2013 - 04 - 20 : Prof. Salvatore Corso - Le feste di Erice: Catagoghia e Anagoghia
Sabato 20 aprile 2013 alle ore 18.20 nella sala delle riunioni '' Antonio Buscaino '' dell'Associazione per la Tutela delle Tradizioni Popolari del Trapanese sita in Trapani via vespri 32, con la partecipazione di un numeroso gruppo di soci e simpatizzanti che hanno gremito il locale si è svolto il tradizionale incontro settimanale previsto dal programma delle attività del mese di aprile del XXVII Corso di cultura.
Ospite della serata il Prof. Salvatore Corso che ben noto nel trapanese è stato accolto cordialmente dai presenti e dal Prof. Valenti.
Aperto l'incontro, il Presidente ha presentato l'oratore e dopo aver brevemente sintetizzato quali sono stati gli antefatti che hanno portato alla scelta del tema della serata gli ha ceduto la parola.
Il Prof. Corso, più volte ed assiduamente negli anni precedenti inserito nelle attività culturali dell'Associazione, è laureato in Filosofia e Teologia ed è autore di molte pubblicazioni di argomento storico relative al territorio di Trapani, di Erice e della Provincia.
Il relatore, all'inizio del suo intervento ha espressamente ringraziato il Comitato direttivo per averlo voluto ancora una volta invitato, i numerosi presenti in sala e quindi ha iniziato a svolgere l'argomento della serata avvalendosi nel corso della sua esposizione della proiezione di una serie di diapositive a supporto di quanto via via andava illustrando.
Per gentile concessione del Prof. Corso, si riporta di seguito la successione delle immagini proiettate e quanto scritto in merito al tema in una sua pubblicazione risalente al dicembre 1985.
'' Una ripresentazione delle feste che nell'antichità classica caratterizzarono Erice è richiesta oggi dalla sempre più definita immagine proiettata nel mondo dalla trimillenaria Città, oltre che dall'inconfondibile richiamo mitico da essa diffuso.
Chi giunge per la prima volta ad Erice o chi vi ritorna a più riprese non può sfuggire al fascino che la sua particolare configurazione, la sua stratificazione culturale e la sua posizione nel Mediterraneo esercitano: sensazioni di colori e di suoni che travalicano il tempo e che hanno assunto via via nei secoli precisi contorni, sotto l'influsso di questa o quell'altra religiosità.
Fu così che ai miti ed ai culti primitivi di carattere agricolo-pastorale si sovrapposero quelli ispirati sia dai traffici e dai rapporti con diverse civiltà, sia dalla necessità di ritrovare ad Erice i valori dell'amore e della pace che, vissuti in riti sacrali, colmassero i vuoti lasciati nell'individuo da crudeltà e sofferenze subite tanto dalle intemperie naturali quanto dagli uomini. A mano a mano poi che più stabili divennero i legami tra i popoli conosciuti, si determinarono, prima nell'ambito fenicio e successivamente nel mondo romano, quelle alleanze politico-militari che si configurarono come confederazione tra città e trovarono suggello nei riti delle feste di Erice.
Questi riti, in seguito accolti nei due Templi innalzati all'Ericina Dea, nel 217 e nel 181 a.C., a Roma, si conservarono per secoli, con le strutture, le denominazioni e le date delle celebrazioni ericine.
Eppure tanta diffusione del culto, di cui rimangono altre testimonianze oltre quella di Roma, non valse a risparmiare dal degrado il Themenos di Erice, l'area sacra con le sue adiacenze, che al tempo degli imperatori Tiberio e Claudio abbisognava di urgenti restauri. Sicché, dopo secoli di oscurità e di appiattimento, in cui Erice non fu piu ricordata per il culto alla Dea e per il Tempio, sebbene per le inespugnabili fortificazioni, si impose la necessità - altrove ugualmente sentita - di trasformare quell'area sacra. Esiste, infatti, memoria documentata della dedicazione di una chiesetta proprio nell'area sacra. Il particolare di rilievo è che essa fu denominata "Sancta Maria ad nives", volendola in tal modo ricollegare alla più antica chiesa che in Roma era dedicata dal tempo di papa Liberio (352-366) alla Vergine Maria, essendo stata trasformata da Basilica Sicinina nell'attuale Basilica Santa Maria Maggiore di epoca costantiniana. Appunto in questa Basilica romana si celebrava, a partire dal sec. IV, l'arcaica prima festa in onore della Vergine Maria, la "Dormitio", il 5 agosto, fino a quando dall'imperatore d'Oriente Maurizio (588-602) la data fu fissata al 15 dello stesso mese e gradualmente si impose l'attuale titolo della festa "Assunzione".
