2013 - 10 - 05 : Prof.ssa Erina Baldassano - Scienziati e politici in visita a Trapani; Prof. Carlo Cataldo - Esposizione Universale del 1892 a Palermo

Sabato 5 ottobre 2013 nella sala delle riunioni dell'Associazione per la Tutela delle Tradizioni Popolari del Trapanese sita in Trapani via Vespri, 32 alle ore 18.30 si sono riuniti i soci per partecipare all'incontro settimanale previsto dal programma del XXVII Corso di cultura per l'anno 2013.
Avrebbe dovuto relazionare il Prof. Giuseppe Di Gesù, ma a causa della sua indisponibilità, è stato recuperato l'incontro previsto dal calendario delle attività per il 18 maggio 2013 ed a suo tempo spostato per analoghi motivi.
Ospiti della serata odierna, quindi, la Prof.ssa Erina Baldassano ed il coniuge Prof. Carlo Cataldo, Presidente onorario dell'Associazione stessa, che hanno intrattenuto i presenti trattando gli stessi temi previsti per l'incontro a suo tempo spostato.
I relatori, assidui, noti ai soci e pluriennali partecipanti alle attività culturali del sodalizio, sono stati accolti dal Presidente, Prof. Salvatore Valenti.
I lavori della serata sono stati aperti da una serie di comunicazioni organizzative e relative alle prossime attività previste in calendario quali:
- l'annullamento della escursione a Palermo prevista per domenica 13 ottobre 2013 per motivi legati alla celebrazione dei culti della giornata festiva nella Cattredale
- lo spostamento delle partenze delle varie escursioni avvenute fino ad ora da Piazza Stazione a Piazza V. Emanuele per l'istituzione del divieto di transito ai pullman nell'ambito della stessa
- la organizzazione dell'escursione di 2 ( due ) giorni a Floresta ( ME ) per la '' Festa delle castagne e delle mele nostrane  '' dal 27 al 28 ottobre 2013.  Per questa attività il Prof. Valenti ha evidenziato la necessità di effettuare la prenotazione al più presto possibile accompagnando la stessa da un congruo anticipo e subordinando la sua realizzazione alla partecipazione di un adeguato e congruo numero di partecipanti, pena il suo annullamento.
Conclusa questa prima parte, il Prof. Valenti ha ceduto la parola ai relatori.
Ha iniziato la sua esposizione la Prof.ssa Baldassano che ha relazionato su di un argomento per il quale ha fatto lunghe ed accurate ricerche essendo poche le notizie in merito recepibili dai documenti ufficiali e dagli archivi.
Si riporta una sintesi di quanto esposto fattaci molto gentilmente pervenire dalla relatrice.

