2012 - 03 - 31: Prof.ssa Erina Baldassano Cataldo - I fiori del chiostro: vita monastica tra fede e folklore

 Sabato 31 marzo 2012 alle ore 18.15 nella sala delle riunioni '' Antonio Busc aino '' dell'Associazione per la Tutela delle Tradizioni Popolari del Trapanese sita in Trapani via vespri 32 alla presenza di un folto gruppo di soci si è tenuto l'incontro settimanale secondo il programma annuale previsto.
La Prof.ssa Erina Baldassano Cataldo, che più volte in passato ha partecipato ai Corsi di Cultura dell'Associazione, è stata accolta dal Presidente Prof. Salvatore Valenti che dopo una breve presentazione le ha ceduto la parola.
L'ospite, oltre ad avere insegnato per molti anni materie letterarie in vari Istituti superiori della Provincia, è autrice di numerosi saggi di carattere letterario, note di costume e racconti nonchè di opere a carattere storiografico e folkloristico.
La Prof.ssa Baldassano ha ringraziato i presenti per la loro partecipazione e l'Associazione per averla voluta ancora una volta inserire negli incontri previsti per il 2012.

L'argomento trattato '' Fiori del chiostro: vita monastica fra fede e folklore '' fa riferimento ad una sua pubblicazione dello stesso titolo del dicembre 2010 di cui si riproduce la copertina.
Di seguito si riporta una breve sintesi liberamente tratta da quanto detto nel corso dell'incontro che è stato accompagnato dalla proiezione di numerose diapositive che hanno costituito la traccia della relazione. Alcune di esse, per gentile concessione dell'autrice, sono inserite successivamente.

I '' Fiori del chiostro '' possono nel contesto assumere diversi significati: sono i fiori presenti nella
'' Corona imperiale '' dalle monache preparata ed indossata sul velo nelle manifestazioni più importanti della loro vita monastica, possono rappresentare le stesse monache durante la loro vita all'interno della Comunità del monastero, possono rappresentare le preghiere recitate anche per coloro che a ciò non sono avvezzi o che con ciò non hanno dimestichezza.
Lo spunto a scrivere il libro, per la maggior parte dedicato alla clausura, r
isale ai suoi ricordi giovanili in quanto alunna di una scuola religiosa, alla sua attività successiva svolta all'interno dei monasteri, ad una serie di appunti e notazioni effettuate dal 1980, a testimonianze dirette ottenute dalla frequentazione di alcune monache  ed anche per non far dimenticare, in presenza di una crisi delle vocazioni che hanno ridotto a due il numero dei monasteri in Alcamo, tutto un mondo di tradizioni e di riti che rischiano di scomparire.
In Alcamo attualmente, dei quattro esistenti, si contano solo due monasteri: uno di osservanza Benedettina che si ispira alla Regola di S. Benedetto e di S. Scolastica in cui vivono ancora alcune monache ed uno che si rifà alla regola di S. Francesco e di S. Chiara che continua ad essere attivo sia per vocazioni che per attività sociali.

Dei diversi capitoli in cui è libro è suddiviso:
- Riti di passaggio

- Abbigliamento
- La Badessa
- La vita in monastero
- Gli ambienti comuni
- I momenti della vita claustrale
- La simbologia

- '' L'ora ...
- '' et labora ''
- Il pubblico nel privato
- Il monastero si apre
- Appendice I: in cui sono riportate delle poesie dedicate da poeti alcamesi ad alcune monache, gli inni scritti da Carlo Cataldo e musicati dal M.° V. Cassarà, e dedicati a S. Benedetto, a S. Scolastica, a S. Francesco e a S. Chiara

- Appendice II: che contiene invece '' I sapori del tempo ( ricettario ) '' e '' Preparati medicinali ''
la Prof.ssa Baldassano si è intrattenuta solo su quelli più significativi seguendo lo spunto dato dalla proiezione di alcune fotografie in bianco e nero o a colori inserite nel corpo del testo o riportate in una ampia sezione dell'Allegato II. Tali fotografie appartengono ad archivi privati, alla relatrice e molte sono state fornite dalle monache dei conventi rappresentando particolari momenti della loro vita religiosa.

