2014 - 03 - 15: Prof. Salvatore Bongiorno - Xitta: il fattaccio del 9 aprile 1944

Sabato 15 marzo 2014 alle ore 18.30 nella sala delle riunioni dell'Associazione per la Tutela delle Tradizioni Popolari del Trapanese sita in Trapani via Vespri 32 si è svolto il tradizionale incontro nell'ambito dellle attività previste per il XXVIII Corso di cultura al quale hanno partecipato un numeroso gruppo di soci, di simpatizzanti ed estimatori del relatore. 
L'ospite della serata, il Prof. Salvatore Bongiorno, docente di Storia e Filosofia in diversi Istituti Superiori di Trapani, cultore delle materie proprie del suo insegnamento, ed in questi ultimi anni assiduo partecipante alle attività dell'Associazione con interessanti argomenti di carattere storico, è stato accolto cordialmente dal Presidente e dai presenti.
I lavori della serata sono stati aperti dal Prof. Valenti, contrariamente alla normale prassi, con alcuni avvisi organizzativi:
- l'incontro del 22 marzo p.v. invece che nei locali dell'Associazione, come del resto già previsto dal programma delle attività, si terrà presso il Museo Pepoli di Trapani e verrà anticipato alle ore 17.00 per consentire al Prof. Bongiovanni, autore dell'opera che sarà presentata nel corso dell'evento, che appositamente verrà da Palermo, di rientrare in tempo utile nella città in cui risiede.
Poichè successivamente seguirà una cena presso Villa Martinez, chi volesse parteciparvi è ancora in tempo per poter effettuare la relativa prenotazione 
- chi invece avesse intenzione di partecipare al '' Tour dei Paesi Baltici '' è sollecitato a prenotarsi ed a versare l'anticipo confirmatorio al più presto possibile e ciò per motivi prettamente organizzativi.
Esaurite le comunicazioni, la parola è stata data al Prof. Bongiorno.

Si riporta di seguito una breve sintesi liberamente tratta da quanto riferito dal relatore nel corso della sua esposizione.

L'oratore ha iniziato la sua esposizione risalendo ad alcuni episodi e fatti storici avvenuti nel corso della seconda guerra mondiale dopo l'entrata in guerra dell'Italia e lo sbarco degli Alleati nel luglio 1943 nel sud della Sicilia nella zona di Gela e Licata e la zona venne scelta perchè considerata la locazione meno difesa e quindi più debole dello schieramento italo-tedesco. 
In 39 giorni ( 17 agosto ) gli Alleati arrivarono a Messina liberando l'isola dal fascismo e dalle truppe tedesche che riuscirono a trasferirsi in Calabria per attestarsi poi successivamente a difesa sulla linea Gustav passante per Montecassino.
Ciò tuttavia non deve far pensare che la conquista della Sicilia da parte degli alleati fu una passeggiata perchè gli italo-tedeschi opposero talvolta una strenua resistenza per cui i caduti furono molti di più di quanto dichiarato ufficialmente e talvolta ne subirono anche le conseguenze le polazioni di varie zone della Sicilia che fino all'8 settembre, data dell'armistizio di Cassibile, erano considerati nemici a tutti gli effetti e quindi da trattare con ostilità.

I tedeschi quindi furono sostituiti dagli Alleati e questi successivamente lasciarono nella zona di Paceco un presidio di truppe francesi costituito da un manipolo di goumiers ovvero di soldati marocchini irregolari ma inquadrati militarmente. Tali truppe nel corso della campagna d'Italia si distinsero per vari motivi sia in senso positivo, furono utilizzati per aggirare la linea Gustav in una zona molto difficile ed impervia consentendone poi lo sfondamento, sia in senso molto negativo in quanto  furono protagonisti di episodi di violenza sessuale nei confronti della popolazione laziale e di stupri contro le donne qualsiasi età esse avessero dopo la caduta della linea Gustav nonchè di depredazioni generalizate.

Molte donne, in conseguenza di quanto sopra detto, contrassero malattie veneree, altre ebbero gravidanze indesiderate e danni psicologici che le portarono anche al suicidio, altre ancora furono ripudiate e talvolta emarginate dalla società del tempo. Ad in certo numero di esse lo Stato italiano, come indennizzo, concesse una pensione minima e limitata nel tempo.

