2022 - 04 - 02: Prof.ssa Alessandra Infranca - Raffaello nel 502° dalla morte

Sabato 2 aprile 2022 alle ore 18.20 nella sala delle riunioni dell'Associazione per la Tutela delle Tradizioni Popolari del Trapanese sita in Trapani via Vespri 32, ha avuto luogo l'incontro previsto dal programma del XXXVI Corso di cultura per l'anno 2022.

Dopo i saluti di benvenuto ai presenti in sala, il prof. Valenti ha ringraziato la Prof.ssa Alessandra Infranca, docente di Storia dell'arte presso il Liceo Artistico di Trapani, per avere accettato l'invito a relazionare, ma prima di cederle la parola, ha voluto ricordare come il tema della serata '' Raffaello nel 502° dalla morte '' era stato già previsto nel programma delle attività relativo all'anno 2020, ovvero due anni prima, sospeso a causa della pandemia di covid, in cui si celebrava invece il 500° della morte dell'illustre personaggio.

Avuta la parola, la Prof. Infranca, prima di entrare nella tematica della serata, ha ringraziato l'Associazione per l'invito rivoltole a relazionare che ha accettato con piacere ed ha voluto ricordare come, parecchi anni prima, anche lei era usa partecipare da ascoltatrice agli incontri settimanali del  sodalizio insieme ai suoi genitori che vi erano associati. 

Si riporta di seguito una sintesi liberamente tratta da quanto riferito nel corso della serata che è stato integrato dalla proiezione di una serie di diapositive relative alle opere che via via venivano descritte che, gentilmrnte resa disponibile, è stata inserita al termine di queste note.

Raffaello, uno dei più grandi artisti di ogni tempo, nacque ad Urbino il 28 marzo del 1483, per altri invece il 6 aprile, un venerdì santo, alle tre di notte e morì a Roma il 6 aprile 1520, ancora un venerdì santo, all'età di 37 anni, per cause non note  ma dopo 15 giorni di una febbre continua ed acuta causata da eccessi amorosi come riportato dai cronisti del tempo.
Fu l'unico figlio di Giovanni de' Santi, da cui si può fare derivare Sanzio, cognome con il quale firmerà nella maturità le sue opere. 
 
Trascorse la sua giovinezza ad Urbino, allora centro artistico di primaria importanza del Rinascimento, ed apprese i primi insegnamenti di disegno, di pittura e forse dell'affresco, dal padre, che era a capo di una fiorente bottega in cui si creavano opere per l'aristocrazia locale e non solo. Ebbe quindi  modo di visitare il Palazzo ducale nonchè di studiare le opere di molti artisti di quel tempo. A Perugia, probabilmente, vide per la prima volta, dipinte sul soffitto del Collegio, le grotteste che successivamente si riscontreranno anche nei suoi dipinti.
Nel 1491 morì la madre, nel 1494, ad undici anni, il padre, da cui ereditò l'attività e la collaborazione di alcuni artisti, e successivamente nel giro di pochi anni riuscì a raggiungere una maturità artistica non comune.

Datata 1498 è la sua prima opera '' La Madonna di Casa Santi '', delicata opera murale, realizzata nella stanza in cui forse era nato ed in cui si possono intravvedere aspetti che si riscontreranno successivamente in altre sue opere che avranno come soggetto la Madonna e Gesù bambino.
 
Trasferitosi nel 1499 a Città di Castello con alcuni collaboratori cominciò ad avere le prime committenze che gli garantirono una fama immediata non essendoci in città altri artisti e nel 1500, a soli 17 anni, dopo aver realizzato alcune opere con l'aiuto dei collaboratori più anziani, veniva già considerato pittore autonomo e '' magister ''.

