potere impositivo molto elevato a discrezione eclusiva del proprietario.

In relazione al loro posizionamento rispetto all'asta fluviale i mulini potevano avere una diversa denominazione. Alcuni di essi, prima destinati alla molitura del grano, poi furono trasformati per motivi economici per eseguire altre lavorazione e quindi presero altre denomonazioni.














I mulini potevano lavorare in modo continuo qualora l'acqua fosse stata sempre disponibile e ciò avveniva se la presa della stessa avveniva da un fiume o in modo discontinuo se l'acqua proveniva invece da un bacino di accumulo ed ancora potevano essere a macine singole o multiple oppure lavorare in cascata quando l'acqua che era stata utilizzata per far girare la turbina di uno dopo essere stata espulsa veniva utilizzata in un altro mulino posto in genere più in basso per avere ancora un salto adeguto dell'acqua.


Il relatore si è quindi soffermato a descrivere con l'ausilio di una serie di diapositive le varie parti che costituivano nel complesso un mulino ad acqua nonchè tutte le altre opere accessorie e necessarie per un suo corretto funzionamento, la sua regolazione per ottenere farina che avesse determinate caratteristiche e gli interventi di manutenzione cui periodiocamente andava sottoposto sia nella sua struttura principale che nei mezzi con cui l'acqua arrivava alla turbina.

Ha parlato anche della professionalità del mugnaio che doveva essere un artigiano in possesso di particolari capacità anche tecniche al fine di ottenere dalla molitura il tipo di farina riciesta ma doveva essere anche capace di effettuare nella macchina molitrice la dovuta manutenzione per un suo corretto funzionamento.

Ovviamente per evitare truffe esisteva tutta una serie di norme che dovevano essere rispettate a tutela delle varie parti interessate a tutta l'operazione.

Nelle zone dove non si vevano i mulini ad acqua si avevano anche altri tipi di mulini come quelli  a trazione animale detti ''centivoli '' che però erano ubicati all'interno di zone della città detti serragli il cui accesso e funzionamento da parte di chi era interessato era regolato da norma prestabilite, precise e rigorose.

Nelle campagne si adoperavano talvolta anche le macine a mano ma servivano per ottenere quantità molto limitate di farina per uso prettamente familiare. 

Alla conclusione della relazione ha fatto seguito un dibattito che ha visto la partecipazione di molti dei presenti in sala che hanno posto varie domande e chiesto ulteriori precisazioni che hanno ricevuto dal relatore puntuali chiarmenti ed ulteriori particolari precedentemente non esposti.

Chiuso il dibattito, il Prof. Valenti ha ringraziato l'Ing. Cascio per l'interessante relazione ed a ricordo della serata gli ha offerto i libri '' Sicilia risorgimentale '' di S. Costanza e '' Matrimonio '' di S. Valenti.

La serata è poi continuata anticipando la celebrazione della ricorrenza di  S. Martino, che sarebbe caduta il giorno dopo, con la consumazione dei caratteristici panini detti '' mufuletti '' variamente farciti ed imbottiti che dai presenti sono stati consumati con gusto e piacevolmente.
Si sono poi anche degustati gli altrettanto caratteristici biscotti di S. Martino che, tradizionalmete per renderli più morbidi, sono stati consumati  inzuppandoli preliminarmente nel vino zibibbo.

La serata si è quindi conclusa con l'arrivederci a sabato 17 novembre 2018 alle ore 18.00 nei locali dell'Associazione per il successivo incontro previsto dal calendario delle attività del XXXII Corso di cultura per l'anno 2018. 


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