'' Il dodicesimo Congresso nazionale degli scienziati, nel 1875, fu ospitato a Palermo. I lavori, iniziati il 29 agosto, si conclusero il 6 settembre, e vantarono la presenza di esponenti (italiani e stranieri) della cultura e della politica: Michele Amari, Giuseppe Pitrè, Ernest Renan; i ministri Bonghi, Finali, e il presidente del Consiglio Minghetti. Presenziò anche il Principe Umberto, figlio di Vittorio Emanuele II.
Fu un evento importante, che contribuì a promuovere l'“immagine” dell'Isola.
Esso, secondo alcuni, tendeva a compensare la disattenzione dei politici nei confronti del Sud. L'approvazione delle “leggi eccezionali”, nel giugno del '75, aveva provocato l'offesa dei Siciliani, che si erano sentiti tutti trattati da briganti e  mafiosi. E il Governo credette bene di testimoniare la propria vicinanza al popolo siciliano.
Le mostre agrarie, artistiche e industriali, organizzate collateralmente, volevano testimoniare il clima imprenditoriale presente in Sicilia e, soprattutto, lo sviluppo economico, scientifico e morale.
Viste le condizioni delle ferrovie, specie al Sud, i congressisti arrivarono prevalentemente via mare, e gli spostamenti, per escursioni o trasferimenti, si fecero in nave o in carrozza, eccezionalmente a dorso di mulo.
I Congressi ebbero scarsi risultati sul piano scientifico, soprattutto per l'atmosfera gonfia di retorica, priva di contenuto. Il Regolamento, approvato ad apertura dei lavori, fra le varie iniziative e proposte, inserì l'ammissione a pieno titolo, tra i soci, delle donne, fino ad allora accette come “aderenti”. Erano certamente dei provvedimenti volti alla democratizzazione e incentivazione di tale tipo di adunanze, che, a detta di molti, cominciavano a languire. Il congresso di Palermo, pur negli aspetti positivi, ebbe anch'esso scarsi esiti sul piano scientifico. E  per 32 anni non se ne fecero più. Un risvolto culturale si ebbe: la visita ai siti archeologici e alle scuole. Dominò il risvolto festaiolo e godereccio. La sera del 30 agosto, nel palazzo municipale del capoluogo, si svolse il ricevimento ufficiale con più di 600 invitati.
I lavori del Congresso furono conclusi il 6 settembre nel pomeriggio, con la presenza del Principe. Dopo la chiusura dei lavori del Congresso, molti dei congressisti parteciparono a un tour “archeologico”, con sosta nei Comuni che avevano fatto richiesta di ospitarli.   
Gli stessi Comuni, meta delle visite, per rendere più presentabile l'aspetto della città, fecero ripulire edifici storico-artistici e monumenti, e recuperarono fondi da destinare all' organizzazione di ricevimenti, banchetti e feste.
Il 7 settembre, dopo la partenza per Napoli del Principe, alcuni scienziati col ministro Bonghi e il giornalista Simoncini Scaglione partirono per la visita alle antichità della Sicilia occidentale.
Dopo aver fatto colazione, si mossero, verso le 17,00, alla volta di Monreale, e, da qui, per Alcamo, effettuando soste a Borgetto e Partinico.
Il viaggio è estenuante, e sulle carrozze si dormicchia o si conversa: emergono apprezzamenti per le condizioni e la civiltà dell'Isola, e per il bon ton dell'aristocrazia palermitana.
Si arriva ad Alcamo, molto dopo la mezzanotte. Il paese si mostra, in lontananza, con una “fila di lampioncini, che, nell'oscurità, pareva s'inseguissero”...”una luminaria che ora sparisce ed ora si avvicina”.
