2019 - 05 - 11: Dott. Elio D'Amico - L'occupazione piemontese del Regno delle Due Sicilie

Sabato 11 maggio 2019 alle ore 18.20 nella sala delle conferenze dell'Associazione per la Tutela delle Tradizioni Popolari del Trapanese sita in Trapani Via Vespri, 32, come di consueto si è tenuto il settimanale incontro previsto dal programma del XXXIII Corso di cultura per l'anno 2019.

Relatore ed ospite della serata il Dott. Elio D'Amico, scrittore, regista ed uomo di cultura, che da molti anni partecipa alle attività culturali del sodalizio e che il Presidente, Prof. Valenti ed ipresenti, hanno accolto con la consuetà cordialità e simpatia.














Il tema della serata, non è stato a suo tempo casualmente  prescelto, in quanto l'11 maggio 2019 coincide con il 153° anniversario dello sbarco di Garibaldi a Marsala che molte conseguenze, talune delle quali molto negative, peraltro taciute e non evidenziate per moltissimi anni, dalla storiografia legata ai vincitori sabaudi, ebbero e continuano ad avere fino ai nostri giorni sulla Sicilia e che solo di recente comincia ad essere rivalutata e rivista sotto un punto diverso da quello fino ad oggi adottato.


Il tema della serata ha avuto quindi lo scopo dichiarato di proporre profonde riflessioni in riferimento a quel periodo storico da cui ogni ascoltatore può tarre le proprie  considerazioni confrontandole con quanto fino ad oggi riportato dai libri di storia e dalla relativa storiografia.

La parola è quindi passata al Dott. Elio D'Amico il cui intervento integralmente di seguito si riporta in quanto gentilmente reso disponibile in tutte le sue parti.

'' "Histaria magistra vitae" diceva Tacito: la storia è Maestra di vita; e certamente non sbagliava.

La storia, come diceva un altro grande del passato — Giovambattista Vico — è un continuo ripetersi, i suoi famosi "corsi e ricorsi storici" dimostrano come ciò che storicamente è avvenuto, si è ripetuto in occasioni successive, quindi conoscere la storia nel suo sviluppo cronologico aiuta sicuramente a comprendere ciò che sta accadendo nel mondo contemporaneo e magari ciò che un giorno accadrà

Quindi conoscere e comprendere la storia è indispensabile per comprendere il presente, la società contemporanea e possibilmente, anche, dove andremo a fmire.

Ma la storia non è una scienza esatta e come tutte le scienze umanistiche, bisogna interpretarla; ma se la storia dell'arte, o la filosofia, o la letteratura rispondono a dei parametri fissi di valutazione ormai standardizzati; cosi non è per la storia, la cui valutazione può essere condizionata
dalle proprie opinioni politiche o economiche.

E poi non dobbiamo dimenticare che la storia che arriva a noi è sempre quella scritta dai vincitori: probabilmente non avremmo il "De bello gallico" se Cesare fosse staio sconfitto da Asterix ed Obelix; solo il tempo, allontanando la storia dalle nostre opinioni personali, ci può fornire un'interpretazione obiettiva e raccontare come si sono svolti realmente i fatti.
Quando mia figlia andava al Liceo e studiava gli avvenimenti che portarono all'Unità d'Italia, io la invitavo a chiudere il libro perché glieli raccontavo io i veri avvenimenti storici. con la raccomandazione di attenersi, nell'interrogazione, ai fatti narrati dal suo libro di testo, se non voleva avere un bel 2 sul registro.

Perché l'Unità d'Italia, i plebisciti di annessione, i moti carbonari, la spedizione dei Mille, sono tra le pagine più taroccate della nostra recente storia nazionale; soltanto da qualche decennio è iniziato un processo di revisione storica, ma sui libri di testo Vittorio Emanuele II, il Conte
Camillo Benso di Cavour, i fratelli Bandiera, Giuseppe Garibaldi
sono ancora descritti come eroici Padri della Patria.

Tra questi temi, l'argomento che più tocca da vicino noi Siciliani è certamente la Spedizione dei Mille, che sancì la scomparsa del Regno delle Due Sicilie e l'annessione del Meridione d'Italia al futuro Regno d'Italia: una spedizione che i libri di testo descrivono ancora come un atto di
liberazione del Sud depresso
per la realizzazione di una Unità d'Italia tanto sospirata dai Meridionali, e che invece non è stato altro che un atto di conquista coloniale nei confronti del terzo stato più ricco d'Europa, dopo Francia e Inghilterra, e sicuramente il più florido dell'intera penisola italiana.














