2014 - 01 - 25: Dott. Mimmo Macaluso - L'isola Ferdinandea

Sabato 25 gennaio 2014 alle ore 18.20 nella sala delle riunioni dell'Associazione per la Tutela delle Tradizioni Popolari del Trapanese sita in Trapani via Vespri 32 si è tenuto il tradizionale e settimanale incontro presviso dal programma del XXVIII Corso di cultura per l'anno 2014 a cui hanno preso parte un numeroso gruppo di soci e simpatizzanti. 
Il relatore, Dott. Domenico Macaluso, è stato accolto dal Presidente  e dai presenti con calore e simpatia memori della relazione dello scorso anno che verteva sulla storia del piroscafo '' Lombardo '' che insieme al '' Piemonte '' fu utilizzato da Giuseppe Garibaldi per trasportare i Mille da Quarto a Marsala.  

Aperti i lavori della serata il Prof. Valenti dopo aver dato il benvenuto ai presenti in sala ed al Dott. Macaluso in particolare gli ha ceduto la parola. 

Il Dott. Macaluso che espleta l'attività di Chirurgo presso l'Ospedale di Ribera, dove vive, è stato nominato per i suoi meriti e la sua attività nel campo subacqueo Ispettore Onorario dei BB.CC. ed AA. della Regione Sicilia ed ha anche ricevuto l'incarico dalla U.E. di effettuare una ricognizione dei siti archeologici subacquei della Sicilia Occidentale.   

Il relatore prendendo la parola ha per prima cosa ringraziato per l'invito che l'Associazione ha voluto per la seconda volta rivolgergli ed ha espresso anche il piacere personale di potervi partecipare perchè così facendo ha la possibilità di parlare del mare, di ricerche ed esplorazioni sottomarine nonchè di scoperte di relitti che fanno in ogni caso sorgere storie affascinanti ed interessanti.

E' quindi entrato in argomento preannunciando che il tema della serata, prendendo lo spunta della vicenda dell'isola Ferdindea del 1881, avrebbe anche trattato di geologia e vulcani e si sarebbe allargato alle ricerche fatte nell'area marina a sud-ovest della Sicilia ed alla particolare situazione geologica di questo territorio. La relazione è stata accompagnata dalla proiezione di interessanti e bellissime immagini a supporto di quanto via via veniva riferito.

Per gentile concessione del Dott. Macaluso si riporta integralmente quanto da lui fattoci pervenire insieme ad alcune immagini proiettate nel corso della serata e che è stato in precedenza anche invitato all'Assessore al Territorio della Regione Siciliana. 

'' Oggetto:  relazione “Vulcani e Petrolio”         

Geologia, rischio sismico e monitoraggio del Canale di Sicilia.

Attività di ricerca a fini estrattivi, di idrocarburi, in un’aera del Mediterraneo interessata da vulcanismo attivo.

Il 21 giugno del 2006, nel corso di una conferenza stampa organizzata a Roma dalla società di produzione televisiva GA&A, dal Consorzio Nazionale Inter-Universitario per le Scienze del Mare (CONISMA) ed alla presenza del presidente dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, prof. Enzo Boschi, è stata data la notizia del rinvenimento di un edificio vulcanico sottomarino nel Canale di Sicilia,  vasto quasi quanto l’Etna, di cui si sconosceva la presenza. Il vulcano, nel corso dei secoli, ha dato eruzioni e formazioni di isole come  Ferdinandea.

Si è pervenuti a questa rilevante scoperta, dopo ricerche sottomarine ed in archivio intraprese sin dal  1999 e che il sottoscritto ha coordinato in qualità di responsabile del Nucleo Operativo Subacqueo della Lega Navale Italiana di Sciacca, per conto dell’Ordine dei Geologi della Sicilia ed in virtù di un protocollo d’intesa, con l’INGV di Catania.

L’evento determinante ad avviare la ricerca, è stato il riscontro dello spiaggiamento di tonnellate di rocce pomicee, lungo le coste agrigentine nel febbraio 2003, successivamente ad un terremoto di magnitudo 3,4 Richter, registrato nel Canale di Sicilia; le pomici furono analizzate dalla dott.ssa Anna Corsali (INGV di Catania) e si ebbe la conferma che si erano liberate non per una eruzione sottomarina, ma per il crollo di un edificio vulcanico, in seguito all’onda d’urto del terremoto.