“Il paese... illuminato splendidamente a festa” può evocare alla memoria del lettore alcamese fiaccolate o falò per la Madonna dell'Alto, la cui festa ricade l'8 settembre. Ma probabilmente le luminarie erano state destinate all'accoglienza degli ospiti, per i quali, come altrove, erano stati predisposti: pernottamento nei palazzi nobiliari della città,ricevimento al Palazzo Comunale e una visita “by night” ai principali monumenti.
Al Palazzo Comunale, “magnificamente addobbato”, gli ospiti vennero ricevuti dal sindaco, il cavaliere Giuseppe Triolo dei Baroni Sant'Anna, dalla Giunta, dal Prefetto, da autorità civili e militari.
l Sindaco fu definito: “una persona ammodo, ...di garbo”. E il giornalista Simoncini scrisse che la rappresentanza municipale di Alcamo faceva “onore a quel paese, della cui civiltà” egli rimase sorpreso. L'osservazione va considerata nell'ottica della “barbarie” attribuita alla Sicilia, per la quale il governo aveva varato i provvedimenti eccezionali.
Di Alcamo, il Renan annotò che “i costumi sono ancora ben conservati” e che il sindaco, “da autentico sceicco”, si era informato sull' estrazione socio-culturale degli ospiti, perché ciascuno fosse trattato secondo il proprio rango. Scrisse che il ricevimento fu calorosissimo: “splendidissimo buffet”, “splendida  cena alla forchetta”, “all'in piè”.
E sia Bonghi che Renan si erano affacciati ripetutamente al balcone del Palazzo comunale per salutare e ringraziare. Tra un argomento e l'altro, si parlò di Ciullo d'Alcamo, la gloria che - ad ogni sia pur piccola occasione – gli alcamesi esibiscono. E il sindaco pregò il Ministro di accettare l'invito a presiedere un Comitato costituendo, per la realizzazione di un monumento al poeta. E il Bonghi accettando versò £300 per avviare la sottoscrizione. “E cominciò d'allora” che Comitato e sottoscrizione, come tante altre volte, finirono in un nulla di fatto.  O, meglio, i soldi finirono da qualche parte.
La “carovana” passò tra due ordinate file di folla e ripartì subito (alle 4,30) per Segesta, dove alle ore 11,00 era stato fissato un banchetto, con brevi conferenze. Renan riferisce che si giudicò “cosa poco savia” andare a letto a quell'ora per ripartire alle 6,00. Così si rinunciò al riposo, e anche alla visita della città: edifici e monumenti ragguardevoli erano stati ripuliti da erbacce e quant'altro.
Il viaggio per Segesta fu effettuato con carrozze, sino a quando la strada rotabile lo consentiva: erano già le 6,00. Tutti furono (verso le 8,30) pronti a ripartire, a dorso di cavalcature (cavalli, asini e muli) fornite dai Comuni viciniori. Ho rilevato con difficoltà qualche notizia su spese sostenute da qualche Comune per animali o altro.
“In mezz'ora di cavallo fummo al tempio dell'antica città”: annotò Renan, aggiungendo che vi incontrarono sindaci dei Comuni viciniori, consiglieri provinciali, prefetto e deputati. E, per vedere il ministro e gli scienziati, la gente era accorsa da Calatafimi e da tutte le località vicine.
Dopo una visita a piedi al teatro, convennero tutti sotto un padiglione addobbato con i tre colori nazionali. Vi era imbandita una lunga mensa, attorno alla quale gli ospiti furono puntualmente serviti. I commensali erano circa una settantina. Alla fine, i più rappresentativi dei convenuti fecero, ciascuno, un breve discorso: il Prefetto di Trapani, il ministro Bonghi, l'onorevole Maurigi, l'onorevole Borruso e il principe di Scalea.
Il Renan brindò: “Io bevo alla salute degli Italiani e dei Siciliani”.
Si parte per Trapani, verso le 15,30. A due miglia dalla città, i convenuti passano su eleganti carrozze mandate dal Comune, per continuare il viaggio, con sosta e visita al Santuario della Madonna (alle 18,00 ca).