A Città di Castello Raffaello lasciò almeno due altre opere: '' La crocifissione Gavari '' ( 1502-1503 ) e '' Lo sposalizio della Vergine '' ( 1504 ).
Nella prima il Cristo è sulla croce tra due angeli in volo che, con vasi, ne raccolgono il sangue che cola dalle ferite nelle mani e nel costato. Ai piedi della scena si vedono quattro santi, da sinistra Maria, San Girolamo, la Maddalena e Giovanni apostolo.
L'opera mostra la piena assimilazione dei modi del Perugino cui, secondo il Vasari, si sarebbe potuta attribuire se non vi fosse stato riportato il nome di Raffaello.
Ad una prima analisi spiccano con forza i motivi perugineschi, come la composizione organizzata su due registri, le figure in una posa dolcemente contemplativa, l'apertura paesistica con dolci colline punteggiate da alberelli, la presenza degli angeli simmetrici con motivi ornamentali nei nastri al vento.

La seconda, che conclude il periodo giovanile di Raffaello, rappresenta il distacco definitivo dello stesso dal Perugino come si può vedere dal confronto fra le due opere in cui sono evidenti profonde differenze. L'opera di Raffaello, di dimensioni minori, riesce a contenere completamente il tempio sullo sfondo rendendolo circolare piuttosto che ottogonale utilizzandolo come fulcro di tutta la rappresentazione. Le figure risultano più sciolte e divise in due semicerchi, quello delle donne con Maria, aperto verso il tempio, e quello degli uomini con Giuseppe, aperto verso lo spettatore.

Piatta e disposta su tre iani paralleli invece l'opera del Perugino nella cui bottega Raffaello forse lavorò prima della morte del padre e successivamente in alcune sue opere fra  il 1497  e la fine del secolo.

Raffaello con le sue opere diventava sempre più famoso e fra il 1501 ed il 1505 nella sola Perugia gli vennero ordinate tre pale di altare fra cui quella denominata '' Pala Colonna '' che riproduceva una sacra conversazione e su cui la Prof. Infranca si è trattenuta.  

La tavola principale mostra la Madonna col Bambino, san Giovannino e i santi Pietro, Caterina d'Alessandria, Margherita e Paolo sormontata da una lunetta con l'Eterno tra due angeli. 
Il lavoro nella tavola centrale mostra una scioltezza che ha fatto pensare alle opere del periodo fiorentino, con il gruppo centrale raccolto attorno alla figura di Maria in trono e il vivace colloquio tra i due fanciulli, all'insegna di uno schema monumentale ma anche libero da una forte presenza architettonica, soprattutto ai lati. 

L'influenza del Perugino si riscontra ancora forte nelle pose flessuose delle sue sante, col capo ritmicamente inclinato; al contempo però Raffaello si allontanava dal maestro rendendo maggiormente i volumi e trattando i colori in maniera diversa, più intensi e con una maggiore profondità delle sfumature. Particolarmente innovativi sono i santi in primo piano che hanno gli sguardi messi in risalto e danno la singolare sensazione di percepire lo spettatore, pur senza fissarlo direttamente.

Nel 1503 intraprese una serie di viaggi nel corso dei quali, oltre alle città umbre ed alla nativa Urbino, visitò Firenze dove forse vide le prime opere di Leonardo, Roma  e Siena dove aiutò il Pinturicchio , anziano ed in declino, a prepararare dei cartoni per gli affreschi della Libreria Piccolomini, ma ben presto lo lasciò perchè interessato dalle novità di Leonardo e Michelangelo impegnati nella realizzazione degli affreschi della Battaglia di Anghiari e della Battaglia di Cascina.  

Stando a Firenze ben presto riuscì ad avere delle commesse da alcuni facoltosi cittadini e per Lorenzo Nasi dipinse la Madonna del Cardellino in cui è rappresentata la Madonna con Gesù che accarezza un cardellino che gli viene mostrato da S.Giovanni.

A Firenze Raffaello strinse rapporti di amicizia con molti altri artisti e nel contempo, oltre ad approfondire gli studi dei modelli del quattrocento, da Leonardo apprese i principi per creare gruppi di figure strutturate plasticamente nello spazio e da Michelangelo assimilò il chiaroscuro plastico, la ricchezza cromatica ed il senso dinamico delle figure.