Pertanto la denominazione della chiesetta "Sancta Maria ad nives" dentro il Themenos di Erice, significando la sovrapposizione del culto cristiano di Maria a quello dell'Ericina Dea, ne fissava la data, sulla base del calendario romano, ad agosto, per cancellare sia il ricordo dei riti precristiani sia quello del Tempio famosissimo. Ma sta di fatto che una simile trasposizione, anche se probabilmente aveva il
tempo disperso l'attaccamento dei più agli antichi riti, non distolse completamente dalla venerazione verso la Dea, tanto più che i culti in suo onore da sempre si erano svolti all'aperto e la costruzione di una chiesetta cristiana non poteva impedirne almeno il ricordo.
Per,questo, verosimilmente, la chiesa aragonese o pre-aragonese, dedicata alla stessa Vergine Maria all'ingresso di Porta Trapani e corrispondente all'attuale chiesa Matrice, fu ampliata per accresciute esigenze di ripopolamento e di urbanizzaziohe (di cui è segno l'innalzamento già a quel tempo avvenuto della Torre Campanaria ) e fu valorizzata tanto da essere denominata Ecclesia Sanctae Mariae "Majuri", per essere, in un secondo tempo, dedicata. al "Transito di Nostra Donna", cioè al titolo arcaico che indicava l'Assunta, come evidenziato da prove documentali e dai frammenti di affreschi.
Tuttavia ancora nel 1476 lo spostamento dell'asse cultuale non aveva fatto perdere al "templo de la Dia Venus" l'attrattiva per i pellegrini che intanto accorrevano da tutta la Sicilia per la festa di mezzagosto stabilita in onore dell'Assunta, divenuta Patrona di Erice (come resterà fino al 6 dicembre 1630). E ciò a dispetto della moltiplicazione dei centri di culto in onore della Vergine Maria, sorti per distrarre dall'accorrere al richiamo dell'Ericina Dea. Oltre alla chiesa Matrice sul Monte, cambiando l'antica denominazione di S. Caterina all'arena una volta ampliata, ai piedi dello stesso Monte era stata innalzata, nella stessa epoca e con lo stesso stile della chiesa
Matrice, l'Annunziata, con particolari celebrazioni il 25 marzo. E probabilmente le due chiese erano collegate, lungo la salita della mulattiera per Erice, da un altro luogo di culto, originariamente mariano, dove si celebrasse l'8 settembre la Natività di Maria, con l'Assunta e l'Annunziazione, la terza tra le antichissime feste in onore della Vergine: anche se questa ipotesi manca di prove documentali, può essere suffragata sia dalle strutture architettoniche dell'intero complesso dell'attuale chiesa rupestre di Sant'Anna sia dall'affinità della intitolazione e del soggetto venerato.
Ad Erice intanto le feste patronali dell'Assunta comportavano una Fiera; lo stesso si verificava ai piedi del Monte attorno alla chiesa dell'Annunziata, con date diverse. Ma quando in quest'ultima chiesa si determinò il culto in onore della Madonna di Trapani al 16 agosto, decretato giorno festivo a partire dal 6 dicembre 1630, le rivalità tra Erice e Trapani si incrementarono. Fu proprio in quella data che Erice trasferì, anche per cause di concorrenza, la data delle sue feste patronali a poca distanza di giorni dopo il mezzagosto.
Motivo principale di tale trasferimento era stata l'affermazione del culto nell'altro versante su cui Erice esercitava il suo potere, la cala di Bugutu prima e dal 1572 la chiesa di Custonaci, dove fu trasferito il culto antico in onore dell'Immacolata Concezione. A quella data si stabilisce un legame più stretto con Erice, mediante il giuspatronato concesso da papa Gregorio XIII nel 1574. Cominciarono allora i
Trasporti dell'Immagine sacra da Custonaci ad Erice, con grande affluenza di popolo, soprattutto dalle contrade che venivano toccate dal passaggio. L'opportunità o la necessità di un rifacimento dell'Immagine portò all'attuale dipinto, verosimilmente tratto come copia da precedenti che esistevano nelle chiese di Erice, la Madonna della Grazia in primo luogo, ma anche l'Icona marmorea del 1523 alla chiesa Matrice. In tale rifacimento - documentabile dalle diverse mani o forse da altri dipinti soggiacenti - non potevano mancare le tradizioni agrarie e i simboli degli antichi culti mai scomparsi ad Erice, in particolare le tre spighe.
