2011 - 05 - 14 : Pirandello: il teatro dei Miti - Prof. Salvatore Vecchio


L'incontro odierno è stato postecipato dal giorno 7 maggio a causa dell'anticipo del viaggio in Spagna.


Sabato 14 maggio 2011 alle ore 18.15 nella sala delle riunioni 'Antonio Buscaino ' dell'Associazione per la Tutela delle Tradizioni Popolari del Trapanese sita in via Vespri 32 - Trapani, ha avuto luogo l'incontro con il Prof. Salvatore Vecchio che gentilmente ha spostato l'appuntamento dal giorno 7 ad oggi a causa dell'anticipazione del viaggio che un nutrito gruppo di soci ha effettuato in Spagna.
Il titolo dell'argomento trattato è rimasto lo stesso di quello che precedentemente era stato previsto in calendario. 

Dopo che il Presidente, Prof. Valenti , ha presentato l'oratore, che più volte ha intrattenuto i soci in incontri precedenti, gli ha ceduto la parola.

Si riporta integralamente una sintesi della relazione svolta dal Prof. Salvatore Vecchio e da lui fatta gentilmente pervenire.

' I - Pirandello drammaturgo

I.1 - Teatro come vita.

Il teatro del primo Novecento segna un distacco da quello che aveva dato vita al filone storico, a quello borghese e, in ultimo, a quello verista, il quale si era sviluppato in campo regionale. Pirandello, all'inizio, fa propria certa tematica sia del teatro borghese  che di quello regionale. Egli non rappresenta documenti umani nè ambienti e vita paesani, ma ha di mira l'uomo, lo studia psicologicamente e lo presenta per quello che è.
Pirandello intese il teatro non come imitazione della vita, ma come vita stessa che in esso si rispecchia e ritrova, messa dinanzi agli occhi di tutti, e nella finzione è resa più viva di quella attuale. Convinto di questo, già dalle prime opere, dà risalto alla psicologia dei personaggi e si cala in essi che cercano di imporsi per non soccombere , anche se spesso non ne possono fare a meno.

I.2 - La poetica.

L'umorismo ( 1908 ) è un saggio che racchiude la poetica del Nostro; egli parte dal presupposto che l'arte è un connubio di sentimento e di riflessione. L'artista non dà importanza all'apparenza, mette a nudo la mutevolezza degli uomini, la loro caducità e miseria. Un esempio è quello della vecchietta che s'imbelletta. A vederla ci mettiamo a ridere ( è l'aspetto comico ), perchè avvertiamo qualcosa di diverso e Pirandello lo chiama avvertimento del contrario, poi ce ne rendiamo conto con il subentrare della riflessione, e così passiamo all'aspetto umoristico che consiste nel ' commiserare ridendo o nel ridere commiserando '. Allora ci compenetriamo in essa e la giustifichiamo; ed è quello che Pirandello chiama
sentimento del contrario.

I.3 - La drammaturgia.

Questo modo d'intendere l'arte è alla base della drammaturgia pirandelliana , tutta movimento e scatto, dinamica, suscettibile e aperta ad ogni esigenza, tesa a sottolineare la complessità della natura umana. Un precedente si trova nel teatro futurista.
Nel teatro, la parte non è affidata solo all'attore-personaggio, ma anche all'autore, sempre vigile e presente con suggerimenti e didascalie che diventano l'anima della rappresentazione. Pirandello va oltre: egli rompe le delimitazioni tradizionali tra palcoscenico e platea e utilizza tutti gli spazi del teatro, e questo a partire dal ' teatro nel teatro '. Allora spettatori e critici si trovarono spaesati e ci volle un pò perchè si rendessero conto del modo di pensare e di fare teatro, per cui si parlò di pirandellismo in senso negativo, come qualcosa di cerebrale. E questo giudizio continua ad oscurare la fase restante del suo teatro.

II - Il teatro dei miti.

E' un teatro di ricerca e di scavo. Se si fosse tenuto presente quest'aspetto, forse Pirandello sarebbe stato colto con più disponibilità. Come tutte le cose, le novità stentano ad attecchire ed al Nostro non furono perdonate, così, quando iniziò a portare sulle scene il teatro dei miti, si gridò allo scandalo e quel giudizio negativo tuttora pesa come un macigno.
Pirandello non solo volle rappresentare l'uomo, l'essere e il volere essere, ma seguì un percorso che lo vede inquadrato nell'aspetto sociale ( La nuova colonia, 1926 ), in quello religioso ( Lazzaro, scritto nel 1928 ) e anche in quello dell'arte che tanta parte occupa nella vita di tutti ( I giganti della montagna, iniziato nel 1930/31 e rimasto incompiuto). Insieme a questi miti è da collocare La favola del figlio cambiato, scritta tra il 1930 e 1932, inserita ne I giganti della montagna come dramma da rappresentare.
Come possiamo notare, sono temi di grande spessore sociale, quali la giustizia, la famiglia in crisi, comunque difesa e da tutelare, l'arte che ha forte capacità educativa e critica e potrebbe essere di freno alla vuotaggine imperante. La ricerca di Pirandello aveva l'obiettivo di sollevare l'uomo dalla ' pena di vivere così '.