Ospitati da distinte famiglie trapanesi, dopo essersi riposati, confluiscono tutti alle 23,00 in Municipio, dove è predisposto un ricevimento.
Dal Convitto provinciale maschile, adibito a cucina, vengono trasportati al Palazzo Comunale: 10 pentoloni; 16 tortiere; 25 zuppiere; un carro di ghiaccio; 100 bottiglie di “sciampagne” (Lo scarafaggio, cit.).
Il ricevimento si protrae fino alle 2,00. Ma già alle 6,00 il Ministro Bonghi, accompagnato dal senatore Fiorelli e da altri, visitò gli Istituti scolastici e culturali in genere, per passare alle 8,00 alla Camera di Commercio. Fu quasi d'obbligo la visita al porto, per farne rilevare il degrado al Ministro Bonghi. Allo stesso era stato richiesto “appoggio...esecuzione ferrovia” della tratta Palermo-Trapani.
Alle 8,30, si riparte, in nave. A Selinunte giungono direttamente nel pomeriggio. Nel piccolo golfo, passando su barche, vengono trasportati a riva, dove sono ricevuti dal sindaco di Castelvetrano, con la Giunta, consiglieri provinciali e comunali, e  con la Commissione di Antichità. La “carovana”, in carrozza, andò a visitare templi e Acropoli. Nella casa Florio, a cura del Municipio, furono offerti abbondanti rinfreschi. Gli ospiti tornarono a riva con le carrozze e a bordo con le barche.
Da Selinunte, sulla nave ”Archimede”, arrivarono a Siracusa, e, dopo una visita ai monumenti, passati in treno a Messina, da dove ripartirono per Napoli.
Le notizie di cronaca e i dispacci telegrafici, inviati dai corrispondenti e pubblicati sui giornali,sottolineano le entusiastiche  accoglienze della gente, all'arrivo e passaggio della carovana.
Tutta la popolazione era stata invitata ad accogliere gli eccezionali ospiti con l'interesse e il rispetto dovuti. Ed Ernest Renan costituì “una sorta di fiore all'occhiello della manifestazione”. Dovunque si inneggiò: “Evviva la scienza!”; “Evviva Renan!”, e, meno frequentemente, “Viva il Ministro!” Persino nelle campagne attraversate si notavano persone acclamanti. Rappresentavano lo stesso popolo che 15 anni prima aveva acclamato Garibaldi e i Mille. Allo stesso modo: sia nelle piazze, sia nelle stradicciuole campestri. Nell'immaginario collettivo, Garibaldi rappresentava il riscatto politico-sociale. Renan il rinnovo religioso, almeno per alcuni; e riceveva “gli omaggi di chi vedeva nei dogmi religiosi le pastoie del progresso e della civiltà”. In verità, anche di quelli che, poco colti, si lasciavano contagiare dall'entusiasmo degli “acculturati”.
 Il tour fu sfibrante. Furono più lunghi i tempi del viaggio, da una località all'altra, che quelli impiegati per le visite o i banchetti. Quando fu possibile, i visitatori dormirono in carrozza.
Oggi, un simile tour non comporterebbe una uguale fatica. Il resto, però, non si allontanerebbe troppo dagli schemi di allora: seguendo la successione temporale delle soste o delle incombenze, si potrebbe parlare di visite “mordi e fuggi”, se non fosse che, in concreto, si risolvevano in “mangia” (anzi, abbùffati) e fuggi. Si rilevano, infatti, pranzi e cene ricche e “splendide”, o “splendidissime”, in ogni località visitata, sia pure per breve tempo. In proposito, il Mortillaro commentò: “scienziati, deputati, giornalisti, se la spassarono in balli, in pranzi, in teatri, in escursioni ... Alla sola Comune di Palermo costarono la ben cospicua somma di 200 mila lire smunte dalle tasche dei cittadini”. Per il banchetto di Trapani, è il giornale Lo scarafaggio a riportare le 6.000 lire “del popolo”.