Molti anni dopo Vittorio De Sica, con il film '' La Ciociara '' interpretato da Sophia Loren, denunciò gli eventi avvenuti il quel periodo.
E' importante però considerare che in ogni caso e qualsiasi guerra questi eventi sono sempre ricorrenti e chi ne paga le conseguenze sono però sempre i perdenti e fra di essi la parte più debole ed indifesa.    

Dopo l'armistizio e la costituzione in Sicilia dell'AMGOT e la nomina a reggenti delle varie città di uomini di varia estradizione segnalati principalmente dalla Mafia, che ricominciava a risollevare la testa dopo il periodo del fascismo, dalla Chiesa  e dalla Massoneria ma che in ogni caso non fossero di fede fascista, essendo gli Alleati passati nell'Italia peninsulare a Trapani rimase acquartierato presso la scuola elementare di Paceco a decorrere dal 5 aprile 1944 un manipolo di goumiers e subito cominciarono nel territorio di Paceco numerosi incidenti con la popolazione e le requisizioni di case private da parte di ufficiali francesi e la situazione di tensione durò fino al 12 maggio 1944 quando i francesi abbandonarono definitivamente la cittadina.

Gli inconvenienti nonchè i sopprusi, le molestie e le rubberie da parte dei soldati francesi iniziarono e raggiunsero il culmine il 9 aprile 1944 in occasione della festività della Pasqua e proseguirono fino alla loro definitiva partenza anche perchè richiamati al fronte sulla linea Gustav dove i tedeschi si erano ritirati opponendo una strenua resistenza.

Dei fatti accaduti il quel periodo esiste presso la Biblioteca comunale di Paceco, di cui fu egregio direttore il Dott. Alberto Barbata, un carteggio da cui il fu Antonio Buscaino, esimio ricercatore e storico del territorio trapanese, nel suo volume '' Xitta - Storia e cronaca di un borgo attorno alla sua torre '' dalla pagina 285 alla pagina 291 riporta una dettagliata cronaca dei fatti verificatisi, della loro sequenza temporale nonchè delle persone che a vario titolo vi furono coinvolte e ne furono anche vittime basandosi sulle testimonianze di alcuni protagonisti della vicenda quali Carmelo Amantia, ormai defunto ma allora di anni 30, e Giuseppe Basiricò che all'epoca dei fatti aveva 14 anni. 

E' su tali testimonianze scritte che il relatore si è a lungo intrattenuto nel corso della sua esposizione.
Si trascrive quanto detto dal Buscaino nel su citato libro da pag. 289 a pag. 292. 