II.1 - 
La nuova colonia.

E' il primo della trilogia che disorientò i critici. Esso denuncia tanto squilibrio sociale ed auspica una giustizia equa. Lo si nota nelle parole di Currao e in quelle di La Spera, quando dice a Dorò: ' non si nasce cattivi '. La soluzione è creare una società di pari, dove l'uomo può realizzarsi e migliorare. Non è tanto l'utopia ad interessare Pirandello, quanto il bisogno di intervenire e creare quelle premesse che rendono tranquillo l'uomo.
Un tema importante è la maternità, e ad aiutarla è la natura che, come madre di tutti, difende La Spera. La maternità, per Pirandello, ha qualcosa di sacro ed è il filo di tanti lavori e degli altri due miti.

II.2 -
Lazzaro.

Lazzaro è il secondo mito, in cui si dà risalto alla madre che richiama a sè i figli. C'è anche qui uno stretto legame tra l'uomo e Dio che si palesa nella natura e in essa si realizza. Pirandello ritiene di non enfatizzare niente: l'uomo deve vivere bene la sua vita, in buon rapporto con gli altri e nel rispetto della natura. E' il modo migliore per essere se stesso e riconoscersi in Dio che vive ed opera con noi per realizzare il suo regno che ha inizio in terra. Solo così il sacro che è in noi prende forma e si concreta.
Diego La Spina è Lazzaro che prende consapevolezza della propria vita, della vita che vale la pena di vivere nella sua interezza, realizzandola con il lavoro, nel rispetto degli altri, della natura e di Dio che in essi è, si manifesta, si perpetua ed è più vicino che mai.

II.3 - I giganti della montagna.

E' il terzo mito, lasciato incompiuto, non ne conosciamo il perchè, ma certamente contribuirono motivi di ordine pratico, a cominciare della difficoltà di rappresentare e delle ristrettezze economiche , oltre che dello sconforto in cui l'Autore cadde per le incomprensioni e poi per l'amore verso Marta Abba. Una compagnia non può rappresentare la sua pièce teatrale, perchè non c'è un teatro disposto ad accoglierla. Il suo messaggio vuole affermare che l'arte non è tenuta nella dovuta considerazione; nella società predomina il futile e l'insignificante.
Spesso alcuni si avvicinano all'arte per diletto, altri per interesse; sono pochi coloro che la considerano formativa e la promuovono per equilibrare la società che va allo sbando.
Con il mito I giganti della montagna Pirandello ritorna al ' teatro nel teatro ', migliorando la drammatizzazione e la narrazione ruotante attorno ai drammi che integra: quello di Ilse, spinta dalla volontà di rappresentare l'opera, e l'altro della Favola che s'intuisce dalle prove fatte.

III - Conclusione.

A tuttora il teatro dei miti non è molto apprezzato perchè la gente tende al superficiale e trascura ciò che veramente interessa. Pirandello tese al mito e al mondo delle origini come al ritorno ad un'età felice, all'infanzia dell'uomo, ricca di innocenza. Questi miti, e anche la Favola, sono sospesi fra la realtà e il sogno. C'è molta idealizzazione, molta utopia che, se non sono campo della realtà, fanno parte integrante della vita. Ma Pirandello non fu compreso. E' la sorte dei grandi; così fu anche Ionesco: del primo si parla di teatro del grottesco, dell'altro di assurdo, ma non si è nè nell'uno nè nell'altro, ma nel variegato mondo della vita che non è accettato.
A nostro parere non c'è discontinuità col teatro precedente, ma un' evoluzione, dovuta ai cambiamenti politico-sociali in corso in Italia. Pirandello continuò la sua ricerca che è anche idealità, bisogno del sogno. Così è anche la drammaturgia: tanto movimento, continuo cambio di scena, eventi che si accavallano, palco dilatato, dove contemporaneamente si svolgono altre scene. Pirandello con questi miti non ha rinunciato al teatro precedente , semmai ne ha allargato gli orizzonti, non rinnegando il suo modo di pensare, nè venendo meno alla sua coerenza d'uomo e di drammaturgo.
La decomposizione dell'io, il suo smantellamento, mettono a nudo l'uomo, ma non lo rendono responsabile del suo ' vivere in pena '. Il male è dovuto alla società istituzionalizzata e ingiusta che si accanisce sul singolo e lo soggioga.
Anche nel teatro dei miti niente è dovuto al caso. Tutto è affidato alle esigenze dell'Autore che offre materia di riflessione e coinvolge gli spettatori, e quella che fu una sua ricerca, nel giro di qualche decennio diventò acquisizione del teatro mondiale. ' 
  
Al termine dell'esposizione è seguito un ampio dibattito  al quale hanno preso parte molti dei presenti. Ad essi ed agli altri partecipanti all'incontro l'oratore ha fornito ulteriori chiarimenti e precisazioni.

Concluso il dibattito, il Presidente ha  omaggiato l'ospite del testo ' Storia di Trapani ' di Mario Serraino.

L'incontro si è concluso con le fotografie di rito. Hanno fatto seguito alcuni avvisi di tipo organizzativo e l'arrivederci a sabato 21 maggio 2011 per il prossimo incontro previsto dal calendario.

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