Di fatto il Regno Sabaudo viene a conquistare e civilizzare uno stato che era decenni avanti per civiltà, industria e ricchezza.

Il Regno della Due Sicilie deteneva numerosi record in campo europeo e nazionale: quello più noto sicuramente è la prima ferrovia italiana.

La Napoli / Portici — linea a doppio binario — viene inaugurata nel 1839 e prevede uno sviluppo che la porterà entro il 1844 fino alla Calabria, per poi iniziare la tratta che unirà il Mar Tirreno con il Mare Adriatico; i vagoni sono stati costruiti a Napoli, mentre le prime locomotive sono importate dall'Inghilterra.

Ma ben presto le Ferrovie del Regno iniziano la produzione anche delle locomotive negli stabilimenti di Pietrarsa, che occupava ben 1.200 lavoratori, - la Ansaldo di Genova ne occupava 400 e la FIAT ancora non esisteva - leader europeo uel suo settore, esportando locomotive iu tutta Europa; riceveranno la visita di Papa Pio IX e dello Zar Nicola II che richiederà tutti i piani di lavoro per costruire uno stabilimento uguale in Russia; anche il Piemonte comprerà le sue prime locomotive dallo stabilimento di Pietrarsa quando, nel 1848, inaugurerà la sua prima linea ferroviaria.

Segno di grande civiltà, era previsto il biglietto ridotto per i militari di truppa e le classi meno abbienti.

Quando arriva Garibaldi a civilizzarci, la rete del Regno delle Due Sicilie conterà una rete di 124 Km. in esercizio e altri 132 Km, in costruzione, compresa la linea Catania / Palermo e la Girgenti / Palermo; insediandosi a Napoli nel 1860, Garibaldi, con atto unilaterale, toglierà l'affidamento delle linee meridionali alle ditte del territorio, per affidarle alla ditta Adami-Lemmi di Livorno.

In Calabria le acciaierie di Mongiana, con due altiforni per la ghisa, due forni Wilkinson per il ferro e sei raffinerie, dava lavoro a 2.500 operai, mentre l'industria della seta occupava oltre 3.000 persone.

Nei cantieri navali di Castellammare di Stabia, i più moderni d'Italia, con 1.800 dipendenti— quelli dell'Arsenale di Napoli ne occupavano altri 1.600 — viene costruita la prima nave a vapore d'Europa, la Real Ferdinando, 4 anni prima che una analoga venisse costruita in Inghilterra, nonché la prima nave a elica e la prima nave in ferro d'Italia; nell'esportazione dello zolfo ia Sicilia era la prima d'Euiopa, cosi come primeggiava nell'industria chimica; l'agricoltura della Puglia era la più meccanizzata d'Europa ed erano famose le cartiere d'Abruzzo; per non parlare del settore della lavorazione delle pelli, che ogni anno esportava 700.000 paia di guanti, ed il settore alimentare con oltre 300 pastifici; a Catania e a Palermo fioriva l'industria della seta; la flotta mercantile dei Florio gareggiava con tutte le marinerie d'Euiopa, la prima in Italia e ia terza in Europa.

Finanziariamente ii Regno delle due Sicilie nel 1958 aveva un debito pubblico di 5 milioni di lire, mentre quello piemontese assommava a 58 milioni di lire; il tesoro ammontava a 443 milioni di lire oro, conservato nelle casse del Banco di Napoli e del Banco di Sicilia, mentre quello dei resto d'Italia messo assieme ammontava a 668 milioni, dopo l'unificazione fu trasferito per intero a Torino, assieme al patrimonio personale dei Borbone e mai più restituito ai Sud venne lasciato un debito di 127milioni prodotto da Garibaldi nei 4 mesi di dittatura, a cui si aggiunsero le spese richieste per i danni di guerra per la "liberazione" per un totale di 182milioni di lire.

Il Regno napoletano vantava il minor numero di tasse d'Italia — solo 5 — reso possibile anche da una drastica riduzione delle spese di Corte, mentre con l'Unità d'Italia ne vennero introdotte altre 36, aumentando la pressione fiscale dell'87%, con un incremento del costo della vita del 40%, mentre i salari perdevano il 15% del potere d'acquisto; in pochi anni il reddito pro capite, che era tra i più alti d'Italia divenne la metà di quello dei resto d'Italia, dando ii via al fenomeno dell'emigrazione, fino ad allora totalmente sconosciuto nei Meridione: nel Sud gli occupati nell'industria rappresentavano il 41%, mentre nel Nord-Ovest erano il 30%, nel Nord-Est il 15'/o e nel centro il 14%.