Come premessa a quanto esposto ha precisato che '' La clausura '' come oggi viene intesa non è più quella che si aveva prima del Concilio Vaticano II.
Infatti prima la caratteristica più appariscente della clausura era l'isolamento dal mondo esterno per cui il loro mondo iniziava e finiva entro i muri perimetrali del monastero stesso al fine di
'' rendere più sicura la custodia del voto di castità e far vivere una maggior quiete di coscienza ed un più profondo ritiro spirituale '' e sotto tale aspetto la confessione e gli scambi di notizie con l'esterno e la comunione avvenivano esclusivamente attraverso fitte grate metalliche o attraverso il '' comunichino '' ovvero atttraverso una grata munita di apertura dal lato della clausura praticata su di un muro divisorio fra la chiesa ed il monastero. Lo scambio di prodotti dall'esterno all'interno o viceversa avveniva invece attraverso la classica ruota girevole.
Tuttavia potevano entrare in clausura ed in particolari occasioni cardinali, vescovi con i relativi seguiti e si potevano ricevere visite dei familiari che avvenivano nei parlatori se
mpre attraverso le grate eccetto che in particolari periodi dell'anno.
Oggi la dimensione della clausura è cambiata per cui da qualche decennio nel parlatorio vengono ricevuti, separati da un cancelletto, in particolari eventi ( nascite, nozze, ecc ), e sempre nelle ore stabilite, i parenti  mentre per particolari professioni ed anniversari della badessa o claustrali si apre una porta di comunicazione la cui soglia o un tavolo segna il limite della clausura.
Anche all'interno dei monasteri le monache possono organizzare, in talune ricorrenze particolari, feste per celebrare eventi, occasioni o anniversari.
Oggi e prima nessun divieto è od era imposto all'entrata in monastero di tecnici, operai per lavori di riparazione o di manutensione il cui passaggio è tuttavia segnalato dal suono di una campanella che li accompagna nel loro percorso.
E' consentita anche l'uscita dai monasteri in circostanze speciali ( pellegrinaggi, giubilei ) ma anche per recarsi in villeggiatura in locali diversi dal monastero, ma in questi casi la clausura non viene meno perchè essa è sentita come un elemento spirituale che non viene alterato
e che viene invece sempre conservato all'interno del proprio animo.
Oggi all'interno dei monasteri si può riscontrare anche la presenza della radio e della TV il cui uso è permesso in casi particolari o in occasione di particolare eventi di carattere religioso con la necessaria discrezione. 

Ciò premesso la Prof.ssa Baldassano ha descritto i riti di passaggio che accompagnano le varie fasi della vita religiosa di una aspirante monaca. 

La nascita della vocazione e l'innamoramento verso un ordine religioso può essere influenzato da vari fattori: attrazione dall'abito, dal monastero presente nel luogo di dimora ( ad Alcamo di Bendettine e di Clarisse ), dalla dimora di altre parenti in condizioni claustrali, dal tipo di vita o delle attività che si svolgevano all'interno dei conventi, dalle attività che le Comunità esercitavano localmente nel sociale. 

Il primo passo era costituito dall'educandato ovvero dall'accoglienza di una fanciulla in educazione che era subordinata al consenso di tutta la Comunità ed a cui seguiva il probandato o postulato ( periodo di prova ) che veniva trascorso all'interno del monastero per una scelta consapevole al fine di sperimentare la vita monastica condividendo con la Comunità i ritmi quotidiani attraverso i momenti di preghiera, di lavoro, dei pasti. Nel suo corso erano  consentiti ritorni in famiglia per consolidare o meno la successiva scelta.
Nel probandato si distinguevano: l'accesso, la cerimonia e la festa al termine della quale l'aspirante monaca oltrepassava la soglia che segnava l'ingresso in clausura accolta dalla Badessa, dalla madre-maestra e da tutta la Comunità. 
La probanda doveva avere una dote fornita dalla famiglia consistente in capi di corredo, di abbigliamento e di arredamento, in denaro oppure in immobili e in provvigioni alimentari così come avrebbe fatto se la figlia avesse contratto matrimonio.
Il probantato aveva la durata di un anno ed al suo termine seguiva il noviziato nel corso del quale sotto la guida della madre-maestra la novizia era istruita nella vita religiosa, nella recita dell'Ufficio, nell'osservanza della Regola, nel servizio alla Comunità, nelle preghiere e nella formazione spirituale.
Nel noviziato si distingueva ancora l'accesso, l'ultima mondanità nel corso della quale la probanda indossava un ricco abito secolare vistosamente accessoriato da gioielli d'oro e ricevendo nei giorni seguenti parenti ed amici in abiti secolari. Al termine di tale intermezzo, il giorno della vestizione, la probanda indossava un abito bianco di seta, come se fosse una sposa, chiedeva di essere ammessa al noviziato e successivamente avveniva il taglio dei capelli o della treccia che dopo veniva data in consegna ai parenti. Ciò fatto, tolto l'abito da sposa, indossava gli abiti della novizia ( tunica, cordone bianco, soggolo, cuffia, velo bianco, rosario e sandali ) e riceveva la Regola.