La frequenza di manifestazioni di vulcanesimo attivo, caratterizzate da frequenti terremoti, anche di intensità considerevole, rendevano indispensabile sotto il profilo della sicurezza, una campagna oceanografica da effettuare con tecnologia multibeam: i finanziamenti per avviare tale monitoraggio, furono resi disponibili da una società di produzione televisiva romana, la GA&A di Gioia Avvantaggiato, che in seguito a degli articoli riportati da vari giornali,  dove si sollecitavano le istituzioni ad effettuare un monitoraggio dell’attività vulcanica del Canale di Sicilia,  programmarono la realizzazione di un documentario per il network “National Geographic” sulla ricerca dei vulcani sottomarini. Il CONISMA (ente di ricerca statale universitario), fornì la nave Universitatis, dotata di sofisticati strumenti di ricerca, tra i quali un ecoscandaglio multibeam ed un side scan sonar.

La ricerca, protrattasi dal 30 aprile al 8 maggio 2006, fu proficua dal punto di vista scientifico, ma anche storico, in quanto fece chiarezza, su un evento cronologicamente lontano, un terremoto seguito da maremoto, che nel 365 d. C. distrusse molte città della Sicilia sud-occidentale, come Selinunte, Allavam ed Eraclea Minoa. Questa ricerca è stata in ultimo, particolarmente rilevante, anche dal punto di vista della cartografia e della geografia, in quanto è stata ridefinita la cartografia sottomarina di questa area.

La geologia del Canale di Sicilia

(di Giuseppe Falzone, Gianni Lanzafame INGV-Catania e Piermaria Rossi - Dipartimento di Scienze della Terra e Geologico-Ambientali, Università di Bologna)

Tra la Sicilia e l’Africa settentrionale, il Mediterraneo centrale è caratterizzato dall’allineamento dei bacini subsidenti di Pantelleria, Linosa e Malta che, nel loro insieme, sono organizzati a formare il Canale di Sicilia. Il canale è il prodotto della collisione tra l’Africa e l’Europa, la quale è ancora in atto e si esercita lungo traiettorie circa nord-sud. In questo contesto, il canale è controllato da due sistemi principali di faglie, orientati rispettivamente NW-SE e circa nord-sud. Le discontinuità che individuano e bordano i bacini sono sede di subsidenze veramente importanti, che superano 3.000 m nella fossa di Linosa.

A partire da circa 8 milioni di anni fa, nel canale ha preso posto un vulcanesimo toleiitico e alcalino, che ha creato le due isole vulcaniche di Pantelleria e Linosa ed un numero elevato di apparati sottomarini, molti dei quali ancora sconosciuti. Il vulcanesimo è ancora attivo e le eruzioni storiche sono tutte sottomarine; per alcune di esse abbiamo solo indicazioni vaghe, altre sono state segnalate ma mai controllate; possediamo notizie certe solo delle due attività che hanno portato alla formazione delle isole effimere di Ferdinandea (1831) e Foerstner (1891), quest’ultima 4-5 km a NW delle coste dell’Isola di Pantelleria.

La crociera oceanografica del 2006

 L’elaborazione dei dati multibeam, della Universitatis, ha rivelato una realtà geologica differente da quella interpretata dai rilevamenti fino ad allora effettuati con semplici procedure di scandaglio o con scansioni singol-beam: la piattaforma continentale siciliana prospiciente Sciacca, 20 km a sud della costa, è dominata da un rilievo sottomarino che ha la forma di un dissimmetrico ferro di cavallo aperto verso N- NW e che all’incirca si estende per 25 km da est a ovest e 30 km da nord a sud. Questo grande rilievo si innalza sul pavimento marino profondo tra 500 (est) e 250 m (ovest) ed ha le sue culminazioni a nord nel Banco Nerita (–16,5 m), ad ovest nel Banco Graham (–6,9 m) e ad est nel Banco Terribile (–20 m).

Le evidenze di eruzioni recenti nel banco Terribile, l’attività storica del Ferdinandea ed il suo campo fumarolico ad alta portata, pur se con le dovute cautele a proposito del vulcanismo al Banco Nerita, confermano l’idea che il rilievo sottomarino prospiciente Sciacca sia sede di un’area vulcanica; di conseguenza, esiste la possibilità di una ripresa dell’attività vulcanica in una zona relativamente prossima alle coste meridionali della Sicilia, entro un raggio di alcune decine di chilometri da Capo San Marco e da Sciacca, distanza non molto più grande di quella che separa la cattedrale di Catania dai crateri sommitali dell’Etna.

È stato dunque rilevato un grande complesso vulcanico, sul quale insistono i crateri avventizi di varie eruzioni che si sono manifestate nel corso dei millenni e di cui l’ultima, quella del vulcano Ferdinandea del 1831, esitò con l’emersione di un cratere sub-aereo, anche se la porzione emersa, composta esclusivamente da piroclastiti, si disgregò dopo soli 5 mesi.