Celebrata così senza data fissa, ma sempre nell'ultimo scorcio di agosto, la nuova festa della Madonna di Custonaci, con notevoli varianti quando avvenivano i Trasporti, sia ad Erice che a Custonaci, si arrivò fino al 1780, quando agli ericini che chiedevano e proponevano un formulario adeguato a celebrare la Madonna di Custonaci, da Roma la Sacra Congregazione dei Riti rispose ingiungendo di attenersi ai formulari propri della festa di S. Maria ad nives, con evidente riferimento a precedenti celebrazioni di Erice. Solo nel 1785, dietro reiterate istanze, il formulario proposto venne da Roma accettato, mentre, con la promulgazione del Rescritto pontificio, il Vescovo di Mazara Ugo Papè fissò definitivamente la data all'ultimo mercoledì d'agosto.
In ogni modo rimaneva tutto concentrato in agosto, quando del resto anche al Tempio della Dea dovevano intervenire i pellegrini per l'offerta del frumento, un rito rimasto fino agli inizi di questo secolo ed ambientato in una cavalcata. Rimanevano così visibili, anzi venivano volutamente riprese le vestigia degli antichissimi culti precristiani: le tre spighe e l'offerta del frumento. Segno più duraturo costituivano le nove Croci ricavate da marmi del Tempio e poste nel sagrato della chiesa matrice,dove riti di espiazione tendevano a cancellare il ricordo degli antichi culti. Ma i Trasporti, soprattutto, durati fino al 1933, rievocavano una partenza ed un ritorno sacri, e
legati come erano al mondo agricolo, più da vicino si modellavano sulle feste di un tempo.
Per secoli le feste di Erice erano rimaste famose, se Eliano, un autore del secolo II d.C.,non tralascia di trascriverne i riti, in una trattazione sugli animali, dove la colomba, per essere universalmente riconosciuta come sacra alla Dea Ericina, fornisce il motivo di tale descrizione, l'unica rimasta:
« Ad Erice, in Sicilia, c'è una festa che gli Ericini stessi e tutti quelli che abitano nell'intera Sicilia chiamano '' anagoghia ''. Ecco il motivo del nome della festa: dicono che Afrodite, proprio in questi giorni, vada da lì in Libia. Hanno questa opinione che traggono da questo fatto: lì vi è una gran massa di colombe; quando non appaiono, gli Ericini dicono che sono andate a far la guardia al corpo della Dea. Cantano che le colombe sono ornamento della Dea e tutti gli uomini vi credono. Trascorsi nove giorni, si vede volare una bella colomba, che torna dal mare libico, non simile alle altre in bianco, bensì rossa, come rossa Anacreonte di Teo definisce Afrodite, quando in qualche posto dice "purpurea": sembra simile all'oro, proprio come la Dea di Omero che egli celebra "aurea" in un canto; la segue la nebbia delle altre colombe e per gli Ericini è di nuovo festa: anche questo nome '' Katagoghia '' deriva dal fatto ''.
Descrizione, questa, che, se tradisce il contesto narrativo di carattere letterario, fissa le due feste distinte, anagoghia e Katagoghia, intercalate da un intervallo di nove giorni. Tale intervallo,però,dai piu autorevoli cultori di storia delle religioni e di storia della Sicilia antica, è ritenuto artificioso e difforme dal carattere primitivo dai culti in onore dell'Ericina Dea.
A conferma di un più ampio intervallo fra le due feste, vengono riferite le date in cui a Roma si svolgevano riti dedicati alla Dea di Erice. Due date che, appunto perchè inserite nel contesto di solennità romane, costituivano il segno della loro provenienza dai culti di Erice. La prima data, in particolare, il 23 aprile, cadeva nei Vinalia Iovis, feste che si celebravano proprio nel Tempio di Porta Collina a Roma dedicato all'Ericina Dea e che, almeno per la presenza delle ierodule, ricalcavano la festa di primavera ad Erice con le ierodule e l'arrivo delle colombe, la Katagoghia. La seconda data, invece, è segnata dai Fasti Prenestini come festa di Venere Ericina al 25 ottobre, e doveva conservare il ricordo della festa celebrata ad Erice in autunno, la anagoghia.
