2015 - 05 - 02: Prof.ssa Lina Novara - Le Cattedrali normanne in Sicilia
Sabato 2 maggio 2015 alle ore 18.30 nella sala delle riunioni dell'Associazione per la Tutela delle Tradizioni Popolari del Trapanese sita in Trapani via Vespri 32 nell'ambito delle attività previste dal XXIX Corso di cultura per l'anno 2015 ha avuto luogo l'incontro con la Prof.ssa Lina Novara.
La relatrice, Presidente dell'Associazione '' Amici del Museo Pepoli '' e storico dell'arte, è stata accolta cordialmente dal Professore Valenti e dai presenti ai quali è ben nota in quanto fin dalla sua fondazione ha costantemente partecipato alle sue annuali attività culturali con interessanti relazioni.
Aperti i lavori, il Presidente ha comunicato i seguenti avvisi organizzativi relativi:
- al viaggio a Roma previsto dal 12 al 18 giugno 2015 per il quale possono già essere effettuate le relative prenotazioni;
- alla conferenza che si terrà mercoledì 6 maggio 2015 presso il Museo Pepoli di Trapani alle ore 17.00 nell'ambito delle attività per i 100 anni del Museo dal titolo '' Il Museo dal periodo bellico ai nostri giorni '' che sarà tenuta dalla Prof.ssa Lina Novara e dalla Dott.ssa Daniela Scandariato ed alla quale i soci sono invitati a partecipare;
e ciò detto ha passato la parola all'ospite.
La Prof.ssa Novara dopo aver ringraziato l'Associazione per l'invito che annualmente le viene rivolto, che peraltro accetta sempre con piacere, ed i numerosi presenti in sala, è entrata subito in argomento.
Di seguito per gentile concessione della stessa si riportano il testo integrale della relazione e la serie di diapositive che sono state proiettate ad integrazione e completamento di quanto via via riferiva.
''Le cattedrali normanne in Sicilia
Per celebrare la conquista della Sicilia e il ritorno alla sovranità di matrice cattolica, dopo aver scacciato gli Arabi, la casata degli Altavilla promosse e favorì la costruzione di splendide e monumentali cattedrali nelle località che erano state teatro delle battaglie più cruente, in gran parte rimaneggiate e riedificate nei secoli.
Non fu certo lo spirito puramente missionario ad animare il conte Ruggero e il fratello Roberto il Guiscardo – intraprendenti figli di Tancredi di Altavilla - nel liberare la Sicilia dal dominio musulmano a partire dal 1060, quanto il desiderio di conquista che avrebbe loro riservato il diritto di conservare le terre come loro proprietà o di affidarle in feudo, esigendo rendite di varia natura.
Fatti salvi i suoi interessi, il gran conte Ruggero da buon politico fu tollerante in campo religioso, lasciando a tutti libertà di culto, sicuramente per non crearsi inutili fastidi.
I rapporti col papa non furono sempre idilliaci e alla pretesa di Urbano II di nominare personalmente il suo legato pontificio nell’Isola, rispose facendo arrestare il vescovo di Troina e imponendo al papa di revocare la nomina; pro bono pacis Urbano IIcon bolla del 1098 concesse al conte e ai suoi successori il potere esclusivo di legato apostolico in Sicilia e in Calabria, e li fece rappresentanti autorizzati della Santa Sede.
Per le diocesi che si premurò di istituire, Ruggero tracciò i confini, nominò i vescovi – suoi fidi di origine nordica - e pretese un corrispettivo in uomini o in beni materiali, come per i feudi che andava assegnando: il vescovo di Patti, ad esempio, doveva fornire 296 marinai e legname per gli arsenali navali.
L'architettura normanna in Sicilia viene distinta in tre periodi:
- il periodo della contea (1061-1130),
- il periodo del regno (1130-1154)
- l'età guglielmina (1154-1195) nella quale sorgono le cattedrali di Palermo e Monreale.
Le grandi cattedrali, destinate ad ospitare la cattedra del vescovo in ciascuna diocesi, per lo più derivano la pianta dal prototipo dell'abbazia di Cluny, a croce latina con facciata affiancata da torri.
I primi esempi, seppure oggi molto alterati, sono rappresentati dalla prima fase della Cattedrale del Santissimo Salvatore di Mazara del Vallo (1086-1093), da quella della Cattedrale di Sant'Agata a Catania (1086-1091, in parte distrutta da un terremoto nel 1169), e da quella del Duomo di Messina (ricostruito e consacrato nel 1197).