Culturalmente ii Sud aveva il maggior numero di teatri e di conservatori musicali d'Italia, nonchè il più alto numero di libri e riviste stampate e di tipografie, altro che analfabetismo I Vogliamo alcuni dei primati del Rqgno delle Due Sicilie:

- prima cattedra d'astronomia in Italia;
primo teatro d'opera al mondo (il San Carlo) con la prima scuola di ballo in Italia;
- p
rima cattedra di economia al mpndo;-primo cimitero italiano per poveri;
primo intervento in Italia di profilassi antitubercolare, primo ospedale psichiatrico e primo istituto italiano per sordomuti;
prima assegnazione di case popolari e prima assistenza sanitaria gratuita in Italia;
primo museo mineralogico, primo orto botanico e primo osservatorio astronomico in Italia; primo ponte sospeso in ferro in Europa;
Napoli fu la prima città italiana ad essere illuminata a gas di notte, terza in Europa dopo Parigi e Londra, e primo esperintento di illuminazione elettrica a Capodimonte;
primo centro sismologico in, Italia, primo osservatorio meteorologico, primo telegrafo elettrico
primo sismografo elettrico nel mondo;
primo tra gli stati italiani per numero di orfanotrofi, ospizi, collegi e strutture di assistenza e formazione, con la più bassa mortalità infantile d'Italia e la più alta percentuale di medici per abitanti.
Napoli ebbe il primo piano regolatore d'Italia e il primo Corpo dei Pompieri.

Risulta chiaro, quindi, come il Regno delle due Sicilie fosse lo stato più all'avanguardia dell'intera penisola italiana, ed uno degli stati più ricchi e moderni d'Europa; per cui, quando il Conte di Cavour pensò di risanare le deficitarie casse piemontesi, penso bene di attipgere a quelle floride del Sud Italia; iniziò quindi una politica di pubbliche relazioni con gli altri stati europei che potessero appoggiare la politica espansionistica di Torino.

Altra manovra fu quella di cercare di descrivere dl Regno delle Due Sicilie come uno stato povero, barbaro ed ignorante; in questo trovò il pieno appoggio dell'Inghilterra che in tutto il regno, ma soprattutto in Sicilia, aveva una posizione economica di privilegio che con la nuova politica di Ferdinando II comunciava a vacillaree che invece avrebbe riaffermato se fossero arrivati i Piemontesi.

La Sicilia era infatti la maggiore esportatrice di zolfo d''Europa, e l'Inghilterra si era ssicurata il monopolio dell'estrazione a prezzi bassissimi; Ferdinando II voleva togliere questo monopolio e decise di concedere l'estrazione a un'azienda francese che offriva un prezzo più che doppio di quello degli Inglesi, Cavour invece promise la continuazione del monopolio inglese, Lord Palmerton, il Primo Ministro Britannico, mandò una flotta militare davanti il Golfo di Napoli, minacciando di bombardare la città, e Ferdinando rispose mobilitando flotta ed esercito; la guerra fu scongiurata solo con l'intervento pacificatore di Luigi Filippo, Re di Francia. 

Fece il giro delle Corti europee il rapporto di Lord Gladstone che defini il Regno delle Due Sicilie "negazione di Dio" con riferimento soprattutto alla situazione delle car:ceri del Regno, per lui le peggiori d'Europa; solo che qualche anno dopo ammetterà candidamente di non avere mai visto
niente personalmente e che si era fidato dei "si dice" che giravano.

La popolazione stava bene sotto i Borbone, tanto che due spedizioni, sbarcate in Calabria per liberarli — quella di Carlo Pisacane e quella dei fratelli Bandiera — finirono miseramente per mano degli stessi contadini.

Dopo avere lavorato in questa direzione, con l'appoggio dell'Inghilterra, Cavour preparò la famosa Spedizione dei Mille, che la storia racconta si svolse in gran segreto, mentre in realtà ne erano a conoscenza tutte le Corti europee, nonché gli stessi ufficiali borbonici, da tempo corrotti dal
denaro inglese, l'unico a non saperne niente era solo Ferdinando di Borbone che, tra l'altro, era imparentato con la Casa Savoia, di cui si fidava ciecamente.

Intanto, chi era Giuseppe Garibaldi?

Tutti gli storici, da Denis Mack Smith a Indro Montanelli, concordano nel definirlo uomo rozzo e incolto, privo di qualsiasi senso politico, e su questo è d' accordo perfino il suo grande amico Giuseppe Mazzini.

