2014 - 03 - 08: Prof.ssa Stefania La Via - Archivio Storico Diocesano: storia e patrimonio documentario









In occasione della '' Festa della Donna '' 

l'Associazione per  la Tutela delle Tradizioni Popolari del Trapanese augura alle proprie socie ed a tutte le donne del mondo i migliori ed i più sentiti auguri per la ricorrenza ringraziandoLe per quanto esse hanno fatto, fanno e faranno per la Famiglia e la Società.







Sabato 8 marzo 2014 alle ore 18.15 nella sala delle riunioni dell'Associazione per la Tutela delle Tradizioni Popolari del Trapanese sita in Trapani via Vespri 32 ed in concomitanza con la Festa della donna si è svolto il tradizionale settimanale incontro previsto dal programma delle attività del XXVIII Corso di cultura.
















Ospite per la prima volta dell'Associazione e delle sue attività, la Prof.ssa Stefania La Via, che con piacere ha accolto l'invito rivoltole dal sodalizio, è stata accolta cordialmente dal Prof. valenti e dai soci, piuttosto numerosi, presenti in sala.

In apertura dei lavori della serata il Presidente ha rivolto alle donne presenti in sala i più calorosi e sentiti auguri per la ricorrenza della loro festa che come si sa si festeggia l'8 marzo di ogni anno. Sono quindi seguiti i seguenti avvisi organizzativi: 
- ha per prima cosa ricordato che l'incontro del 22 marzo p.v., nel corso del quale sarà presentato il volume di G. Bongiovanni '' Studi e ricerche sulla pittura in Sicilia '', si terrà nei locali del Museo Pepoli di Trapani alle ore 18.00. Poichè al termine dello stesso è stata organizzata una cena, chi volesse parteciparvi potrà effettuare la relativa prenotazione al termine dell'incontro
- in relazione al '' Tour dei Paesi Baltici '' che ha sostituito il viaggio in Piemonte e Val d'Aosta è necessario effettuare la relativa prenotazione con il versamento di un congruo anticipo confirmatorio possibilmente entro e non oltre il 25 marzo p.v.
















Esauriti gli avvisi il Prof. Valenti ha quindi presentato brevemente la Prof.ssa La Via.
Docente di Lettere e madre essa sintetizza in pratica la figura della donna di cui oggi ricorre la festa. Specializzata in archivistica ha contribuito in modo determinante dal 2007 al riordino dell'Archivio Storico Diocesano che oggi rappresenta un fondamentale punto di riferimento documentario e storico per chi vuole effettuare una ricerca sul territorio partendo dagli atti e dai documenti che in esso sono custoditi ed in parte di recente coerentemente riorganizzati. Dopo di che le ha ceduto la parola.
La Prof.ssa La Via ha ringraziato l'Associazione per averla invitata a sviluppare un tema che le sta molto a cuore. Dopo aver esteso gli auguri a tutte le donne presenti in sala ha iniziato a sviluppare l'argomento della serata sperando di essere esaustiva e sperando di far conoscere l'importanza dell'Archivio diocesano come mezzo attraverso il quale si possa ricostruire la memoria storica della città.

















Si riporta di seguito una sintesi di quanto espresso nel corso della relazione dalla Prof.ssa La Via, nonchè la serie di diapositive proiettate a documentazione di quanto via via riferiva e di ciò sentitamente la si ringrazia. 

'' L'ARCHIVIO STORICO DIOCESANO DI TRAPANI - STORIA E PATRIMONIO DOCUMENTARIO
 
 1- CHE COS'E' UN ARCHIVIO
 
  Gli archivi sono i luoghi in cui si conserva la memoria. Ogni popolo, da sempre, si è dotato di strumenti dedicati a questo scopo. In effetti, archiviare è il tentativo di incasellare gli eventi, di storicizzare il fluire del tempo, conferendo un ordine alla sedimentazione della memoria umana.

Così nascono gli archivi, depositi documentari caratterizzati dal fatto che ogni documento è intimamente legato all'altro da una rete di relazioni. E' questo ciò che li rende profondamente diversi da una biblioteca, dove ogni singolo libro è, invece, un'entità conclusa in se stessa. Comprendere il linguaggio con cui il documento si esprime e le relazioni che lo legano agli altri è ciò che ci consente di comprendere l'archivio nel suo insieme e quindi anche di trovarvi quello che cerchiamo.