La straordinaria solennità delle due feste, descritte da Eliano per Erice, risulta pure da quel '' cantano che le colombe sono ornamento della Dea ''. E certamente i canti che si eseguivano, da Erice dovevano essere trasferiti in altri contesti, se ancora oggi è dato ritrovarne le tracce in raccolte altamente specializzate di Canti Siciliani. Sono anzitutto i canti dedicati alla " Palummedda chi vola mari mari " riscontrati in ambienti dell'entroterra nisseno, agrigentino e palermitano, il cui influsso deve aver travalicato parecchi confini. Ma, di particolare rilievo, è il canto " di modo lidio ", costruito in forma arcaica a tal punto da essere ritenuto il piu antico dell'intera raccolta e da mostrare un testo che, seppure corrotto, rivela la sua intima connessione con le feste celebrate in onore della Dea ad Erice. E' la cosiddetta " Mota dl Paparella ", dalla località, alle pendici del Monte, in cui è stata raccolta, che così recita:
'' E quannu nascisti tu, sanguzzu duci
mezzu Palermu la festa ti fici
E li marinara o gridanu li vuci
dicennu chi nasciuta e la 'mperatrici
E na lu pittuzzu ha' 'na stidda di luci,
biniritta dda mamma chi ti fici ! "
Testo che, confrontato con le varianti dentro e fuori della stessa raccolta, chiarisce l'appartenenza al culto della Dea.
Il volo delle colombe, quindi, le ierodule, i canti e le date delle feste costituivano gli anelli di una stessa ritualità. Accettati parzialmente a Roma, superarono la barriera del cristianesimo e vi si insinuarono appena, come testimoniano soprattutto i Trasporti della Madonna di Custonaci ad Erice, che meriterebbero di essere, ripresi.
Oggi, in una rievocazione scenografica, ovviamente, tutti questi elementi bene si adatterebbero a diffondere quei valori che si vogliono additare come specifici di Erice, l'amore e la pace. Una rievocazione che, nel massimo rispetto di tutti gli elementi autentici, non sia standardizzata in un salvataggio archeologico, ma permetta la fruizione di autentici simboli. Non dovrebbero mancare i fuochi, da situare sui nove merli dell'attuale Tempio-castello, come richiamo esterno delle feste sia nei novendiali di aprile che nel giorno di ottobre; e dovrebbero essere assicurate le coreografie gestite dalle ierodule per riproporre i simboli della Dea.
Il binomio amore e pace non è evidentemente esclusivo diErice, le sue feste invece sì. E acquisterebbero più forza incisiva e maggiore risonanza se instaurassero un qualche collegamento con le Città che in Italia e nel mondo, seppure con altre connotazioni, diffondono lo stesso messaggio. Rovereto, in primo piano; ma anche Assisi, Firenze, Hiroshima e altre città da ricercare ancora e con cui prendere contatti. Da qui l'opportunità di farne convenire ad Erice i rappresentanti con i numeri artistici e culturali che li accompagnano. Si stabilirebbe con gli anni, attraverso le feste di Erice, una catena di relazioni che non sarebbero unidirezionali e corrisponderebbero alle attese di socialità del nostro tempo, il cui veicolo è il turismo nelle più larghe e qualificate eccezioni. E ciò perché una cultura della pace si interseca con quella dell'amore come sorgente di vita, di luce e di civiltà, contro l'oscurantismo delle armi e dell'anarchia internazionale che continua a regolare i rapporti tra i popoli.
Da parte sua Erice, Città della scienza e dell'arte qual'è, Città del futuro, come aspira a qualificarsi, tra le tensioni della vicina Trapani con cui non si vuole confondere e quelle delle metropoli ormai non lontane, attende di essere autonomamente potenziata per meglio esprimere la sua struttura socio-economica e la caratteristica configurazione culturale che la contraddistingue ''.
Katagoghia - 23 aprile e Anagoghia 25 ottobre
La fascia costiera, che si protende verso l'Africa come ultimo lembo d'Italia e d'Europa, conserva una sedimentazione storico - archeologico - artistica singolare, tuttora in attesa di essere maggiormente conosciuta e fruita sia dagli abitanti che da una schiera cospicua di visitatori sempre in crescita.
Le città che vi insistono, seppure diversificatesi nel tempo e nell'aspetto urbano, risultano tra loro legate da una stessa matrice culturale, distinta nell'antichità remota come elimo - punica e nel periodo arabo - normanno come parte del Vallo di Mazara
dove la permanenza araba restò più radicata, fino a mantenere in epoca contemporanea connotazioni proprie di civilizzazione.
Trapani ed Erice, APETIANON ed EPIE, due città che la morfologia del territorio, ma anche il mito e la storia hanno congiunto, rivissero per secoli la loro complementarietà nel rito delle antichissime feste: KÁTAGOGHIA - 23 APRILE e ANAGOGHIA - 25 OTTOBRE.