Nel contempo non trascurava le commesse che continuavano ad arrivargli da Urbino e dall'Umbria dove si recava appositamente per realizzarle.  A Firenze tuttavia realizzò per le famiglie fiorentine della medio-alta borghesia tutta una serie di Madonne con il Bambino e san Giovannino, fra cui la su menzionata Madonna del cardellino, la Bella giardiniera e la Madonna del Belvedere, dove raggiunse il massimo della sua arte.
In tali opere la figura centrale è sempre la Madonna che si erge in una struttura piramidale al centro e davanti al paesaggio con leggiadria ed eleganza  mentre rivolge gesti affettuosi ai bambini.   

Le composizioni diventarono allora più complesse ed articolate e la padronanza del mezzo pittorico creò autentici capolavori come avvenne nella Famiglia Canigiani  del 1507 in cui le espressioni ed i gesti si intrecciano con sorprendente varietà che rende sublimi alcuni mometi della vita quotidiana.

Al periodo fiorentino appartengono alcuni ritratti, nei quali si manifesta l'influenza di Leonardo, e fra di essi quello di Maddalena Strozzi in cui è evidente l'impostazione a mezza figura nel paesaggio con le mani conserte derivata dalla Gioconda ma con risultati quasi antitetici ed in cui prevalgono la descrizione dei lineamenti fisici, dell'abbigliamento, dei gioielli e della luminosità del paesaggio.

In generale nei ritratti Raffaello ebbe  la capacità di indagare la psiche del soggetto cogliendone i dati introspettivi e facendone una accurata descrizione dei dettagli.

Opera cruciale di questa fase fu la Pala Baglioni commissionata da Atalanta Baglioni in commemorazione della morte del figlio Grifonetto. In Essa Raffaello fuse il senso tragico della morte con il vitale slancio del turbamento in una composizione monumentale, drammatica e dinamica ma anche bilanciata in cui si notano evidenti spunti michelangioleschi nella ricerca plastica e coloristica.

Verso la fine del 1508 Raffaello fu chiamato a Roma da Papa Giulio II e ciò cambiò tutta la sua vita. Il Pontefice infatti volendo rinnovare urbanisticamente e artisticamente la città ed il Vaticano aveva chiamato a sè i migliori artisti disponibili sulla piazza per la decorazione da poco avviata dei suoi nuovi appartamenti papali, le Stanze, in seguito denominate in ordine di allestimento, della Segnatura, di Eliodoro, dell'incendio del Borgo e di Costantino.

Le prove di decorazione della prima stanza, quella della Segnatura, piacquero così tanto al Papa che decise di affidargli nel 1509 tutta la decorazione dell'appartamento sacrificando così anche altri affreschi già in opera di noti artisti come Piero della Francesca.

In essa, destinata a biblioteca o studio, Raffaello, ispirandosi alle quattro facoltà delle università medioevali: la teologia, la filosofia, la poesia e la giurisprudenza, decorò, oltre al soffitto, quattro lunettoni con opere divenute celebri come La disputa del Sacramento, la Scuola di Atene, il Parnaso e Virtù e Legge dove, con una visione scenografica ed equilibrata, dispose le masse delle figure in modo naturale in simmetrie solenni e all'insegna della monumentalità.

Nel 1511, quando la decorazione della prima stanza era stata pressappoco completata, si iniziò a decorare la seconda con scene legate al superamento, grazie all'intervento divino, delle difficoltà in cui la Chiesa si era trovata.
La stanza, denominata di Eliodoro, fu decorata con gli affreschi rappresentanti La cacciata di Eliodoro dal Tempio, La Messa di Bolsena, L'incontro di Leone Magno con Attila e La liberazione di S.Pietro. In quest'ultimo affresco Raffaelo raggiunse il culmine nello studio della luce in una scena notturna ravvivata dai bagliori lunari e dall'apparizione di un angelo che liberava S. Pietro dalle catene.

All'inizio del 1513 morì Giulio II ed il suo successore Leone X confermò a Raffaello tutti i suoi incarichi ed affindandogliene successivamente degli altri. 