Nonostante tale utilissima funzione e nonostante nella grande famiglia dei beni culturali gli archivi rivestano la massima importanza, essendo il fondamento di ogni conoscenza storica, nell'immaginario collettivo essi risultano luoghi polverosi, scarsamente conosciuti e di cui si ignora non solo il valore assoluto ma persino l'esistenza.

Ciò è dovuto sicuramente alla scarsa visibilità e alla necessità di un accesso mediato al bene documentario che in essi si conserva. Se facessimo un sondaggio vedremmo che, mentre quasi tutti sono entrati almeno una volta nella vita in un museo, moltissimi in una biblioteca, pochissimi invece hanno frequentato le sale di studio di un archivio. E ciò è, d'altra parte, ovvio. Tutti noi possiamo prendere in prestito un libro in una biblioteca e fruire autonomamente dei suoi servizi, oppure godere, a vari livelli, di un'opera d'arte esposta in un museo, in una pinacoteca o esercitare quella che si chiama fruizione estetica di un paesaggio, sia esso naturale o architettonico.

Per fruire invece di ciò che si conserva in un archivio è necessario essere dotati di competenze particolari, come la conoscenza delle antiche scritture (paleografia), delle caratteristiche formali dei documenti (diplomatica), del latino, nella maggior parte dei casi (almeno per i documenti più antichi). E soprattutto bisogna sapere cosa e come cercare. Per comprendere il messaggio contenuto nel documento dovremo capire il suo particolare modo di esprimersi. Non dimenticare mai che non siamo noi i suoi destinatari ! Esso e' stato scritto per parlare agli uomini del suo tempo, per essere utilizzato da loro nei loro rapporti. Noi invece vi cerchiamo informazioni di tutt'altro genere: per ricostruire una storia, per capire un avvenimento, un fenomeno, una mentalità, ecc. Ma il documento rimarrà muto con noi se noi non comprenderemo il suo linguaggio, nasconderà i suoi tesori di informazione in parole che ci sembreranno quasi incomprensibili ed inutili. Tra l'altro è bene ricordare che in un archivio si conservano appunto "documenti", cioè atti nati per fini essenzialmente giuridici o pratici e che solo lo scorrere del tempo trasforma in fonti storiche, dirette o indirette.

Gli archivi sono patrimonio di tutti. Senza di essi perderemmo un patrimonio che costituisce la nostra storia e la nostra identità collettiva.  Scopo degli archivi e del lavoro degli archivisti è proprio quello evitare che questa ricchezza venga persa.

2- IMPORTANZA E VALORE STORICO-DOCUMENTARIO DELLE FONTI ECCLESIASTICHE

  Gli Archivi ecclesiastici sono tra le fonti archivistiche più rilevanti esistenti sul territorio nazionale per il notevole materiale documentario in essi conservato e per l'importanza della presenza della chiesa nel vissuto sociale.

Basti pensare alla capillare diffusione nel territorio di chiese, parrocchie, monasteri e conventi. Al ruolo sociale svolto nei secoli dalle confraternite religiose e laiche, ai 5 libri parrocchiali istituiti dal Concilio di Trento che precedono di secoli l'introduzione dello Stato Civile, e di cui parleremo meglio nel prosieguo.

 In alcune fasi storiche i documenti conservati si intrecciano intimamente con quelli delle autorità civili e delle famiglie che esercitavano il potere.

La ricerca storica nel suo complesso non può prescindere dal confronto con le fonti ecclesiastiche.

La documentazione diocesana , poi,  assume per il ricercatore rilevanza particolare. Si pensi, a titolo d'esempio, all'importanza delle visite pastorali e delle relazioni ad limina (cioè rapporti periodici sullo stato della diocesi che il vescovo invia al papa). I relativi questionari inviati ai parroci, sulla base del prototipo formulato dal Concilio di Trento e perfezionato nei secoli successivi, sono lo strumento per accertare il patrimonio della Chiesa, ma contengono elementi per il controllo delle anime, per l’indagine sulle “deviazioni” dal modello religioso tridentino (eresie, superstizioni, ecc.), per il comportamento del clero.