Allora, come ora, nelle varie località visitate fu interesse di amministratori e popolazione mostrare strutture edilizie o servizi in degrado, ed organizzarvi sopralluoghi. E, allora, come ora, tante cose rimasero per un po' irrisolte. Si ebbe la soddisfazione di avere appreso che i visitatori avevano rilevato la “civiltà” dei Siciliani. ''

Ha fatto seguito poi la relazione del Prof. Cataldo che di seguito si riporta e che dallo stesso ci è stata fatta gentilmente pervenire. 

                                                        L'Esposizione Nazionale di Palermo del 1891-92

''  L'Esposizione Nazionale di Palermo si svolse dal novembre 1891 al maggio 1892. Seguiva a quella di Milano, che si era tenuta nel 1881 e a quella di Torino, tenutasi nel 1884.
 Era la prima Mostra Nazionale che si teneva nel Sud-Italia. Già il sindaco di Palermo, barone Nicolò Turrisi Colonna, nel marzo 1881, aveva ricevuto l'invito a far partecipare la Sicilia all'Esposizione Industriale Italiana di Milano, e in particolare alla Mostra Etnografica. Il sindaco nominò una Commissione: oltre a lui, ne fecero parte l'assessore principe di Scalea, il padre Salvatore Lanza di Trabia (patriota distintosi nei moti del 1848 e del 1860), il conte Lucio Tasca d'Almerita, il prof Antonino Salinas, direttore del Museo Nazionale, il cav. Andrea D'Ondes Reggio, e i medici Salvatore Salomone Marino e Giuseppe Pitrè.
 Pitrè fu l'estensore della relazione che poi, col titolo Costumi ed utensili, inserì nel primo dei quattro volumi degli Usi e costumi, credenze e pregiudizi del popolo siciliano, editi nel 1889. Riferisce il Pitrè che la Commissione curò di proporre e far eseguire qualche costume tradizionale nell'Isola, e di mettere insieme tutti quegli attrezzi ed utensili della vita domestica, acconci a rappresentare le fogge di vestire e le maniere di vivere del popolo siciliano.
 Tra gli oggetti esposti a Milano vi fu il rituale carretto dipinto e gli annessi guarnimenti, nonché lu rituni (con la brusca e la strigghia, la varrilotta, lu tascapani), lu sidduni, lu pitturali e la tistera. Vi fu un esemplare di lettiga caratteristicamente dipinta: un mezzo di trasporto allora in via di scomparsa. Tra i veicoli sull'acqua figurò una barca da pesca, anch'essa dipinta.
 Tra i costumi esposti a Milano, figurarono quelli “festivi” di Piana dei Greci e delle colonie albanesi di Sicilia; i costumi, estivi e invernali, dei massari della Contea di Modica; i costumi del burgisi e della burgisa; i gioielli albanesi in uso, tra cui la spatuzza d'argento, con la quale le donne tenevano le trecce annodate sul capo. Molti furono gli oggetti domestici, quelli in ceroplastica, gli ex-voto, gli attrezzi dei pescatori e dei pastori.
                                                                                                                                   *
 Per l'Esposizione Nazionale di Palermo, fu edito, dallo Stabilimento Tipografico Virzì, di Palermo, un Catalogo illustrato della Mostra Etnografica Siciliana, ordinata da Giuseppe Pitrè, con 100 disegni dell'artista Aleardo Terzi, riprodotti, in zincotipia, dallo Stabilimento Artistico Turati di Milano.
  Pitrè, nell'Avvertenza, premessa al Catalogo, asserisce che la Mostra “comprende parecchie migliaia di oggetti relativi ai costumi ed agli usi del popolo siciliano”. E aggiunge. “Tenuto conto della brevità del tempo, della ristrettezza del padiglione etnografico” - e soprattutto del fatto che alcuni “Comuni dell'Isola avrebbero potuto, e non vollero e non seppero, aiutare la collezione - le varie forme e manifestazioni della vita materiale e morale, pubblica e privata, dei Siciliani vi sono più o meno rappresentate”. Egli evidenzia, particolarmente, “il non scarso materiale delle colonie albanesi, lombarde e gallo-italiche di Sicilia”. Per evitare sommarietà e incertezza interpretative, ha ritenuto necessaria la pubblicazione del Catalogo, con la descrizione e l'uso di molti oggetti e con “i disegni di quelli tra essi che offrano minore agevolezza nel procurarli, maggiore oscurità nel comprendersene il valore e l'ufficio pratico, più viva attrattiva nel vederli”. La classificazione – afferma – “è tale da non scontentare chi cerchi le manifestazioni più importanti e più curiose di questo popolo, il quale, per le dominazioni che ha, non sempre docilmente, sopportate e per molte ragioni etniche […], offre singolare interesse allo storico, siccome presenta gravissime difficoltà all'etnografo che non abbia familiarità con tutto ciò che è siciliano. I nomi caratteristici degli oggetti sono dati nel dialetto comune e nella parlata vernacola, con la spiegazione in italiano e coi nomi degli Espositori”. Ma - chiarisce - “stando a queste indicazioni, sarebbe un errore grossolano il ritenere l'uso di essi limitato esclusivamente ai luoghi indicati nei singoli oggetti”.
                                                                                                         *
 Il Catalogo è suddiviso in 10 sezioni. Vi si annoverano oggetti relativi ad alcuni Comuni del Trapanese.
 Giuseppe Cocchiara, a p. 323 dell'opera Storia degli studi delle tradizioni popolari in Italia, edita a Palermo nel 1947, scrisse: “Nel Catalogo non v'è soltanto una sintesi delle tradizioni popolari siciliane, ma vi sono anche poste le prime basi della museografia etnografica”. Più dettagliatamente, Paolo Toschi, nell'opera Arte popolare italiana, edita a Roma nel 1960, afferma: “In Italia si può datare l'inizio degli studi sulla nostra arte popolare dalla Mostra Etnografica Siciliana, allestita a Palermo da Giuseppe Pitrè nel 1891-92. Il Catalogo ragionato di quella Mostra, col corredo di un centinaio di disegni, offre già un quadro abbastanza preciso delle principali forme dell'arte popolare di una determinata regione”, cioè della Sicilia. ''  
La conclusione delle due relazion è stata seguita da un interessante dibattito cui hanno partecipato molti dei presenti.
Da essa è emerso chiaramente che l'Esposizione Universale del 1892 fu per la Sicilia un evento particolare e sorgente da cui trarre quella energia che ebbe il merito di mettere in moto tutta una serie di avvenimenti che si sarebbero verificati negli anni successivi e che avrebbero profondamente influito sulla società siciliana, senza dimenticare il ruolo trainante che ebbe in quel periodo la Famiglia Florio con le sue variegate attività industriali.

Concluso il dibattito, il Prof. Valenti, a nome dell'Associazione ed a ricordo dell'evento, ha offerto ai relatori una copia del testo '' Istoria di Trapani '' del Pugnatore di recente pubblicato a cura di S. Costanza.

La serata si è chiusa con l'arrivederci a sabato 12 ottobre 2013 alle ore 18.00 nei locali dell'Associazione per il prossimo incontro in programma.

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