Con il passare del tempo la fama di Raffaello aumentava in continuazione e molti dei personaggi più influenti volevano avvalersi dei suoi servigi, ma in ciò riuscirono solo quelli più vicini al Vaticano.

Nei loro palazzi Raffaello realizzò vari affreschi ma contemporaneamente si dedicò anche ai ritratti nella cui realizzazione apportò notevoli innovazioni come si può notare in quello di Baldassare Castiglione ( 1514 ) da lui ben conosciuto. 
In quello di Gulio II, che lo aveva chiamato a Roma nel 1508, il pontefice è rappresentato come se fosse visto in diagonale dalla sua destra e dall'alto da un osservatore in piedi ed a lui vicino. L'apetto malinconicio e pensoso del personaggio introduce un elemento psicologico fino ad allora mai utilizzato nella ritrattistica ufficiale indicatore della situazione politica che il papato aveva nel 1512 avendo perso la guerra contro i Francesi.

Un'impostazione simile si ha nel ritratto in cui viene rappresentato Leone X con i cardinali Giulio de' Medici e Luigi de' Rossi ( 1518-19 ) dopo aver sospeso la lettura di un prezioso codice miniato. Gli sguardi incrociati dei personaggi  ed i loro gesti sembrano sondare lo spazio in profondità. Notevoli sono i dettagli che il pittore riesce a mettere in evidenza dando prova di un notevole virtuosismo.

Negli stessi anni realizzò il ritratto di donna noto come La Fornarina che secondo alcuni era la sua amante ma di cui non è certo il nome e ciò in relazione al fatto che il termine '' fornarina '', derivando da forno, avrebbe indicato la fornicazione e quindi metaforicamente l'organo genitale femminile, Di conseguenza il termine fornarina non sarebbe da interpretare come la figlia di un fornaio, ma l'amante del pittore.
Secondo altre interpretazioni e studi nella Fornarina Raffaello avrebbe identificato la Venere celeste e quindi l'amore che eleva gli spiriti alla ricerca della verità attraverso la bellezza che si distingue dall'altra Venere, quella terrestre, forza generatrice della natura, che guarda alla bellezza terrena ed ha come fine la procreazione. In tal senso alla Fornarina corrisponderebbe la Velata identificata come Venere terrestre, sposa e madre.  Tale interpretazione è simile a quanto rappresentato nell'opera del Tiziano dal titolo L'amore sacro e l'amore profano in cui le donne rappresentate, molto simiglianti l'una all'altra, rappresentano le due realtà del matrimonio. A sinistra è rappresentata la sposa in procinto di diventare moglie che indossa un abito matrimoniale ed ha sul capo una corona di foglie di mirto che simboleggiavano l’unione coniugale. Il significato del dipinto fa quindi riferimento all’amore privato e sensuale e all’apparenza pudica e casta della sposa in società. Le due figure sono unite dall’acqua della vasca elemento simbolico mescolato da amore rappresentato dal puttino al centro della vasca.

Anche  queste opere mostrano la capacità di Raffaello di mettere in evidenza una impareggibile descrizione delle protagoniste.

Raffaelllo fra il 1514 ed il 1515 compì un altro passo in avanti nella rapprentazione delle pale di altare con la finalità di coinvolgere maggiormente l'osservatore e compì il passo definitivo dipingendo la Madonna Sistina dove una tenda scostata fa da cornice ad una apparizione terrena di Maria, scalza e priva di aureola, ma ancora soprannaturale dall'aria luminosa che la circonda . Attorno ad essa due santi indicano fuori della pala invisibili fedeli verso cui la madonna sembra dirigersi spinta da un vento che le agita la veste. 
Un'altra pala è quella dell'Estasi di Santa Cecilia in cui, rinunciando alla musica terrena rappresentata dagli strumenti ai suoi piedi, la santa sceglie estaticamente quella divina rappresentata dal coro degli angeli posti in alto.