Le caratteristiche dell’architettura normanna sono più riconoscibili nel duomo di Cefalù, voluto dal re Ruggero II, e nel duomo di Monreale, iniziato nel 1174 da Guglielmo II.
Esse si ispirano a diversi apporti: all'architettura romanica, che si era sviluppata a partire dal X secolo nelle terre di provenienza dei conquistatori e che caratterizza pianta e aspetto generale di chiese e monasteri di nuova fondazione: pianta basilicale a croce latina (tre navate e transetto), facciate con torri massicce, figure umane, di animali e di vegetali stilizzati scolpite sui capitelli; all'arte bizantina, in particolare per le decorazioni a mosaico e la planimetria della zona absidale; all'architettura araba, per la geometria, gli archi ad ogiva ed il gioco degli intrecci di essi.
Questi diversi influssi vennero tuttavia fusi in un linguaggio originale e crearono uno stile che proseguì nel successivo periodo svevo. Va comunque sottolineato che oltre ai diversi apporti nella costruzione delle cattedrali siculo-normanne si intrecciano storie di popoli, di civiltà, di maestranze, di fede, di arte, di religiosità.
Cattedrale di Mazara
La cattedrale ha una storia lunga circa mille anni. Sorse probabilmente nel sito della principale moschea musulmana, e volerla, nel 1093, fu il "gran conte" Ruggero, che aveva conquistato la città nel 1072 ed eretto la prima diocesi nel 1093.
Il primo vescovo nominato fu Stefano Ferro di Rouen (1093-1142), un benedettino, parente del conte.
La cattedrale fu anche la concretizzazione di un voto espresso nel 1072 da Ruggero durante uno scontro decisivo contro i Musulmani nel quale sconfisse il capo Mokarta.
Presa Mazara ed espugnata Palermo, Ruggero onorò la promessa con la costruzione della cattedrale, nel luogo che secondo la leggenda era stato teatro dello scontro: sulla facciata un rilievo del 1584 raffigura il conte trionfante sul capo musulmano e Giovanni I Grifeo che gli protegge le spalle e guida il resto della truppa.
Il cavaliere e capitano Grifeo dopo avere eroicamente protetto e salvato il conte ebbe in premio dallo stesso Ruggero la Baronia di Partanna. La stessa scena è rappresentata in un dipinto della Sala del Trono del Castello di Partanna.
L'originale struttura normanna della cattedrale sopravvive oggi in pochi elementi: nell'abside e nelle mura del transetto. L’edificio infatti fu quasi completamente ricostruito nella seconda metà del XVII secolo ad opera del trapanese Don Pietro Castro e a seguito di una lunga serie di rimaneggiamenti.
Tra gli elementi più antichi che resistono è un affresco (secoli XI-XIII) con Gesù Pantocrator benedicente.
La diocesi ha festeggiato, nel 1993, il nono centenario della sua fondazione, in occasione del quale papa Giovanni Paolo II la visitò: in ricordo di tale avvenimento il vescovo Emanuele Catarinicchia fece collocare nello spazio antistante la cattedrale una colonna dell'antica cattedrale normanna, con iscrizione alla base.
Cattedrale di Catania
La cattedrale sorge sui resti di un importante edificio termale del II secolo d. C.
L’attuale edificio, il cui impianto originario risale al 1094, è il risultato di numerose trasformazioni subite nell’arco dei secoli in seguito alle calamità naturali che si sono abbattute sul capoluogo etneo.
Nel 1092 papa Urbano II concesse a Ruggero di ripristinare la diocesi di Catania e di affidare il potere episcopale all’Abate benedettino Ansgerio, un bretone di sua piena fiducia il quale venne anche nominato signore feudale del vastissimo territorio della diocesi con il potere di amministrare la giustizia.
Ruggero per la cattedrale scelse, in un primo tempo, il sito dell’odierna chiesa di Sant’Agata la Vetere dove nel 1091 aveva fondato un monastero con annessa chiesa abbaziale. Nel 1094 preferì trasferire la sede vescovile nel cuore della città e l’antica chiesa cattedrale venne denominata Sant’Agata la Vetere per distinguerla dalla nuova.
Secondo Ruggero era necessario edificare la nuova chiesa vicino al mare, con muri spessi e nelle forme di una “ecclesia munita” (chiesa – fortezza) non solo per difendere la città e il litorale dagli attacchi esterni, provenienti dal mare, ma soprattutto perché, con le sue forme, sarebbe stata chiara espressione dell’accentramento dei poteri politici e religiosi nelle mani del vescovo.