Il sottoscritto, dopo una serie di immersioni finalizzate alla documentazione video ed al  recupero di materiale basaltico, ha deciso di registrare alla Royal Geographycal Society di Londra il complesso vulcanico, identificato nel corso della crociera oceanografica, col nome di Empedocle, in quanto questo straordinario personaggio era nativo di Agrigento ed il vulcano identificato, è prospiciente la costa agrigentina.

NOTA:  Empedocle, vissuto nel IV sec. a.C. a cavallo tra la 75° e la 90° olimpiade, fu un grande filosofo e medico anarghiro (suoi i primi studi sulla fisiologia della vista); fondò la prestigiosa Scuola Medica Siciliana e fu anche un fisico (sue le prime esperienze sul peso dell’aria e la pressione atmosferica, ben prima di Torricelli), un poeta (ebbe l’onore della lettura delle sue poesie nel corso delle olimpiadi), ma soprattutto fu un grande naturalista, colui che per primo nella sua opera de Reum Natura, parlò dei 4 elementi ingenerati e incorruttibili, Aria-Acqua-Terra-Fuoco.  Infine e non per ultimo, le motivazioni che hanno indotto il sottoscritto a dare questo nome al vulcano identificato nel Canale di Sicilia, è che  Empedocle, secondo la tradizione, legò la sua morte ad un vulcano, in quanto forse in un delirio di grandezza, decise di scomparire senza lasciare traccia del suo corpo, come un dio e per questo si gettò nel cratere dell’Etna. Ma il vulcano, irritato da tanta tracotanza, secondo la leggenda, espulse con la lava uno dei suoi sandali, pietrificato, per smascherare il trucco; nel luogo ove venne rinvenuto il sandalo, fu edificato un tempietto ancora oggi ricordato come Torre del Filosofo.

 L'edificio vulcanico Empedocle, si presenta dunque come l'Etna, contornato da crateri  originatisi nel corso di varie eruzioni; grazie ai rilevamenti effettuati dagli strumenti della nave Universitatis,  morfologia e dimensioni del grande complesso vulcanico, sono adesso noti, ma questo non è sufficiente, in quanto bisogna fare chiarezza sulle implicazioni relative al rischio vulcanico e sismico: allo stato attuale, questi dati non sono sufficienti ad indicare un problema pressante ed a disegnare uno scenario di rischio imminente. Attualmente, ci si ritrova in una condizione di “normale” convivenza con un vulcano attivo, come avviene per l’Etna, sulle cui pendici vive una popolazione di mezzo milione di abitanti, ma la situazione, ad una analisi più approfondita, è ben diversa:

1) si conosce e bene e si sorveglia il vulcano di Catania, ma sappiamo poco del Ferdinandea e degli altri numerosi vulcani impiantati sul grande rilievo sottomarino;

2) nei loro confronti non è stato mai effettuato nessun genere di monitoraggio;

3) anche se non eruttano regolarmente come l’Etna, tuttavia i vulcani del Canale di Sicilia possono in qualsiasi momento dare luogo ad eruzioni sottomarine di tipo esplosivo le quali, a loro volta, potrebbero generare tsunami e devastare una costa densamente popolata con possibili ripercussioni sull’opposta sponda del Mediterraneo;

4) nel Canale di Sicilia, inoltre, pericolose onde anomale posso avere origine anche da fenomeni gravitativi, in quanto l’insieme del contesto descritto costituisce un sistema tendenzialmente instabile, con possibilità di cedimenti dei fianchi e/o collassi di settore, comuni nei rilievi vulcanici sottomarini, nelle isole vulcaniche e nei vulcani prospicienti le coste.

Ma documentandomi sulle manifestazioni vulcaniche in questo tratto mare e d analizzando alcune strutture geologiche individuate dal sonar multibeam, sospettai che oltre ai vulcani, sotto la superficie del mare, poteva esserci dell’altro.

Oltre alle fratture dalle quali fuoriuscivano imponenti colonne di gas, dal diametro anche di cica 33 metri, analizzando una immagine multibeam del grande vulcano, si notava una sorta di buco perfettamente circolare, localizzato in corrispondenza del banco Terribile, del diametro di circa 1 chilometro: di cosa si trattava?  Le ipotesi formulate degli scienziati a bordo della nave, furono diverse, come il collasso di una camera magmatica, degli esiti di una esplosione di una enorme sacca di metano, ma anche  di un artefatto del  sonar.