In particolare sono molto interessanti i documenti facenti capo alla cosiddette "Vicarie foranee". Diffuse su tutto il territorio  già dalla fine del XIII secolo dal momento che i confini delle diocesi, allora come ora, non coincidevano con gli ambiti territoriali sottoposti all'amministrazione signorile, statale o comunque civile. Oltre a mansioni di controllo sulla elezione dei parroci e sul loro comportamento, il vicario foraneo era tenuto a convocare il clero della sua circoscrizione una volta al mese per la discussione di "casi" . Si tratta di quesiti su casi di coscienza, di carattere morale, liturgico, giuridico, che hanno prodotto una documentazione quantitativamente rilevante e interessantissima.

Per non parlare dei documenti relativi alle cause civili e penali trattate in prima istanza dai tribunali ecclesiastici, alle cause di  beatificazione, a quelle per i casi di pubblica morale.

Spesso gli atti conservati non sono soltanto documenta, ma soprattutto instrumenta, che attestano i titoli giuridici per la tutela dei beni e dei diritti della Chiesa.

E in effetti la Chiesa stessa ha sempre prestato grande attenzione alla conservazione della sua memoria.

L’attenzione dei pontefici per le fonti documentarie conservate negli archivi ecclesiastici è costante nei secoli. ricordiamo almeno la Costituzione” Maxima vigilantia”del 1727 promulgata da Benedetto XIII, un vero e proprio trattato di archivistica ( con regole per l’inventariazione, custodia, ispezione, recupero e tutela degli atti delle varie istituzioni) che servì anche per la successiva stesura di norme archivistiche generali, offerte in modo occasionale e non organico, dal Codice di Diritto canonico del 1917. Non si può non citare un altro grande pontefice, Leone XIII, e il grandioso gesto da egli compiuto negli anni ottanta dell’Ottocento: l’apertura degli archivi vaticani alla consultazione degli studiosi.

Ne comprendiamo meglio il valore se pensiamo quale fonte storica inestimabile per la storia dell'umanità sia l'archivio segreto vaticano. La curia e la cancelleria pontificia infatti sono stati gli organismi da cui venne emesso il maggior numero di documenti nel Medioevo europeo e nella prima età moderna, una produzione documentaria che si intensificò in maniera esplosiva nei secoli XIV e XV: in un solo anno la Cancelleria pontificia fu in grado di produrre tanti documenti quanti ne erano stati prodotti nell'intero primo millennio di storia della Chiesa.

I documenti sono “la testimonianza della vita e delle opere della Chiesa, e formano nel loro insieme una documentazione unica, essenziale e insostituibile, che è destinata innanzitutto a servire la Chiesa stessa, e merita di essere conservata anche a vantaggio degli studi storici”. Sono parole di Giovanni XXIII espresse nel motuproprio “La sollecitudine pastorale”, che testimoniano un aspetto specifico che la Chiesa riconosce alle proprie fonti: lo studio del passato ha anche finalità spirituali per rendere migliore e più viva la Chiesa del presente. (possibile conclusione). Una vera e propria "teologia della memoria".

 3- LA DIOCESI DI TRAPANI- BREVI CENNI STORICI

Nonostante alcune leggende vogliano far risalire l'esistenza della diocesi di Trapani già alla visita in Sicilia di San Pietro e alcune fonti attestino comunque la presenza di un vescovo trapanese in epoca bizantina, la nostra diocesi è piuttosto "giovane".

Con la bolla “Ut animarum Pastores” del 31 maggio 1844 il Pontefice Gregorio XVI, accogliendo i voti di Ferdinando II di Borbone – il quale rimosse anche le difficoltà economiche all’ edificazione del vescovado – il desiderio del clero e della popolazione trapanese, eresse la Diocesi di Trapani stabilendone il territorio (Trapani, Monte San Giuliano, Paceco, Xitta, Favignana, Pantelleria) e nominando il primo vescovo nella persona di Mons. Vincenzo Maria Marolda, nato a Muro di Lucano in provincia di Potenza.

La chiesa collegiata di S.Lorenzo venne elevata a sede cattedrale e, a spese dell'erario, venne acquistato come sede vescovile il palazzo Papè, edificio settecentesco attiguo alla cattedrale, già proprietà dei Principi di Pandolfina e poi dei Baroni di S. Anna e Arcudaci.