Fin da giovauissimo il suo carattere rissoso ed irascibile lo portò in giro per il mondo in cerca dell'avventura: fu pirata nel Mediterraneo agli ordini del Bey di Tunisi Hussein, poi fu combattente in Brasile, Argentina, Uruguay senza mai chiedersi se combatteva realmente per una giusta causa, dove i suoi volontari sopravvivevano grazie alle razzie nei villaggi assaliti; li fini in galera e gli venne tagliato l'oreccio, pena prevista per il reato di furto di bestiame, e li incontrò Anita, una meticcia bassa e brutta, analfabeta, moglie di un bovaro che lo segui nelle sue avventure.














I Re non lo amarono
mai, per il suo carattere irrequieto e voltagabbana; per lui contava solo il combattimento, indifferentemente sui campi di battaglia, contro gli amici del giorno prima, o sotto le lenzuola, anche con le mogli dei suoi migliori amici, disseminò morti e corna in tutto il mondo, per finire lui stesso cornuto quando fu convinto di avere trovata la sua donna perfetta— Giuseppina Raimondi — e la sposò.

I 1056 uomini che il 5 maggio 1860 si imbarcarono a Quarto comprendevano 150 avvocati, 100 medici, 20 farmacisti, 50 ingegneri, 60 definiti "possidenti", 5 tra preti o ex, preti, e poi prestigiatori, sacrestani, girovaghi, scultori; alcuni avevano meno di 16 anni; quasi nessuno aveva esperienza di guerra.

La storia racconta che le due navi Piemonte e Lombardo furono cedute a gratis dalla Compagnia Rubattino. purché si fingesse un atto di pirateria. in realtà le navi erano state regolarmente acquistate dal Governo Piemontese con atto del notaio Gioacchino Vincenzo Baldioli.

l giornali dapprima finsero d'ignorare l'impresa, ma poi cominciarono a dettagliarla giorno per giorno, sollecitando generose offerte per il suo finanziamento: non avevano armi, non avevano cartine topografiche della Sicilia, nessuno sapeva esattamente cosa andavano a fare se non un generico "liberare la Sicilia"; ma essi non sapevano che non avrebbero problemi a conquistare il Regno delle due Sicilie, perché cosi era stato deciso a tavolino dal Regno Sabaudo, ma soprattutto da quello inglese: una banda raccogliticcia di 1 000 uomini male armati non-avrebhe mai potuto battere sul campo un esercito di 100.000 uomini bene armati e bene addestrati; infatti l'esercito borbonico si ritirò senza mai combattere con perdite assolutarnente ridicole, battuto nou dalle armi ma dal denaro.

Oltre all'oro, era stato garantito agli Ufficiali traditori l'entrata nell'esercito del nuovo stato, conservando il grado e lo stipendio; e furono 2.300 gli Ufficiali che passarono al soldo dei Savoia senza colpo ferire; i soldi provenivano dalle raccolte fatte dlle Logge Massoniche inglesi, tre milioni di franchi francesi, convertiti in un milione di piastre turche, che era la moneta utilizzata nel Mediterraneo per gli affari in nero.

La flotta garibaldina, nel suo tragitto verso Marsala, non incontrò mai una nave borbonica, e quando giunse nel porto lilibetano, per l'inesperienza dei marinai in camicia rossa, solo il Piemonte riusci a centrare l'entrata del porto, mentre il Lombardo si arenò su un banco di sabbia; la flotta borbonica, che doveva giungere a Marsala a sbarco avvenuto, invece arrivò in anticipo, assistendo senza far nulla al naufragio del Lombardo.

La scelta di Marsala non era stata casuale la città, infatti, era quasi una colonia britannica, con la presenza addirittura di un Console; non a caso davanti al suo porto erano state mandate due navi da guerra inglesi — l'Argus e l'Intrepid — affinchè con la loro presenza giustificassero la mancata difesa delle truppe borboniche.

A Calatafimi i Garibaldini erano ai piedi di una collina di 9 terrazzamenti, mentre i 4.000 Borbonici erano in cima, armati di cannoni, al comando del Generale Francesco Landi; le camicie rosse si lanciarono all'attacco senza alcun piano di battaglia, e grande fu la loro meraviglia quando, arrivati in cima spossati, invece di vedersi falcidiati dalle armi nemiche, trovarono che i Borbonici si erano ritirati senza sparare un colpo, sembra che il Generale Landi abbia incassato 14.000 ducati d'oro, i cui titoli di credito, poi, risultarono falsi: in cambio i suoi 5 figli divennero Ufflciali Superiori nell'esercito dei Savoia.