A 30 anni Raffaello era già titolare della più attiva bottega di pittura di Roma ed utilizzava una schiera di aiutanti che inizialmente si dedicavano alla preparazione ed alla rifinitura dei dipinti e degli affreschi. Successivamente invece egli si dedicò maggiormente alla preparazione dei disegni e dei cartoni mentre alla stesura pittorica provvedevano gli aiutanti che erano talmente bravi da rendere difficile la paternità delle opere che talvolta il maestro lasciava incompiute.
Con il passare del tempo ed il crescere degli impegni il suo modo di lavorare diventò l'opposto di quello di Michelangelo che utilizzava minimamente gli aiuti dei collaboratori mentre Raffaello delegava sempre più spesso parti consistenti dei lavori agli asistenti che ebbero così il vantaggio di una crescita professionale notevole che utilizzarono successivamente con proficuità dopo la morte di Raffaello come avvenne per Giulio Romano.

Fra il 1514 ed il 1517 sotto il pontificato di Leone X fu affrescata la terza stanza ai cui lavori però Raffaello partecipò poco perchè aveva nel frattempo ricevuto dal papa ulteriori incarichi.Gli affreschi della terza stanza, detta dell'Incendio del Borgo, furono incentrati sulla celebrazione del pontefice in carica attraverso le figure dei suoi omonimi predecessori, come Leone III e Leone IV. Gli affreschi in essa realizzati furono: L'incendio del Borgo che si spense miracolosamente grazie alla benedizione fatta da Leone IV, opera che diede il nome alla stanza, La battaglia di Ostia, L'incoronazoone di Carlo Magno da parte di Leone III e il Giuramento di Leone III.

La quarta stanza, detta di Costantino, fu invece completata, dopo la morte di Raffaello, da Giulio Romano fra il 1517 e il 1524 e gli affreschi raccontano la storia di Costantino, 1° imperatore romano che riconobbe il Cristianesimo, e la celebrazione del trionfo della religione cristiana e della sconfitta del paganesimo.

I motivi per cui Raffaello non partecipò attivamente  ai lavori della terza stanza furono la sua nomina a sovrintendente della basilica vaticana dopo la morte del Bramante ( 1514 ) e l'incarico per la creazione dei modelli degli arazzi della parte inferiore della Cappella sistina  conferitogli da Leone X che volle così legare il suo nome alla prestigiosa cappella. Lo stesso successivamente gli delegò anche la custodia e la registrazione dei marmi antichi che lo condusse a redigere una pianta di Roma imperiale.

Raffaello si dedicò al cantiere di S. Pietro con entusiasmo e con timore ma come sua abitudine aveva fatto alcuni studi in merito avendo già progettato in passato altri edifici e fu suo il fondamentale contributo di realizzare il corpo longitudinale della basilica  che innestò sulla crociera progettata dal Bramante.

Raffaello quindi fu pure architetto e non disdegnò nemmeno l'arte della incisione per la quale ebbe una sincera e profonda ammirazione.

Come prima detto Raffaello disponeva a Roma di una ben avviata bottega con una eccellente organizzazione e con diversi collaboratori che operavano integrandosi in vari campi. Tuttavia, pur mostrando sollecitudine ed efficienza Raffaello, la cui fama andava al di là delle reali possibilità di soddisfare le numerose richieste, fu  costretto a rimandare a lungo termine molte opere o a non poterle realizzare.

Leonardo, di 30 anni più vecchio di Taffaello, fu a Roma negli anni 1514-15 ma non è certo che fra i due ci fossero stati contatti diretti. Tuttavia alcune opere di Raffello realizzate in quel periodo mostrano un rinnovato interesse per la sua arte, come già avvenuto in precedenza, ma per sua tendenza dopo averla studiata ne assimilava i contenuti rielaborandoli poi in maniera molto personale. 