Soltanto centosei anni dopo l’erezione canonica, con l’impegno di Mons. Filippo Jacolino, la Santa Sede accolse i voti auspicanti una più equa delimitazione territoriale e con la Bolla della Sacra Congregazione Concistoriale del 15 settembre 1950 autorizzò un ulteriore smembramento territoriale della Diocesi di Mazara a favore di Trapani,assegnando a quest’ultima i territori di Alcamo, Castellammare del Golfo e Calatafimi con tutte le loro pertinenze e la contrada di Borgo Fazio; la Diocesi però perse, in favore di Mazara, l’isola di Pantelleria.

 4-L'ARCHIVIO STORICO DIOCESANO - LA SEDE

Dal dicembre del 2011 l'Archivio Storico Diocesano ha finalmente una nuova sede, consona alla conservazione del prezioso materiale documentario che in esso è custodito, al secondo piano del palazzo escovile nell'ala di Palazzo Lombardo.

Palazzo Lombardo, insieme con il Palazzo Papè di cui vi ho appena parlato, costituisce l'altra ala del complesso dell'episcopio. Venne acquistato successivamente all'erezione della Diocesi, nel 1859, per divenire sede del Seminario, prima allocato nei locali del Convento di S. Francesco d'Assisi. Ospitò i locali del Seminario sino al 1961.

La nostra attuale sede è allocata, in parte, nel grande salone della ex biblioteca del Seminario.

In precedenza l'archivio storico era allocato al piano terra dell'Episcopio.

Agli inizi dell’anno duemila Mons.Francesco Miccichè aveva destinato all’Archivio Diocesano i locali che prima degli ultimi restauri del palazzo ospitavano la Cancelleria Vescovile e alcune stanze un tempo di passaggio, unificando in un un'unica sede tutto il materiale documentario che era sparso in vari luoghi del Palazzo Vescovile . Tuttavia i tre locali non offrivano le necessarie garanzie di luce, temperatura e umidità necessarie alla lunga conservazione. Pertanto tra la fine del 2009 e gli inizi del 2010 sono cominciati i lavori per la nuova e più prestigiosa sede.

Nella sede precedente mancava una sala destinata esclusivamente alla consultazione degli studiosi, l'attuale sede presenta invece un ampio e luminoso salone di studio e di lavoro che si presta anche per workshop, mostre e conferenze, un'ala dedicata al lavoro interno di riordino e ampie sale di conservazione del materiale. Nell'archivio storico si conserva tutta la documentazione antica sino agli anni '70. L'archivio di deposito, relativo alla documentazione degli ultimi 40 anni,  e l'archivio corrente sono invece rimasti nei locali al pianterreno.

Nella nuova sede è possibile fruire del collegamento internet wi-fi, di postazioni pc e della possibilità di collegare i propri portatili direttamente nelle isole di studio. E' presente inoltre una zona studio dedicata ai disabili.

5- IL PROGETTO DI RIORDINO

L’idea di progettazione e l’uso stesso del termine “progettazione” costituisce in ambito archivistico un’acquisizione molto recente, che tutt’oggi stenta ad affermarsi come dovrebbe. E’ ancora molto diffuso il convincimento, più o meno esplicito, che un intervento archivistico non abbia bisogno di essere progettato.

Eppure si tratta di un ambito, quello archivistico, in cui progettare il lavoro che ci si accinge ad intraprendere è di fondamentale importanza per la buona riuscita del lavoro stesso, e questo per due motivi: l’oggetto su cui si va ad intervenire, ovvero il fondo o l’insieme dei fondi archivistici, è un oggetto complesso, tanto più complesso quanto più ampio è l’arco temporale della sua esistenza; ed il secondo motivo è, in una certa misura, una conseguenza del primo: esistono non una ma molte modalità con le quali tale oggetto può essere trattato.

Un archivio diocesano da riordinare e descrivere potrebbe essere paragonato, per dimensioni ed antichità, ad un edificio monumentale, ad un’antica chiesa disastrata, o addirittura ridotta ad un cumulo di rovine: nessun architetto di questo mondo penserebbe di mettere mano alla sua restaurazione senza prima aver elaborato un progetto accuratissimo.

Dal 2007 sotto la direzione di Don Alberto Giardina e con la mia consulenza scientifica è cominciato il progetto di riordino scientifico del complesso documentario. Prima di allora la documentazione aveva subito vari rimaneggiamenti ( per la storia degli spostamenti del fondo documentario, dei vari rimaneggiamenti delle carte e delle vicende da esso subite nel corso degli anni vi rimando all'opuscolo che lascio in dono).