''Era la domenica di Pasqua del 1944.
Mi racconta Giuseppe Basiricò che solitamente i soldati del contingente francese, acquartierato nel massiccio edificio delle scuole elementari di Paceco, il sabato e la domenica, in piccoli gruppi si recavano in libera uscita a Trapani.
Nel pomeriggio di quel giorno — 09.04.l944 — un gruppetto di persone sostava, conversando, davanti l'ingresso del locale, in attesa dell'inizio dello spettacolo, di cui s'è fatto cenno. La più parte di coloro che si apprestavano ad entrare per assistere alla recita, era costituita da giovani, maschi e femmine; i più anziani non c'erano perché nei loro cuori albergava la tristezza, e la loro mente, i loro pensieri erano rivolti ai loro cari, che non erano ancora tornati, perché prigionieri, ovvero sbandati, dopo l'avventuroso armistizio dell'8.09.1943, nell'Italia settentrionale od altrove.
In quel pomeriggio alcuni soldati francesi, provenienti da Trapani, si fermarono davanti al locale, dove stava per darsi inizio alla commedia. Precisa il Basiricò, perché ciò sarebbe stato causa della sua brutta esperienza, che aveva in tasca, per esigenze di copione, essendo egli uno degli «attori», delle bende, di quelle che si usano per fasciare le ferite.
Interviene l'Amantia, riferendo che, uscito da casa in compagnia del cognato Nardo Ciaramita, giunto all'altezza della «fiuredda» affissa alla casa di Vincenzo Gramignano, ed oggi di proprietà di Michela Cardella, ved. Vultaggio, sulla via Marsala, s'imbatté in un soldato francese, in istato di ubriachezza, con un pugnale in mano; lo evitarono, e pervenuti davanti alla bettola i Peppino Grammatico, nei pressi del locale dove sarebbe stata rappresentata la commedia, videro un gruppetto di uomini, che formavano un cerchio, in mezzo al quale c'erano due soldati italiani — forse collaboratori — ed un soldato francese, il quale faceva degli apprezzamenti poco lusinghieri sul coraggio dei soldati italiani. Anche qui un'analogia con l'episodio della Disfida di Barletta. Reagì Peppe Di Nicola, uno degli astanti, dicendo: «Voi siete arrivati fin qui per tradimento».
Ne seguì una discussione animata, e dalle parole si passò ai fatti; e Ciccio Fiorino, che aveva una pistola, sparò un colpo in aria, che provocò l'accorrere di altri soldati francesi, che aggredirono, disarmarono e tempestarono di pugni il Fiorino, che grazie all'intervento dell'Amantia, che con le mani in alto esortava alla calma, e degli altri Cittari presenti, riuscì a fuggire per la campagna.
Riferisce il Basiricò che ci fu un fuggi fuggi: le donne, dal fondo della sala, dove stava per darsi inizio allo spettacolo, che immetteva in un giardino, dilagarono spaventate nella campagna retrostante, e raggiunsero poi le loro case; gli uomini, utilizzando le pietre ammonticchiate lungo la strada per gli imminenti lavori per il rifacimento del manto stradale, diedero inizio ad una fitta sassaiola contro i francesi.
Sentito lo sparo ed il vociare della gente, intanto altri Cittari accorsero, armati. Sparavano Giovanni Morici, Giuseppe Mauceli, Andrea Scaduto, ed altri. Si videro lampi. si dirono spari ed alcuni francesi rimasero uccisi. Perse la vita in quel frangente Salvatore Tarantino.
I militari francesi superstiti raccolsero i loro feriti ed i loto morti, e s'affrettarono alla sede del loro comando, a Paceco. S'era fatto intanto buio e la gente si era ritirata nelle proprie case, ritenendo che tutto fosse rientrato nella normalità. 
Ma non fu così: era scritto che dopo quello del Tarantino altri Cittari dovessero dare il loro contributo di sangue in quella triste vicenda. I militari francesi, infatti, decisi a vendicare i loro morti, ritornarono ben armati, e dopo averlo circondato, cominciarono a percorrere le vie del borgo, e catturarono quei pochi Cittari, che, imprudenti, s'attardavano fuori dalle case, e li radunarono, sotto la minaccia delle armi, nella piazzetta delle Scuole, oggi denominata Giuseppa Marano. 
Si sparava da ambo le parti; il borgo venne assediato, furono piazzate mitragliatrici sull'argine destro del torrente, sulla via Marsala e sulla strada ferrata presso il casello ferroviario. 
I Cittari sparavano dagli angoli delle vie e dalle terrazze. Da una di queste sparava Giuseppe Marano, anche. I militari francesi, individuato, grazie al lampo sprigionato dalla canna del fucile, il punto dal quale provenivano gli spari, risposero al fuoco e fulminarono il povero Marano. Cessati gli spari. iniziarono i militari francesi il rastrellamento per le strade del borgo, bussando alle porte delle case che ritenevano abitate da persone sospette di avere avuto parte nella vicenda.
Entrarono, tra le altre, nella casa di Michele Schifano, girarono per le stanze, e vedendo una porticina chiusa, intimarono allo Schifano di aprirla. All'interno del piccolo locale s'erano rifugiati i componenti della famiglia Pompeo e la stessa moglie dello Schifano, certa Giovanna Criscenti, che era in stato interessante, la quale temendo di subire violenza, assieme ad Adriana Pompeo tenevano chiusa la porta tirando la maniglia. 
I militari francesi, sospettando che vi si nascondessero persone armate spararono una raffica di mitra, e uccisero la povera Criscenti. Prosegue il Basiricò dicendo che, essendo la loro abitazione adiacente la sala dove doveva aver luogo lo spettacolo, e temendo che i militari francesi potessero dirigere i loro passi contro di loro, si recò con tutta la famiglia in casa di Giuseppe Catania, in quel tempo delegato podestà, con il quale intercorrevano rapporti di parentela, per essere più sicuri. Poco dopo, però, Rosario Ciulla, sollecitato da un ufficiale guidò i militari francesi in casa del Catania, dove per la festa della Pasqua si trovavano invitati alcuni parenti ed amici. 
E fra gli altri Antonino Polisano, il quale aveva in tasca due bombe a mano, e temendo di essere perquisito, estrasse dalle tasche le due bombe. e le posò su un tavolo, ritenendo di non essere osservato. 