Seguiva quindi la festa in parlatorio per i parenti, gli amici e gli invitati e poi nel refettorio il pranzo con le consorelle.
In genere l'ammissione al noviziato era anche ricordata da una immaginetta-ricordo simile a quella della Prima comunione su cui era riportato da un lato il nome ed il cognome della novizia e la data, dall'altro lato una immagine sacra ed in genere una orazione o una citazione importante. 

Ad un anno dall'accesso al noviziato avveniva la prima professione con la quale la novizia prometteva di seguire i precetti evangelici e contemporaneamente faceva voto di povertà, castità ed obbedienza.
In essa si distingueva ancora la cerimonia a cui faceva ancora seguito il ricevimento nel corso del quale all'interno del monastero si preparavano vari dolci i cui ingredienti venivano forniti dai familiari della festeggiata ed agli invitati venivano offerti anche confetti bianchi.

Cerimonia e festa e santini venivano ripetuti a distanza di tre anni per la professione perpetua nonchè ancora per il 25° anno e per il 50° anno di vita religiosa.

L'oratrice si è poi intrattenuta ad illustrare l'abbigliamento caratteristico che doveva essere indossato in monastero a seconda se si era educanda, probanda, novizia o professa. Esso ovviamente era anche diverso a seconda dell'ordine di appartenenza.
In alcune Comunità i passaggi da uno stato all'altro della vita claustrale erano anche contrassegnati da corone di fiori: di stoffa per il probandato, di smalto per il noviziato, la  professione iniziale e per il 25° anniversario, di foglie di carciofi essiccati per il 50°.
In particolare per la cerimonia di professione perpetua veniva indossata la '' Corona imperiale '' che aveva una struttura in fil di ferro rivestita di nastri, adorna di fiocchetti argentati e di fiori di smalto. Il tutto ovviamente veniva realizzato all'interno del monastero dalle stesse monache.

Al momento della vestizione la monaca assumeva anche un nuovo nome che poteva essere scelto dalla famiglia della professa. Spesso era quello di uno dei genitori, specialmente se defunto, o anche entrambi anche nel caso che il nome paterno non era femminilizzabile. Ovviamente ciò dipendeva anche dall'ordine di appartenenza per cui si potevano avere nomi diversi o anche di fantasia.

L'attribuzione del nome assumeva diversi significati: nel caso dei genitori lo scopo era quello  di vedere rinnovato il loro nome attraverso la figlia non potendolo questa trasmettere ai suoi eredi, in altri casi il nuovo nome assunto corrispondeva all'attribuzione di una nuova figlia appena nata alla fede che era affidata alla badessa sua nuova madre.

Figura molto rappresentativa e centrale all'interno del monastero era la badessa che aveva il compito di gestire la Comunità occupandosi dell'amministrazione interna, della manutenzione della Chiesa e del monastero e di fare osservare la Regola. Molteplici erano anche le sue prerogative e competenze che erano tutte rivolte al buon funzionamento del monastero e a che la vita all'interno di esso si svolgesse con regolarità e serenamente. Era anche suo compito assegnare alle monache le diverse funzioni.
La Prof.ssa Baldassano non ha mancato anche di accennare alla modalità della sua elezione che veniva fatta dalle sole professe a scrutinio segreto perchè le schede anche se riportavano il nome della elegenda ed il nome della votante poi venivano subito bruciate. Dopo la cerimonia della nomina agli amici ed ai parenti invitati veniva offerto nel parlatorio un intrattamento mentre la Comunità poi pranzava nel refettorio riccamente addobbato per l'occasione.

 

 

 

 





E' eseguita quindi una breve descrizione della vita comunitaria del monastero che era improntata all'ubbidienza, alla sottomissione, alla preghiera ed al lavoro manuale. Tali momenti erano sempre scanditi e chiamati dal suono della campanella che era diverso a seconda della funzione chiamata.

Le probande vivevano appartate rispetto alle novizie ed alle suore con le quali tuttavia vivevano in comune i pasti e le preghiere.

Sono stati quindi descritti i vari locali del monastero: la sala del Capitolo, il refettorio, il dormitorio, il parlatorio, la sala di lavoro, il coro o cantoria.
In particolare oggi il dormitorio in comune è stato sostituito da cellette singole. Una volta quando era in comune i vari letti erano separati da quelli adiacenti con tende opache e di notte era sempre illuminato da lanterne ad olio la cui cura e rifornimento faceva parte delle mansioni di una probanda. Anche il parlatorio oggi ha subito delle modìfiche nelle sue grate che non sono più doppie ma a maglie singole e larghe attraverso le quali è più facile parlare, vedersi essendosi il concetto di clausura modificato ed aperto entro certi limiti al mondo esterno.