Quella relativa al personale è forse la deficienza più grave e certo quella che più direttamente si ripercuote sullo stato di abbandono di gran parte degli archivi ecclesiastici. Per quelli diocesani si verifica sovente che i custodi della documentazione siano gli stessi vicari, oberati da altri e più pressanti doveri e pertanto impossibilitati ad attendere convenientemente a tale delicato compito, o talvolta sacerdoti che assumono il titolo di archivista unicamente in forza di una tradizione e senza esercitare alcuna delle mansioni ad esso inerenti e spesso senza averne le necessarie competenze.

Pertanto la prima cosa che, in perfetto accordo, io e il Direttore, una volta incaricati di questo oneroso progetto da sua Ecc.za Mons. Francesco Micciché ( che ha dimostrato grande sensibilità verso i beni culturali e quelli archivistici in particolare), abbiamo preteso è stato di essere dotati di un'equipe di personale all'altezza della situazione. Personale dotato di specifica Laurea in discipline storiche e in possesso di conoscenze di archivistica, paleografia e diplomatica, possibilmente con esperienze pregresse nel settore. I nostro validi archivisti sono il Dott. Girolamo Peraino e le Dott.sse Valeria Bevilacqua e Maria Virgilio.

Poi ci siamo occupati, come prima cosa, dell'archivio corrente, fermamente convinti che il futuro della memoria risieda già nella sua corretta articolazione nel presente. Abbiamo perciò dotato l'archivio corrente degli uffici della Curia di un valido titolario, in modo che un domani gli atti che verranno versati nell'archivio storico siano già provvisti del corretto ordinamento. Abbiamo inoltre predisposto un regolamento per gli studiosi.

Infatti, nonostante i lavori di riordino siano ancora in corso ( e lo saranno di certo per molti anni, vista l'entità del patrimonio documentario), abbiamo voluto, di concerto con il Vescovo, aprire l'archivio alla consultazione e alla fruizione degli studiosi, ovviamente con le necessarie cautele.

Va in questa direzione la nostra partecipazione, su richiesta della CEI, al progetto “Ecumene”, promosso con l’obiettivo di rendere fruibili le conoscenze sul patrimonio storico-artistico, archivistico, architettonico e bibliografico appartenente alla Chiesa cattolica, e l’uso del software CEIAr, per il riordino e la descrizione degli archivi ecclesiastici che rende possibile la consultazione on line della documentazione man mano riordinata tramite il portale della CEI. Tutti interventi, come dicevo, che vanno proprio nel senso di tale progressiva apertura agli studiosi e al territorio e quindi, in defintiva, di una “conservazione attiva” non solo ai fini della tutela della memoria ma anche e soprattutto della sua valorizzazione.

6- IL PATRIMONIO DOCUMENTARIO

Il patrimonio custodito dall'Archivio Storico Diocesano costituisce una raccolta documentaria tra le più importanti per la ricostruzione della storia locale, non solo ecclesiastica ma anche civile.

L'archivio (organismo in perenne espansione), si compone attualmente di circa 3000 unità, tra buste e volumi, distribuite in 60 armadi per circa 100 metri lineari di scaffalature.

Nonostante la nostra diocesi sia piuttosto "giovane", appena 170 anni, il nucleo documentario che il nostro archivio possiede è molto più antico.

I documenti più antichi - trasmessi dalla Curia vescovile di Mazara al momento dell’erezione della novella sede vescovile in quanto pertinenti ai vari ambiti territoriali annessi alla neonata Diocesi - risalgono all’ultimo scorcio del XV secolo.  Ciò ha dato vita alla struttura particolare di questo archivio e alla coesistenza di due grandi Fondi documentari facenti capo sostanzialmente a due diversi enti produttori : la Curia vescovile di Mazara (sino al 1844) e la Curia vescovile di Trapani (dal 1844 in poi) con le loro rispettive articolazioni.

Si tratta comunque di serie non complete in quanto vennero inviate solo le carte sciolte che era possibile scorporare dall’archivio-madre senza creare danni ad eventuali registri, i quali conservano pertanto la documentazione più antica.

