2019 - 11 - 23: Prof. Salvatore Vecchio - Antonio Veneziano: il siculo Petrarca

Sabato 23 novembre 2019 alle ore 18.20 nella sala delle conferenze dell'Associazione per la Tutela delle Tradizion Popolari del Trapanese sita in Trapani via Vespri 32, come previsto dal calendario delle attività del XXXIII Corso di cultura per l'anno 2019, con la partecipazione di un numeroso gruppo di soci e di simpatizzanti si è tenuto l'incontro con il Prof. Salvatore Vecchio che  ha intrattenuto i partecipanti sul tema '' Antonio Veneziano: il siculo Petrarca ''.














Il relatore, che vive e lavora a Marsala,si interessa di storia e Letteratura siciliana. E' stato professore di Filosofia e Storia nei Licei. Nel 1989 ha fondato e diretto '' Spiragli, rivista di arte ,letteratura e scienze  '' che oggi si può leggere sul web.


Noto ai soci per aver partecipato negli anni passati  assiduamente alle attività culturali dell'Associazione, è stato ricevuto con la consueta cordialita dai soci e dal Presidente, Prof. Salvatore Valenti, che dopo aver aperto i lavori, rivolto un saluto ai presenti ed averlo brevemente presentato, prima di cedergli la parola, chiedendogli scusa, per motivi organizzativi, ha comunicato ai presenti che:
- venerdì 6 dicembre alle ore 15.00 in prima convocazione e sabato 7 dicembre alle ore 17.30 in seconda convocazione nei locali dell'Associazione è stata convocata una Assemblea straordinaria  dei soci e che il relativo avviso è stato già affisso anche in bacheca
- approssimandosi la fine dell'anno sociale è già in fase di organizzazione la Conviviale di fine anno per la quale si sarebbe stabilito quanto prima il locale in cui realizzarla. Pertanto i soci che avessero voluto prendervi parte potrebbero già effettuare la relativa e necessaria prenotazione.














Si riporta di seguito una sintesi liberamente tratta da quanto detto dal Prof. Vecchio mentre la Signorina Cristina Occhipinti, per meglio tratteggiare la figura del letterato, ha letto alcune ottave delle sue opere.


Prendendo la parola il Prof. Vecchio ha ringraziato l'Associazione per l'invito che ancora una volta gli èstato rivolto ed è subito entrato in argomento tratteggiando inizialmente la vita e la figura di Antonio Veneziano e successivamente soffermandosi sulle sue opere e scritti. .

Antonio Veneziano nacque a Monreale il 7 gennaio 1543 da nobile e ricca famiglia. Morto il padre quando aveva ancora 4 anni, fu affidato alle cure dello zio Antonino Veneziano arcidiacono della Cattedrale di Monreale che lo avviò agli studi per i quali il ragazzo mostrò molta attitudine.
Entrato nei Gesuiti, nelle corso delle sue permanenze nelle varie città, studiò il greco, il latino, l'ebraico, la retorica, la filosofia, la teologia, la metafisica e la giurisprudenza.













Nel 1562, alla morte dello zio, abbandonò l'abito talare e contemporaneamente inizirono i suoi guai.

Fu accusato insieme ai fratelli di un omicidio da loro commesso ma poi fu prosciolto, fu continuamente in lite con i familiari per motivi di eredità per cui andò a vivere a Palermo dalla sorella Vincenza, si cacciò nei guai per via dei suoi amori irrequieti.
Fu ancora incarcerato, ma subito liberato, perchè incolpato del rapimento di una ragazza e per tale motivo fu diseredato dalla madre. Per ripicca donò i suoi beni alla nipote, Eufemia, figlia di Vincenza, con la condizione che restasse nubile e non si facesse suora.
Lavorando saltuariamente, furono anni difficili per la sua esistenza perchè assillato da liti per il recupero di crediti che gli spettavano e con i parenti per cui la sua mancata realizzazione come uomo e come poeta lo portò ad allontanarsi dalla realtà. 
Decise quindi di andar via da quel mondo ostile per ritornare a Roma ovvero al mondo lontano della sua giovinezza  ed all'insegnamento. Per tale motivo, diretto a Roma, partì a bordo di una galea con destinazione Napoli, ma sorte volle che l'imbarcazione fosse assalita dai pirati che lo fecero prigioniero e lo condussero al Algeri. Durante la prigionia mentre continuava a scrivere e riordinare le ottave di '' Celia '' conobbe Cervantes, anche lui prigioniero, che apprezzò il suo lavoro dedicandogli successivamente alcune ottave. Era il 1575.
Pagato il riscatto la cui somma fu raccolta dai suoi estimatori ma anche dal Senato di Palermo, ritornò libero nel 1579 e ritornò a Monreale dove, abitando in campagna ritrovò una parvenza di serenità che però risentiva dei continui alterchi con i contadini ed i pastori. Avendo idea di trasfersi a Pisa decise allora di cedere in gabella i suoi possedimenti al nipote Pietro Arcabaxo che però non mantenne gli impegni e da qui nuove liti e nuove comparse in tribunale.
Si diede allora alla politica dove se da un lato si fece molti amici ed estimatori dall'altro si creò anche molti nemici.
La difesa degli interessi comuni gli valse nel 1585 il riconoscimento del luogotenente del re per cui nel 1586 andò ad abitare di nuovo a Palermo dove esercitò molte funzioni anche per il Senato della città.