 Nel corso della giornata monasteriale si potevano distinguere vari periodi:
- il silenzio: doveva essere mantenuto in diversi luoghi e momenti
- la ricreazione: nel suo corso ogni monaca era libera di scegliere cosa fare. Essa si svolgeva in determinate zone o luoghi del monastero per concedere ad ogni monaca un pò di tempo da poter dedicare a se stessa
- la clausura: di essa si è ampiamente parlato precedentemente.

Nonostante tutto le monache non erano completamente tagliate fuori dal mondo esterno. Dalla terrazza, dotata anch'essa di grate di metallo a sbalzo che consentivano di sporgersi, e posta in genere nelle vicinanze del campanile della Chiesa su cui le suore
salivano per suonare manualmente le campane a seconda delle circostanze ( ora le campane sono suonate elettricamente ) era possibile assistere al passaggio delle processioni, dei carri trionfali durante le feste paesane o ad eventi straordinari di particolare importanza o anche scambiare saluti a gesti fra una clausura e l'altra se esse erano in vista cosa che era possibile per alcune di esse considerata la loro ubicazione in Alcamo.

La parte finale della relazione è stata invece dedicata alle attività lavorative all'interno del monastero che erano di vario tipo:
- lavori di cucito: capi di vestiario per le religiose, ma anche per l'esterno su commissione
- attività dolciaria: per l'interno ma anche destinata alla vendita esterna
- smaltoplastica, cretoplastica e ceroplastica: venivano riprodotte con diverse tecniche decorazioni floreali, statue di vario tipo successivamnte colorate e talvolta inserite e conservate nelle '' scarabattole '' o sotto campane di vetro
- sculture fatte con brattee essiccate di carciofi ( arte poverissima ) per la corona imperiale indossata dalle festeggiate per il 50° o talvolta anche 25° di professione
- produzione di piante e fiori: da vendere ma anche per addobbare la chiesa in certe occasioni
- ricami e merlettii: taluni di notevole pregio ed ora reperti di lavoro artistico prettamente femminile
- trapunte: per i letti
- lavori di maglieria: eseguiti a mano e successivamente a macchina
- preparazione delle ostie: per la comunione
- ricami in oro: su tovaglie d'altare e paramenti sacri.

Di tutto ciò, se eseguito per ordinazioni dall'esterno, si ritrova riscontro nei libri dei conti.
Le somme riscosse dal monastero servivano anche per il mantenimento ed il sostentamento delle monache che prestavano con amore, dedizione e talvolta con spirito artistico molto elevato la loro opera ed il loro lavoro.

Da non dimenticare inoltre le opere caritatevoli ed assistenziali prestate nel sociale e negli ospedali da determinati ordini di suore diverse da quelle di clausura.

 Terminata la relazione, è seguito un dibattito a cui hanno partecipato molti dei presenti ed ai quali la Prof.ssa Baldassano ha fornito ulteriori chiarimenti e precisazioni.

Concluso il dibattito il Prof. Valenti ha ringraziato la relatrice per l'interessante argomento trattato ed a nome dell'Associazione ed a ricordo dell'evento le ha fatto omaggio del tradizionale piatto in ceramica ed il libro '' Giuseppe Errante - pittore trapanese '' di cui è autore.

 

 

 

 

 

 

 

L'evento si è concluso con le fotografie di rito.

Hanno fatto seguito le seguenti comunicazioni della Presidenza:

-l'invito ad effettuare al più presto le prenotazioni per l'escursione del 25 aprile 2012 a Sciacca e S. Biagio Platani  ( Comunicazione n. 6 in Bacheca )

- l'invito ad effettuare le prenotazioni per il viaggio dal 14 al 21 maggio 2012 in Trentino-Alto Adige con visita di Innsbruck e Salisburgo in Austria per poter prenotare i biglietti dell'aereo a prezzi ancora  vantaggiosi ed il cui costo non è compreso nella quota di partecipazione. Il programma del viaggio può essere visionato nella Comunicazione n. 7 in Bacheca.

L'incontro si è concluso con lo scambio fra i presenti degli auguri per la S. Pasqua ormai imminente e con l'arrivederci a sabato 14 aprile 2012 per il prossimo incontro.

 

 

 

 

 

 

 


 

 


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


 

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