Per di più nel 1950, al momento della rimodulazione dei confini delle due Diocesi, le carte relative a Pantelleria - che da quel momento venne annessa a Mazara- sono rimaste presso la Diocesi di Trapani, mentre quelle relative ai comuni di Alcamo, Calatafimi e Castellammare, a parte alcuni documenti di natura amministrativa, non sono mai state trasferite e sono tuttora consultabili solo presso l’archivio storico della Diocesi mazarese.

Pertanto chi volesse fare ricerche su Pantelleria dovrebbe consultare l’Archivio Storico Diocesano di Trapani per gli anni dal 1844 al 1950, e in parte anche per i secoli precedenti, e dal 1950 in poi quello di Mazara.

Si può affermare pertanto che nella creazione del complesso documentario della neoeletta Diocesi, per gli anni precedenti al 1844 e quindi alla diretta produzione di carte e al 1950 per la nuova annessione territoriale, è stato seguito in modo piuttosto arbitrario sia il principio di provenienza (per le carte relative ai comuni di Alcamo, Castellammare,Calatafimi e Pantelleria), in base al quale l’archivio deve mantenersi quale fu costituito dall’ente e pertanto non può essere smembrato asportando documentazione dalla collocazione di origine, sia il principio di territorialità (per i comuni chiamati a costituire la nuova Diocesi) secondo cui, nel momento in cui si verifichino mutamenti nelle circoscrizioni territoriali, gli archivi devono essere smembrati e i singoli documenti ricondotti al territorio cui si riferiscono.

Si parla di riordinamento e non di ordinamento proprio perché l'archivistica scientifica prevede la ricostruzione dell'ordine originario in cui la documentazione era articolata al momento della sua produzione. E' questo il cosiddetto metodo scientifico cui noi stiamo facendo riferimento nel riordinare l'archivio storico diocesano.

Tra le serie più interessanti un cui si articola il patrimonio documentario custodito presso l'Archivio Storico Diocesano ricordiamo le serie pratiche e dispense matrimoniali  che abbracciano un arco temporale che va dagli inizi del XVI secolo sino al 1970. Più di 4 secoli di storia delle famiglie trapanesi. Fondamentale per le ricerche genealogiche che si possono effettuare in sede o demandare al personale. Abbiamo richieste di ricerca dall'Europa e dall'America. Sono disponibili indici cartacei con i nomi di tutti i richiedenti dispensa (soprattutto per l'impedimento di consanguineità) e i contraenti matrimonio. Stiamo lavorando agli indici informatizzati per la consultazione on line.

7- CONCLUSIONI

Le sorti conservative degli archivi sono storicamente precarie e instabili, molti sono i motivi di danneggiamento, distruzione o mancata trasmissione.

Tra i tanti, la scarsa conoscenza e considerazione di cui un archivio gode nella comunità sociale e culturale, rappresentano per esso il più letale dei pericoli.

Dunque rendere visibile e fruibile un archivio contribuisce ad aumentarne la tutela nonché a moltiplicarne le potenzialità, salvaguardando quello che potremmo definire "il futuro della memoria". Nella consapevolezza che lo studio del passato non deve mai essere fine a sé stesso ma deve rendere migliore il presente.

Gli archivi sono patrimonio di tutti, senza di essi perderemmo una ricchezza di documenti che costituiscono la nostra storia e la nostra identità collettiva ( le nostre radici che sono, forse, più importanti della storia individuale di cui ciascuno di noi è portatore).

Il diritto della collettività di conoscere la propria storia si colloca assai vicino ai diritti fondamentali della democrazia. Gli archivisti lavorano perché questo sia possibile. ''


Al termine della relazione è seguito un dibattito a cui hanno partecipato molti dei presenti in sala che hanno posto diversi quesiti e chiesto diversi chiarimenti. A tutti la Prof.ssa La Via ha risposto esaurientemente fornendo ulteriori precisazioni e dettagli.
















Chiuso il dibattito la Sig.ra Aloma Anselmo ha offerto alla relatrice un bouquet di fiori mentre il Prof. Valenti, a ricordo della serata,  ha consegnato in omaggio un piatto in ceramica di Burgio offerto dalla Ditta Bono Antiquariato.

L'incontro si è concluso con l'arrivederci a sabato 15 marzo 2014 alle ore 18.00 nei locali dell'Associazione per il prossimo incontro in programma.

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