Vedendolo, invece, compiere quel gesto, un militare francese, e con lui gli altri che erano entrati in casa del Catania, sotto la minaccia delle armi, intimarono a tutti di uscire fuori, e fattili mettere in fila indiana li perquisirono: e proprio in tasca del Basiricò trovarono le bende, di cui si era fatto cenno, e ritenendo che servissero per curare i feriti, lo colpirono con pugni in faccia. Subito dopo ordinarono loro di marciare in direzione di Paceco. 
Pervenuti all’altezza dell’incrocio con la strada Ponte Salemi, sulla via Marsala, dove un tempo insisteva la Santa Croce, furono accorpati ad altri Cittari, e sotto la minaccia delle armi, furono costretti a raggiungere Paceco, e rinchiusi in una stalla di fronte le Scuole Elementari. C'erano fra gli altri: i fratelli Alberto e Carmelo Amantia, i fratelli Domenico, Giuseppe e Salvatore Basiricò, Michele Grignano, Pietro La Scalia ed Antonino Polisano, ed i fratelli Alberto e Carmelo Amantia, il quale ultimo, però, fu condotto sotto una tenda che era stata installata al centro del cortile dell'edificio scolastico e malmenato. Prima di raggiungere l'edificio scolastico, intanto, grazie anche all’intervento di un gruppo di Pacecoti con in testa Salvatore Bologna, erano riusciti a scappare per le campagne Vito Adamo e Nardo Ciaramita. 
Trascorsa la notte, alle prime ore del giorno, sono entrati nel locale due militari francesi, che condussero fuori Michele Grignano ed Alberto Amantia. Poco dopo, li riaccompagnarono nella stalla, massacrati di botte, e quasi completamente nudi. 
Alla vista dei due compaesani, ridotti in quello stato pietoso per le botte subite, il Basiricò, quattordicenne, fu preso dal panico e dichiarò che se lo avessero picchiato avrebbe detto tutto ciò che sapeva ed aveva visto. 
Convinto dagli altri a non parlare, perché riferendo nomi e fatti avrebbe procurato conseguenze gravi agli altri Cittari, promise di non dire niente sugli avvenimenti del pomeriggio e della notte precedente. E fu di parola, perché ai francesi che lo interrogarono, malgrado avesse ricevuto qualche frustata, disse che non aveva visto né sentito niente. 
Dopo il Grignano, l'Amantia ed il Basiricò, la stessa sorte toccò a Domenico Basiricò e ad Ignazio Scaturro, trapanese, che era venuto a trovarsi malauguratamente, e per caso, assieme ai Cittari; e che fu trovato in possesso di uno schizzo, che riproduceva le strade che conducevano all'edificio scolastico, e ritenuto sospetto, perché pensarono i francesi che quello schizzo dovesse servire di guida per compiere un attentato al complesso dove erano acquartierati. 
In effetti lo Scaturro era completamente innocente ed estraneo alla faccenda, riferisce il Basiricò, perché la piantina, di cui era in possesso, non era che un semplice schizzo tracciato da un suo amico abitante in Paceco, nei pressi dell'edificio scolastico, dove lo Scaturro stava per recarsi.
Intanto alcuni giovani pace coti, guidati da Salvatore Bologna e da Gino Patti, che nei giorni scorsi avevano agitato la protesta per il comportamento dei militari francesi, si erano recati a Trapani, presso il Comando Americano, a denunciarli, perché avevano torturato i prigionieri Cittari, minacciando rappresaglie se non fossero intervenuti.
Subito, riferiscono 1’Arnantia ed il Basiricò, il Comando Americano inviò a Paceco un ufficiale ed alcuni militari che si fecero consegnare tutti i Cittari, che fatti salire su di un gippone, prima una metà e poi l’altra, furono trasportati a Trapani e rinchiusi nella caserma dei carabinieri, in via Orlandini. 
Là si trovavano già alcuni familiari dei Cittari catturati in compagnia di alcune autorità trapanesi e dell'avv. Paolo D'Antoni, allora prefetto di Trapani, il quale pregò il comandante dei carabinieri di procurar loro da mangiare e di sistemarli alla meno peggio per la notte.
Fu disposto anche il ricovero presso l'Ospedale S. Antonio, che aveva sede provvisoria presso l'Ospedale La Russa, di Alberto Amantia, Domenico Basiricò, Michele Grignano ed Ignazio Scaturro, che erano stati ridotti malconci per le botte ricevute. 
Dopo circa 48 ore, riferisce il Basiricò, un americano, un francese ed un carabiniere sono venuti a prendere Carmelo Amantia, accusato di avere estratto la vittoria e sparato (era stato invece Francesco Fiorino), Antonino Polisano, accusato di essere stato trovato in possesso di due bombe a mano e, dopo che fu dimesso dall'ospedale fu arrestato anche Ignazio Scaturro. accusato di essere stato trovato in possesso di una piccola pianta riproducente le strade che conducono all'edificio scolastico di Paceco per effettuare un azione di sabotaggio, e li condussero nelle carceri, dove furono rinchiusi in attesa del processo.
Gli altri, trattenuti in caserma per circa dieci giorni, in attesa del provvedimento disposto dal Comando Generale Alleato che aveva sede in Palermo furono rimessi in libertà il 20 aprile del 1944. 
La difesa degli imputati fu affidata all'avv. Ludovico Canino, affiancato in seguito dall'avv. Valentino Manzo, i quali inventarono, certamente a conoscenza del comportamento dei militari francesi nei confronti delle donne pacecote (che malumori e propositi di reazione avevano provocato in quella popolazione), inventarono, dicevamo, un alibi, affermando che la reazione dei Cittari era stata determinata dal fatto che un militare francese, moderno Droetto, aveva osato manifestare un «ardito» complimento ad una ragazza del posto. 
Dopo circa sei mesi, celebrato il processo (le cui carte ho cercato invano di rintracciare), i tre carcerati furono rimessi in libertà. 
Questi i fatti, sui quali certamente ha pesato il comportamento dei militari francesi in Paceco: comportamento che, data la vicinanza, era noto, ed aveva creato nell'animo di alcuni Cittari un atteggiamento di preoccupata diffidenza, che spiega, mista a sentimenti di dignità ed orgoglio nazionale, la reazione contro quei pochi militari francesi presenti in Xitta il 9 ed il 10 aprile del 1944. ''

