2013 - 02 - 16 : Prof. Roberto Calia - Devozione, pani e simboli nella festa di San Giuseppe in Sicilia
Sabato 16 febbraio 2013 alle ore 18.30 nella sala delle riunioni '' Antonio Buscaino '' dell'Associazione per la Tutela delle Tradizioni Popolari del Trapanese sita in Trapani via Vespri 32 un gruppo molto numeroso di soci si è ritrovato per partecipare al settimanale incontro previsto dal programma del XXVII Corso di cultura.
Il relatore della serata, Prof. Roberto Calia, è stato cordialmente accolto dal Prof. Valenti e dai soci presenti che gli hanno manifestato il piacere di averlo di nuovo tra di loro.
Aperto l'incontro il Prof. Valenti ha brevemente presentato l'ospite sottolineando che la sua partecipazione alle attività dell'Associazione è ormai più che decennale. Successivamente, dopo una breve introduzione sul tema della serata, gli ha ceduto la parola.
Il Prof. Calia è Direttore della Biblioteca Comunale di Alcamo, è autore di molte pubblicazioni di carattere storico ed è studioso di tradizioni popolari siciliane.
Egli ha aperto la sua relazione ringraziando il Presidente e l'Associazione per averlo ancora una volta invitato ed ha espresso il piacere di essere ancora una volta presente perchè ritiene che le attività svolte dal sodalizio contribuiscono in maniera significativa a mantenere vive le tradizioni popolari non limitandole solo a livello locale.
Il tema odierno, anche se già trattato in passato da altri relatori, è stato scelto sia in relazione all'approssimarsi della festività di S. Giuseppe sia perchè offre la possibilità di poter mettere in evidenza alcuni aspetti particolari delle sua storia, della sua iconografia, della devozione che i fedeli esprimono verso il Santo, della tradizione degli altari, dei pani con i quali essi vengono addobbati e dei simboli che essi rappresentano.
Si riporta di seguito una breve sintesi liberamente tratta da quanto esposto nel corso dell'incontro.
La tradizionale e si può dire plurisecolare devozione a S. Giuseppe è sentita in molti dei Comuni di tutta la Sicilia, sia occidentale che orientale, e laddove fosse opportunamente coordinata ed inserita in un percorso turistico regionale potrebbe assumere anche notorietà nazionale con uno sviluppo che potrebbe anche riguardare l'economia culturale e turistica di tutta la Regione.
Ogni festa, pur eguale nelle sue radici, è diversa da paese a paese e per uno stesso paese quella di un anno è ancora diversa da quella dell'anno precedente e da quella che si terrà nell'anno seguente subendo così un rinnovamento continuo che spinge i fedeli che le organizzano e che preparano i pani a misurarsi in continuazione nel creare nuove forme e nuovi decori esaltando in tal modo la loro creatività artistica e produttività.
La devozione al Santo trova riscontro nel nome dato a tanti bambini all'atto del battesimo mentre nelle celebrazioni annuali al rituale cattolico si unisce la tradizione che avendo profonde radici nelle diverse civiltà che hanno dominato la Sicilia consente la loro continua perpetuazione.
Diverse sono le ipotesi sull'origine di tale festa. Originariamente pagana e legata ai riti campestri ed all'attività pastorale con essa si celebrava nelle varie epoche e di secolo in secolo il ritorno alla fertilità della terra con il suo risveglio primaverile, non a caso il 19 marzo di ogni anno precede di qualche giorno l'inizio della primavere fissato al 21 dello stesso mese con l'omonimo equinozio, e tale festa, particolarmente sentita dagli uomini perchè legata al loro sostentamento, si esprimeva con l'allestimento di altari votivi per ringraziare le divinità della loro benevolenza.
Come avvenuto per molte altre feste, la Chiesa, nel tentativo di far dimenticare tale rito inizialmente pagano, ha elevato San Giuseppe, per le sue peculiari caratteristiche, prima a Santo dei lavoratori e poi a protettore della famiglia introducendo la sua festa in cui elemento centrale della celebrazione è il pane sotto i suoi diversi aspetti e significati.
Tuttavia nel corpo della odierna festività devono essere distinti due aspetti: quello legato alla preparazione dei pani con i quali saranno successivamente addobbati gli altari realizzati talvolta da più di una famiglia del paese e quello relativo '' all'ammitu di S. Giuseppe ''.
La preparazione dei pani iniziava per tempo rispetto alla data del 19 marzo. Le donne, a forza di braccia, impastavano la farina con cui successivamente venivano realizzati i pani di S. Giuseppe che, come già detto, avrebbero addobbato gli altari preparati all'interno dei palchi e che sarebbero poi stati offerti in ricordo alla popolazione ed ai visitatori.