Cercando tracce e testimonianze di esplosioni di metano, ne trovai diverse; una risale al 1942, durante la seconda guerra mondiale, in piena battaglia di Pantelleria, quado l’ammiraglio De Zara assistette ad una impressionante esplosione che non era legata ad una eruzione sottomarina, tantomeno ad un evento bellico.

Io stesso, fui testimone di uno di questi eventi, quando in seguito al  terremoto di magnitudo 4.3 del 10 luglio del 2007, sorvolammo in elicottero l’area dell’epicentro: raggiunta l’area, 12 miglia al largo di Sciacca, restammo impressionati nel vedere una vasta area di superficie marina che ribolliva! Il pilota si mantenne in quella occasione ad alta quota per il rischio di una eventuale vavitazione delle pale del rotore.  

I fondali del canale di Sicilia, oltre al vulcanesimo vero, sono infatti  interessati da pesudo-vulcanesimo sedimentario! Un fenomeno analogo a quello riscontrato nei fondali del Canale di Sicilia, è quello che su terraferma da origine alle maccalube di Aragona.

Ma mentre si iniziava ad effettuare il primo monitoraggio dei nostri fondali a cura dell’INGV di Catania, avvenne qualcosa di grave: la richiesta di effettuare ricerca di giacimenti di petrolio ed eventuale posizionamento di piattaforme da estrazione, proprio in questo tratto di mare!

Seguì un’azione martellante attività sui media, volta a scongiurare le autorizzazioni a trivellare questo mare; durante il governo Berlusconi, ministro all’Ambiente Stefania Prestigiacomo, che smascherammo nel corso di  una puntata di Report (31 ottobre 2010, vedi la mia intervista su youtube, cercando “Report vulcani e petrolio”), la presenza di false analisi di impatto ambientali, esibito dalle società richiedenti le autorizzazioni. Il governo fece un passo indietro e si riuscì ad evitare che si effettuassero le trivellazioni entro le 12 miglia dalla costa.

L’ultima esplosione al largo di Sciacca, osservata da diversi testimoni, è avvenuta la notte del 30 agosto del 2009.

Le compagnie petrolifere intanto non si sono arrese e cambiato il governo, sono tornate all’attacco con successo: con il decreto Passera, si torna ad autorizzare la ricerca petrolifera entro le 12 miglia! Ma documentandomi sulle modalità di rilascio della concessione di ricerca petrolifera concessa alla Northen Petroleum (permessi d29 e d347), ancora un volta con sconcerto, scopro che nella relazione della società petrolifera, si legge nella relazione allegata, quanto segue:

 “ … Non si ha notizia di alcuna pubblicazione scientifica che suggerisca alcun collegamento tra le attività antropiche esplorative (geofisica) e quelle naturali vulcaniche e/o telluriche. Pertanto si può ragionevolmente ritenere che l’impatto dell’attività di prospezione geofisica con il fenomeno del vulcanesimo sia nullo.”

Questa considerazione, chiaramente di parte, non tiene conto di una importantissima pubblicazione scientifica, realizzata dal più importante organismo che si occupa di geologia in Italia, l’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia. Faccio riferimento ai “Rapporti Tecnici INGV, anno 2010 n° 125”  pubblicazione diretta dal prof Enzo Boschi. In questa pubblicazione scientifica curata dal Capo Dipartimento di Scienze della terra dell’Università di Bologna, Pier Maia Rossi, da Gianni Lanzafame e dove io sono coautore, le conclusioni sono ben diverse: “ … Le evidenze di eruzioni recenti al Terribile, l’attività storica del Ferdinandea ed il suo campo fumarolico ad alta portata, pur se con le dovute cautele a proposito del vulcanismo al Banco Nerita, confermano l’idea che il rilievo sottomarino prospiciente Sciacca sia sede di un’area vulcanica, attiva e di grandi dimensioni (25 × 30 km circa); di conseguenza, esiste la possibilità di una ripresa dell’attività vulcanica in una zona relativamente prossima alle coste meridionali della Sicilia, entro un raggio di alcune decine di chilometri da Capo San Marco e da Sciacca, distanza non molto più grande di quella che separa la cattedrale di Catania dai crateri sommitali dell’Etna.”

Questo tratto di mare è geologicamente instabile ed i frequenti terremoti che superano costantemente 4 di magnitudo, determinano spesso la liberazione repentina di metano!  Ed allora non si può non ricordare, che il disastro del Golfo del Messico, è stato determinato dalla fuoriuscita di idrato di metano, che espandendosi ha destabilizzare la piattaforma “Deep Horizon” della British Petroleum, con un disastro che è stato definito “biblico”. Un’altra piattaforma da estrazione, sprofondò nel 1978 nel mare del Nord, per le stesse cause.