L'oratore ha quindi concluso la sua relazione sottolineando che quello spiacevole evento costituì l'occasione per il riavvicinamento delle popolazioni dei due borghi fra i quali fino a quel momento non correvano buoni rapporti e ciò in relazione alla supremazia che assunse Paceco dopo la sua fondazione su Xitta.
Infatti in ordine cronologico Xitta ( denominata in origine S. Lorenzo la Xitta ) fu fondata nel 1504 da Giacomo Fardella, Barone di S. Giuliano e Capitano di Giustizia della città di Trapani, mentre Paceco fu fondata da Placido Fardella, Signore di S. Lorenzo, nel 1607 e prese il nome da Maria Pacheco Marchesa di Vilena e nipote del Vicerè di Sicilia e nonostante fosse 

stata fondata dopo ben presto ebbe il sopravvento sulla prima essendosi molti dei suoi abitanti trasferiti in essa.

La chiusura della esposizione è stata seguita da un dibattito con la partecipazione di molti dei presenti che si sono dimostrati non solo molto ineressati all'argomento ma anche ad altre situazioni correlate agli sviluppi che la 2^ Guerra Mondiale ebbe in Sicilia come il ruolo della Mafia locale e il ruolo che alcuni importanti capi mafia anche detenuti ( Cosa nostra ) si presume abbiano esercitato su e dal territorio americano nelle vicende dello sbarco in Sicilia.  

A tutti il Prof. Bongiorno ha risposto in modo esauriente fornendo ulteriori chiarmenti e delucidazioni.

A termine del dibattito il Prof. Valenti dopo aver ricordato ancora ai presenti che l'incontro del 22 marzo 2014, pur rientrando nei calendario del XXVIII Corso di cultura indetto dall'Associazione, si terrà nei locali del Museo Pepoli di Trapani con orario anticipato alle ore 17.00 per motivi logistici, ha consegnato al relatore a ricordo della serata un piatto in ceramica di Burgio sponsorizzato dalla Ditta Bono Antiquariato di Trapani.

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