A questo punto anche i Siciliani capirono che i giochi erano già fatti: fu un gioco per i malavitosi aggregarsi ai vincitori; da Erice, da Mazara, da Castelvetrano arrivano centinaia di picciotti, e soprattutto munizioni, viveri e migliaia di lire, quasi tutti di provenienza inglese o massonica; Garibaldi entrò a Palermo in una città già liberata e pacificata dai picciotti

In tutta la Sicilia i Borbonici si ritiravano senza sparare un colpo e la flotta militare non riusciva a centrare un tiro i gli stessi soldati, all'ordine di ritirarsi senza combattere, si ribellavano contro i propri Ufliciali, ma venivano fucilati sul posto; arrivato a Palermo, Garibaldi per prima cosa si impossessò dell'oro contenuto nei caveau del Banco di Sicilia, che proprio in quel periodo stava rinforzando il pavimento, che stava per cedere sotto il peso dei numerosissimi lingotti d'oro, di quel tesoro non si seppe più nulla: di certo, a conquista terminata, il tesoriere della spedizione, lo scrittore Ippolito Nievo, nel viaggio via mare per portare i libri contabili a Torino, spari misteriosamente con tutta la nave e con tutti i libri contabili

La stessa storia avviene in Calabria e in Campania.

Vittorio Emanuele II scende precipitosamente nel Sud per evitare che Garibaldi faccia qualche colpo di testa; al suo passaggio, gli altri stati italiani chiedono l'annessione al Piemonte, ma a Vittorio Emanuele interessa solo irapossèssarsi del ricco Sud.

A Teano Vittorio Emanuele,e Garibaldi nemmeno si parlano: si salutano stando a cavallo, e dopo qualche centinaio di metri percorsi assieme, se ne vanno per strade diverse con i propri soldati; appena giunto a Napoli, il Re spoglia il Dittatore di tutti i suoi poteri.

Inizia la spogliazione del Sud: i soldi dell'erario, delle banche e quelli personali dei Reali Borbone vengono inviati al nord e non se ne saprà più nulla; tutte le industrie vengono smantellate per non fare concorrenza a quelle del Nord, e i terreni venduti per un tozzo di pane agli Ufficiali piemontesi o ai mafiosi che li avevano appoggiati nella conquista; i contadini, che speravano in una redistribuzione delle terre, vengono barbaramente massacrati: il più famigerato eccidio è quello di Bronte, comandato dal valoroso Generale Nino Bixio; i soldati dell'esercito borbonico vengono fatti prigionieri e inviati in provincia di Cuneo, in baite in alta montagna, senza riscaldamenti e senza vetri alle finestre, dei veri e propri campi di concentramento, di cui la stessa Francia inorridirà: il fine è quello di farli morire tutti, e ci riusciranno benissimo; nasce la rivolta filo borbonica, ma i combattenti vengono qualificati come briganti e combattuti dai Regi Carabinieri-

Cosi si è smantellata la ricchezza del Sud, impoverendolo e portandolo ad un livello di arretratezza, investendo solo nel Nord i soldi del ricco Sud.
Finalmente, dopo 150 anni la verità storica sta emergendo e nessuno più parla di liberazione del Sud, ma di una vera e propria annessione coloniale.
Lo
ha dimostrato lo stesso Re Vittorio Emanuele II: nel 1816, quando venne unificato il Regno di Napoli e quello di Sicilia, dando vita al Regno delle due Sicilie, Ferdinando di Borbone, che regnava in entrambi i territori, correttamente abbandonò i rispettivi titoli di Ferdinando IV di Napoli e Ferdinando III di Sicilia, assumendo il titolo di Ferdinando I delle due Sicilie; invece quando Vittorio Emanuele divenne Re del nuovo Regno d'italia, mantenne il titolo di Vittorio Emanuele II, titolo che era stato del Regno di Sardegna e non del Regno d'Italia, in cui non c'era mai stato un Re Vittorio Emanuele I: rimase, in pratica, il Re del Piemonte che formalmente aveva militarmente conquistato il resto d'Italia.''.

Alla fine dell'esposizione del Dott. D'Amico è seguito un breve ma intenso dibattito nel corso del quale molti sono stati gli nterventi e le considerazioni espresse dai presenti.














Il Prof. Valenti, chiudendo la serata, ha ringraziato il Dott. D'Amico per l'iteressante tema tratttato ed a ricordo della serta gli ha fatto dono del libro di S. Costanza '' La libertà e la roba - L'età del Risorgimento ''.

Sono seguiti i saluti di arrivederci a sabato 18 maggio 2019 alle ore 18.00 nei locali dell'Asssociazione per il prossimo incontro previsto dal programma delle attività del XXXIII Corso di cultura per l'anno 2019. 
 

 

 

 

Switch to Day Switch to Night