Le consegno questo dossier, Assessore Lo Bello, convinto che ora più che mai, dobbiamo scongiurare che una piattaforma posizionata in un tratto di Mediterraneo straordinario per la ricchezza di reperti archeologici, di biodiversità ed unico dal punto di vista geologico, possa farlo diventare  una nera palude infernale.

Note biografiche: il sottoscritto Domenico Macaluso, Ispettore Onorario ai Beni Culturali della Regione Siciliana,sia nella campagna oceanografica del 2006 (quella che ha portato alla scoperta del vulcano Empedocle), che in quella recentissima del 2012,  ha avuto il ruolo di  ricercatore e responsabile delle operazioni subacquee, anche in base ad un protocollo d’intesa tra INGV di Catania e Lega Navale Italiana, sez. di Sciacca. Nel 2009  è stato incaricato dall’Unione Europea (progetto Archi-Med), di realizzare la mappatura dei siti di interesse Archeologico–Subacquei della Sicilia sud-occidentale e lo scorso mese di febbraio, è stato incaricato dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, di realizzare un cortometraggio sul relitto del Lombardo, una delle due navi con le quali Garibaldi è sbarcato in Sicilia nel 1860. Ha presentato il documentario, nel corso della inaugurazione del nuovo museo garibaldino di Forte Arbuticci, lo scorso 3 luglio, al cospetto del Presidente della Repubblica. Il documentario fa parte degli ausili audio-visivi del nuovo museo di Caprera. '' ''

La chiusura della relazione è stata seguita da un interessante e partecipato dibattito nel corso del quale numerosi sono stati gli interventi e la richiesta di precisazioni alcuni dei quali hanno interessato:
a) quale Stato avrebbe il diritto di esercitare la propria sovranità sull'isola;
b) con quale denominazione è attualmente designato il bassofondo che si trova in corrispondenza del cono del vulcano che diede origine alla sua temporanea formazione;
c) se in sua corrispondenza, considerato il basso valore della profondità dell'acqua è stato ubicato qualche segnale luminoso al fine di informare le navi in transito della presenza del pericolo. 

Ai quesiti posti il relatore ha risposto fornendo le seguenti ulteriori precisazioni:
a) la problematica è piuttosto complessa alla luce di quanto stabilito dalle Norme del Diritto Internazionale Marittimo attualmente in vigore. Di fatto il problema non si pone perchè quanto si elevò fuori dall'acqua non era roccia solida ma una commistione di cenere e sabbia vulcanica che ben presto venne spazzata via dalle mareggiate che si verificarono nella zona nel periodo successivo all'evento. Al tempo le Nazioni che si contesero la novella formazione furono l'Inghilterra, la Francia che la denominò Giulia, ed il Regno delle Due Sicilie e fu in onore di Ferdinando di Borbone, sovrano del tempo, che l'isola non isola fu denominata Ferdinandea;
b) il bassofondo è sulle carte nautiche attualmente designato come Banco di Graham in onore dell'Ammiraglio che per primo arrivò sul luogo con una nave inglese;
c) il bassofondo purtroppo non è evidenziato da alcun sistema di segnalamento se non quello del riporto della relativa batimetrica per cui è lasciata alla buona arte marinara che ogni navigante dovrebbe normalmente applicare nel corso della navigazione e nel tracciamento delle rotte evitarlo e non finirci sopra.

Il Prof. Valenti ha infine letto una serie di testimonianze rese da varie persone dal giugno al luglio del 1831 ( capitani di nave, pescatori, abitanti delle zone interessate della terraferma  da cui il fenomeno era visibile ) che assistettero all'evento descrivendone le modalità ed i fenomeni che videro o a cui assistettero.

A ricordo della serata il Prof. Valenti, dopo averlo ringraziato l'oratore per l'interessante relazione tenuta,  gli ha offerto un piatto in ceramica di Burgio sponsorizzato dalla Ditta Bono Antiquario di Trapani.

Prima di concludere la serata e di passare ai saluti, il Presidente ha ricordato ai soci che venerdì 31 gennaio 2014 alle ore 12.00 nei locali dell'Associazione siti in via Vespri 32 è fissata la prima convocazione dell'Assemblea ordinaria dei Soci e che, in mancanza del numero legale, la seconda convocazione si terrà negli stessi locali sabato 1° febbraio 2014 alle ore 17.00.

Alle ore 18.00 farà seguito l'incontro, come da programma, con il Prof. Salvatore Corso.  
 

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