Nel 1588 tuttavia fu di nuovo incarcerato perchè ritenuto l'autore di uno scritto offensivo nei riguardi del vicerè ma non riconoscendosi colpevole fu successivamente liberato. Passò gli ultimi anni della sua vita fra Palermo e Monreale.

Morì il 19 agosto del 1593, e con lui un altro grande del Cinquecento siciliano, Argisto Giuffredi, anche lui in carcere, nello scoppio della polveriera del Castello a mare di Palermo dove era stato di nuovo incarcerato per denuncia degli amici a causa del ritrovamento di un altro cartello denigratorio apparso all'inizio dell'estate, pratica questa molto praticata in quel tempo in quanto usata come protesta nei confronti dei regnanti spagnoli che avevano portato la Sicilia all'estrema povertà emanifestazione di uno scontento che cominciava a serpeggiare fra la popolazione.
Pur essendo un nobile fu un convinto anticonformista reagendo a suo modo considerata la situazione che esisteva in Sicilia nel 1500.

Il Prof. Vecchio è quindi passato ad illustrare la parte letteraria e poetica del Veneziano. Pur conoscendo molte lingue egli scelse di proposito la lingua siciliana per scrivere la maggior parte delle sue opere. Tuttavia nella sua produzione non mancano quelle in lingua italiana, in greco ed anche in latino ma purtroppo di queste ultime ben poco si conosce; numerose anche le opere in prosa.
  
La sua opera più autorevole è stata la '' Celia '' che riporta 289 componimenti in lode alla sua donna amata di cui non si conose il nome e su cui sono state fatte molte ipotesi su chi fosse realmente, il '' Libru secundu di li canzuni amurusi siciliani '' ( 313 componimenti ),  '' Sdegnu '' ( 42 ),  '' Spirituali '' ( 33 ), '' Ottava '' ( 32 ). e più di altri 100 componimenti a cui non è stato attribuito alcun particolare titolo.
Altri poemi, ma con un metro diverso, sono la '' Nenia '' e la '' Agonia '' ed una serie di tre componimenti a carattere burlesco  '' Puttanismu '', '' Arangeida '' e '' Cornaria ''.
Si ha ancora un altro componimento poetico in risposta alle ottave ricevute dal Cervantes, che stimandolo molto le inserì poi in una sua commedia che narrava della sua prigionia in Algeri. In un'altra sua novella il Cervantes ha narrato invece  di un prigioniero siciliano che magnificava ricordondola la sua donna.














Delle varie parti dell'opera del Veneziano che il Prof. Vecchio ha via via illustrato, ad esempio ed a integrazione  ne sono state lette egregiamente alcune ad opera della  Signorina Cristina Occhipinti.


Il Prof. Vecchio ha nella sua esposizione definito il Veneziano il siculo Petrarca perchè a sua simiglianza anche lui era innamorato di una donna da cui non era corrisposto, e di cui era innamorato pazzamente, ma fra le due donne ci sono molte differenze: Laura dal Petrarca è considerata un personaggio celestiale mentre Celia per il Veneziano è una donna del popolo ed ancora mentre talvolta il Petrarca interiorizza il suo dolore e tende ad isolarsi per il fatto di non essere corrisposto, il Veneziano invece è più portato a manifestare il suo rancore esteriorizzandolo anche se talvolta invece si isola e sprofonda in un soliloquio.

L'oratore ha quindi concluso la sua esposizione affermando che il Veneziano ha scelto di scrivere prettamente in siciliano per mantenersi vicino al linguaggio del popolo cosa che fu apprezzata dallo stesso perchè poi lo diffuse in vari modi in tutta la Sicilia. Il Veneziano quindi non solo utilizza la lingua del popolo ma, cononoscendo bene i ferri del mestiere, essi gli permettono di ottenere straordinari effetti ed una originalità insuperata che mettono in risalto l'uomo e la sua umanità talvolta vacillante e pesso sofferente.

Alla relazione del Prof. Vecchio ha fatto seguito un interessante dibattito nel corso del quale si è anche disquisito sulla opportunità che nelle scuole siciliane oltre che alla lingua nazionale si possa studiare e parlare anche la lingua siciliana elemento fondamentale della sua antica cultura e ciò ha portato ad alcuni ed interessanti interventi da parte dei presenti in sala.

Chiuso il dibattito il Prof. Valenti dopo aver ringraziato l'oratore per l'interessnte tema trattato a ricordo della serata gli ha offerto il libro di S. Costanza '' La Libertà e la roba - L'età del Risorgimento ''.

A chiusura della serata il Prof. Valenti dopo i saluti di rito ha ricordato ai soci che il prossimo incontro previsto daò programma del XXXIII Corso di cultura per l'anno 2019 è fissato per sabato 30 novembre 2019 alle ore 18.00 nei locali dell'Associazione.

 


 

 

 



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