Ai pani vengono date diverse forme. Ci sono i '' Pani dei Santi ''di forma rotonda, di peso notevole e con i loro segni caratteristici distintivi, i '' Pani da mensa '' ed i pani di piccole dimensioni, la maggior parte di essi, che venivano realizzati a rilievo intagliando l'impasto del pane con forbicine, ditali, pettini , aghi, ecc. cioè con oggetti che venivano correntemente utilizzate nella vita domestica. Dalle abili mani delle donne uscivano delle vere e proprie opere d'arte rappresentanti fiori, germogli, frutti, uccelli, animali, farfalle, panieri ripieni di frutta, colombe, galli, pesciolini, cavallucci marini, margherite, gigli, rose e non mancavano nemmeno le forme che ricordavano l'infanzia, la passione di Gesù o la professione esercitata da S. Giuseppe.
Successivamente alla loro realizzazione i pani poi venivano cotti al forno per essere utilizzati nell'addobbo dell'impalcatura dell'altare che veniva realizzato in una delle stanze più grandi della casa e che assumeva figurativamente la forma di una chiesa.
Un ordine particolare veniva seguito nell'addobbo e nella predisposizione dei pani sui vari livelli dell'altare avendo alcuni di essi un profondo significato simbolico ed al centro ed in alto non mancava mai un quadro rappresentante le figure di Gesù, Maria e Giuseppe.
Davanti l'altare veniva poi posto su di un ricco tappeto un piccolo tavolo per la cena dei '' Santi '' su cui era posata una tovaglia bianca piegata a forma di M ( Maria ), una brocca piena d'acqua e vari vasi di fiori per abbellimento.
Lateralmente venivano poi disposti altri due tavoli su cui trovavano posto altre piccole forme di pane, fiori, bottiglie di vino e piatti di frumento germogliato al buio il cui significato era la rinascita alla vita e l'abbondanza.
Per quanto riguarda l'altro aspetto della festa '' L'invito di S. Giuseppe '' la ragione che si trova alla base di questo atto è in genere il ringraziamento per una grazia ricevuta o richiesta. Esso consiste nell'invitare per un pranzo o una cena la Sacra Famiglia. La cena sarà poi preparata a spese proprie o se chi fa la promessa non è in buone condizioni economiche con quanto ricavato da una questua di casa in casa iniziata subito dopo Natale nel corso della quale veniva specificato il motivo della raccolta.
Il pranzo o la cena veniva poi realizzata a casa di chi aveva fatto la raccolta in seguito all'allestimento dell'altare oppure come avviene oggi con una apposita cerimonia separata e distinta tenuta in una piazza del paese ed alla quale assiste un pubblico composto dai locali ma anche da persone confluite dal territorio vicinale.
Gesù, Maria e Giuseppe sono impersonate da persone non agiate del luogo e l'invito, nel suo complesso, segue un certo rituale che può variare anche da paese a paese.
La cena od il pranzo deve essere costituito da non meno di 19 e non più di 101 pietanze preparate con perizia ed amore e con i prodotti del periodo raccolti dalla terra: verdure, cereali, cavolfiori, patate, asparagi, carciofi, legumi, finocchi. Ad essi si aggiungono anche piatti a base di pesce ma non di carne cadendo il 19 marzo in genere in periodo di quaresima. Il tutto è seguito ancora da frutta secca, dolci, formaggi, ecc..
I commensali non devono toccare il cibo ed è per questo che vengono imboccati dagli addetti. Ogni portata è preceduta dalla sua annunziazione e dalla recita di litanie e preghiere particolariche vengono recitate per l'occasione.
Ciò che poi rimane viene distribuito ai presenti o agli indigenti che ne avessero bisogno.
Altri eventi precedevano, accompagnavano e seguivano la festa, ma di essi oggi per vari motivi si sta perdendo la memoria.
Nei paesi in cui la festa viene ancora realizzata essa può essere considerata un evento che, anche se temporaneamente, rafforza le intese e le conoscenze fra chi vi partecipa e l'organizza e ciò anche se il mondo all'esterno continua a girare imperturbabile ed il tempo inesorabilmente a trascorrere portando via con sè tradizioni che prima o poi sono destinate a scomparire e delle quali rimarranno solo labili ricordi anche se trasformati o modificati dall'evolversi della umana civiltà.
La relazione è stata seguita con interesse ed attenzione dagli ascoltatori ed al suo termine hanno fatto seguito molti interventi da parte dei presenti che hanno posto quesiti, richiesto chiarimenti o apportato alla discussione esperienze anche personali.
Al termine della discussione il Prof. Calia ha offerto all'Associazione il volume '' Dalle Crociate all'Ordine Equestre del Santo Sepolcro in Sicilia '' di cui è l'autore; il prof. Valenti, a nome dell'Associazione ed a ricordo della serata ha contraccambiato con il testo '' Istoria di Trapani '' di Giovan Francesco Pugnatore.
La serata si è quindi conclusa con l'arrivederci a sabato 23 febbraio 2013 alle ore 18.00 nella sede dell'Associazione per il prossimo incontro in programma.