Parole, trasmesse dalla grecità, con cui gli abitanti di Erice scandivano il tempo, secondo ritmi naturali topologicamente ambientati: la bella stagione e l'inverno. Ancora oggi la terminologia dialettale li riassume con " a staciuni " e " u mmernu '', non possedendo altre espressioni per descrivere le quattro stagioni, da sempre estranee al clima di questi luoghi.
KATAGOGHIA, plurale traducibile in "feste del ritorno", con chiare allusioni semantiche " dal mare": ritorno della divinità, chiamata diversarnente dalle popolazioni stanziate sul Monte: ASCHTORETH, AFRODITE, VENUS, mantenendo l'appellativo '' ericina ". Ritorno delle colombe, dalle quali si credeva rappresentata la divinità; ritorno ipotizzato dalla costa cartaginese, quando imperversò la colonizzazione dei punici; ritorrno effettivo dalla vicina torre, dalla più remota antichità presidio del porto di APETIANON, " a Culummara".
Appunto la Colombaia non altrimenti giustificata per tale denominazione, riproponeva annualmente le " feste del ritorno ", come si desume ancora dai canti dedicati a " palummedda chi vola mari mari " e conservati in tutta la Sicilia. Ritorno delle colombe e di una tra le altre, rossa purpurea con il colore d'ocra dei fenici, che annualmente annunziava l'inizio della primavera - estate, " a staciuni ", in una data mantenuta fedelmente al 23 APRILE, nonostante il trapianto a Roma del culto a VENUS ERYCINA, riconosciuta quale divinità tutelare della nazione e dei suoi destini nel mediterraneo.
" Feste del ritorno ", da eruditi del II secolo dopo Cristo attestate per nove giorni, le cui tracce rimasero in una famosa " fiera franca " fissata a partire dalla stessa data e fino al regno di Federico III d'Aragona, nel 1315, anche quando per l'impossibilità di accedere ad Erice, fu trasferita a Trapani, attorno al Santuario dell'Annunziata, dove, però, prestava servizio, a prova di una derivazione mai smentita, la guardia civica ericina.
Alle '' feste del ritorno " corrispondevano, evidentemente, le " feste della partenza ", ANAGOGHIA, ancora con l'esplicita designazione " dal mare ", il 25 OTTOBRE, un solo giorno di festa come si conveniva alla circostanza, data ugualmente invariata nella trasposizione del culto a Roma.
KATAGOGHIA e ANAGOGHIA, due feste nate dal mito e dall'ambientazione nello spazio storico - geografico in cui si situano le due città, APETIANON ed EPIE, soggette al vincolo rievocato dagli inizi delle due stagioni.
Legame tra le due città che si perpetuò nelle denominazioni più tardive, alcune erudite, altre iconograficamente documentate: " Monte di Trapani ", " Trapani del Monte ", " Porto dell'Eminente '', e perfino in quella normanna " Mons Sancti Juliani ", quando il santo menzionato deteneva a Trapani - e solo parzialmente tuttora - l'intitolazione di chiese e di estensioni all'interno ed all'esterno delle mura cittadine.
Le due feste, rievocate simbolicamente non per un effimero ritorno al passato, possono irradiare i valori naturalistici e quelli dell'amore e della pace: un invito perchè dalle due città se ne propaghi unitariamente il messaggio.''
Al termine della relazione ha fatto seguito una serie di interventi da parte degli ascoltatori ai quali il Prof. Corso ha fornito ulteriori ed esaurienti chiarimenti.
A chiusura della discussione, il Prof. Valenti ha ringraziato l'oratore per l'interessante tema trattato che ha avuto indubbiamente il merito di chiarire l'origine e le date delle feste che nel mese di agosto si svolgono sia a Trapani che ad Erice ed a ricordo della serata gli ha fatto omaggio del testo '' Istoria di Trapani '' del Pugnatore pubblicato a cura di S. Costanza.
L'arrivederci a sabato 27 aprile 2013 per il prossimo incontro in programma nei locali dell'Associazione alle ore 18.00 è stato preceduto da alcune comunicazioni riguardanti:
- la scampagnata che si terrà il 25 aprile all'agriturismo '' Borgo nuovo '' in località Fulgatore
- le eventuali prenotazioni per il 1° maggio il cui pranzo si terrà nel locale '' Baciamu li manu '' di Ummari
- la prenotazione anticipata delle visite che potranno essere effettuate in alcune delle località in cui ci si fermerà nel corso del Tour in Polonia che si terrà dal 21 al 28 maggio p.v..