Raffaelo, coevo di Michelangelo, fu molto attratto dalle sue novità che studiò nel periodo in cui visse a Firenze. L'ammirazione si trasformò in rivalità, a dire il vero indiretta, per il clima di forte competitività che esisteva alla corte papale di Leone X, successore di  Giulio II  che in quel periodo contraddistinto da un grande rinnovamento culturale , urbanistico ed artistico aveva chiamato a Roma i grandi artisti del tempo fra cui anche Michelangelo ed il Bramante e nel 1508 anche Raffaello forse perchè consigliato in tal senso dal Bramante, suo conterraneo, che cercava di screditare Michelangelo di cui temeva le potenzialità.

Sotto Leone X, poichè le finanze vaticane per quanto ingenti non erano sufficienti, il Bramante impegnato nella costruzione di S. Pietro riuscì a far mettere in secondo piano il progetto della tomba di Giulio II predisposto da Michelangelo, che, pertanto, attribuì la nascita delle discordie oltre che al Bramante anche all'incolpevole Raffaello.

La rivalità fece nascere due schieramenti e fra quelli favorevoli a Michelangelo era anche il Pittore Sebastiano del Piombo.

Nonostante la contesa, Raffaello dimostrò di essere sempre interessato alle novità del Buonarroti impegnato negli affreschi della volta della Cappella sistina mettendo il suo ritratto nella Scuola di Atene.

Nel 1516 il cardinale Giulio de' Medici ebbe l'idea di organizzare una competizione fra i pittori più importanti di Roma, ovvero Raffaello e Sebastiano del Piombo, amico di Michelangelo, ad ognuno dei quali chiese di dipingere una pala da destinare alla cattedrale della sua sede vescovile.

A tale scopo Michelangelo disegnò di sua mano le figure principali della pala di Sebastiano, La resurrezione di Lazzaro. Entrambi i pittori operarono lentamente per non svelarsi prima del rivale ma nel frattempo Raffaello morì senza avere completata la sua opera soprattutto nella sua parte inferiore.
Il suo completamento, ma non si sa in quale misura,  avvenne per opera di Giulio Romano che con Raffaello collaborava. 

L'opera rappresentava la Trasfigurazione di Cristo nella parte superiore ed era fusa, cosa che avveniva per la prima volta, con l'episodio evangelico della Guarigione dell'ossesso rappresentto in basso.L'opera dinamica ed innovativa, con uno sfolgorante uso della luce, mostra due zone circolari sovrapposte, legate da molteplici rimandi di mimica e gesti. La forza drammatica è sprigionata dal contrasto fra la composizione simmetrica della parte superiore  e la concitata gestualità e le dissonanze di quella inferiore, raccordandosi però sull'asse vericale fino all'epifania divina, che scioglie tutti i drammi. 

La scomparsa di Raffaello fu salutata dal commosso cordoglio dell'intera corte pontificia. le sue spoglie furono sepolte nel PantheLon e sul suo sarcofafo è riportato in latino il seguente epitaffio scritto da Antonio Tebaldo, un poeta suo amico, o forse da Pietro Bembo grande umanista del tempo:

'' Qui è quel Raffaello, del quale la natura credette di essere vinta, quando era vivo, e di morire, quando egli moriva ''.   

La Prof.ssa Infranca ha terminato la sua relazione affermando che Raffaello si mosse sempre in modo da assimilare anche in tempi diversi il meglio da coloro con cui veniva in contatto, fosse la ricchezza cromatica di un veneziano, la dolcezza di Leonardo o il dinamismo di Michelangelo, non imitandoli ma rielaborando le loro novità e piegandole alla sua volontà. 

E' seguito quindi un breve e partecipato dibattito al termine del quale il Prof. Valenti, dopo aver ringraziato la Prof.ssa Infranca per l'interessante tema trattato, a nome dell'Associazione e proprio ed a ricordo della serata le ha donato una copia di un suo acquerello riproducente uno scorcio di Erice ed il saggio su Mario Gori '' Nuvole nell'anima '' a cura di Marco Scalabrino.

L'incontro si è concluso con i saluti di arrivederci a sabato 9 aprile 2022 alle ore 18.00 nei locali dell'Associazione per il prossimo evento previsto dal calendario delle attività del XXXVI Corso di cultura per l'anno 2022. 






 



Switch to Day Switch to Night