Dell’antico impianto normanno rimangono solo i muri perimetrali del transetto e delle absidi (visibili dal cortile del Palazzo Arcivescovile) caratterizzati dalle feritoie e dai camminamenti di ronda, delimitati dai merli.
Quando nel 1232 la città di Catania aderì ad una rivolta anti-sveva, che aveva unito diverse città siciliane, Federico II di Svevia, re di Sicilia, venne appositamente con un poderoso esercito per punire la città rivoltosa. Secondo la tradizione, re Federico, infuriato, ordinò di distruggere la città e di uccidere tutti i suoi abitanti, ma revocò l'ordine e si pentì del suo intento quando, assistendo ad una messa in cattedrale, lesse la frase miracolosamente apparsa sul suo breviario "Noli offendere Patriam Agathae quia ultrix iniuriarum est
Cattedrale di Messina
Fu Ruggero I a volere la rifondazione della cattedrale dopo la profanazione e i guasti apportati dai Musulmani durante la loro dominazione. Fu consacrata il 22 settembre 1197 dall'arcivescovo Berardo, presenti l'imperatore Enrico VI, figlio di Federico Barbarossa, e la regina Costanza d'Altavilla, ultima principessa normanna, che a lui era andata sposa portandogli in dote il Regno di Sicilia. Le strutture originarie del sacro edificio, lungo il corso dei secoli, sono andate soggette a frequentissime trasformazioni, talora con l'aggiunta di elementi architettonici e decorativi secondo il gusto del tempo. Ciò fu dovuto quasi sempre alle ferite inflitte da disastrosi eventi, soprattutto da terremoti, e alla conseguente necessità di ricostruire in tutto o in parte.
Cattedrale di Cefalù
La Sicilia è stata da sempre un fertile crocevia di popoli e di culture che si sono succeduti nella dominazione.
La cattedrale di Cefalù riflette con evidenza la complessità di una tradizione architettonica fortemente condizionata da tecniche costruttive e motivi ornamentali fra loro molto diversi -bizantini, arabi, normanni - che in essa si fondono in modo creativo e armonioso.
Si tratta di un monumento dove confluiscono tutte le esperienze artistiche europee, dalle più antiche alle più mature, e che rimane come documento indiscusso dell’altezza e della forza espressiva della cultura medievale siciliana. La commistione degli stili rispecchia la vera natura dell’edificio: Cefalù, infatti, doveva rappresentare l’autorità regia in riferimento a tutte le componenti del Regnum: quella latina, quella greca e quella magrebina.
Nella notte di Natale del 1130 Ruggero II d’Altavilla (figlio del Gran Conte) si fa incoronare primo Re di Sicilia. La prima grande realizzazione dell’epoca del Regno è la costruzione della grandiosa cattedrale di Cefalù, la cui posa della prima pietra avvenne il giorno di Pentecoste del 1131 e si presume sia stata portata a termine soltanto fra il 1166 ed il 1170.
Secondo la tradizione il Duomo di Cefalù va guardato alla luce di un grande desiderio e di una fervida devozione di Ruggero, in quanto voluto per assolvere ad un voto fatto al Santissimo Salvatore per essersi salvato da una tempesta in mare nel 1131 approdando sulle spiagge della cittadina.
La vera motivazione sembra piuttosto essere stata di natura politico-militare, dato il suo carattere di fortezza.
L’ipotesi storica più accreditata fa iniziare la decorazione musiva a partire dal 1145 contestualmente alla decisione di Ruggero di destinare il tempio a mausoleo per sé e, forse, per i suoi discendenti.
Infatti nel 1145 fece collocare nel coro della chiesa due antichi sarcofagi in porfido, (marmo pregiato riservato agli Imperatori di Costantinopoli), prelevati da Roma e rilavorati in Sicilia, destinati, l’uno a raccogliere le spoglie dello stesso re, l’altro a fungere da cenotafio, secondo un accostamento che doveva servire a rafforzare l’idea della funzione funeraria, regale e personale di Ruggero II che, come gli imperatori bizantini, amava proporsi come Rex e Sacerdos.
Alla morte di Ruggero, avvenuta a Palermo nel 1154, i canonici della cattedrale palermitana si rifiutarono di consegnare il corpo del re ai canonici della cattedrale di Cefalù e le due grandi arche non accolsero mai le sue spoglie che furono inumate, invece, nella cattedrale di Palermo in un sarcofago sì di porfido, ma formato da una semplice cassa con coperchio a spioventi, sostenuta da quattro cariatidi di marmo bianco, tuttora esistente. Successivamente, nel 1125, Federico II fece traslare i due sarcofagi a Palermo per destinarli uno ad accogliere le proprie spoglie, l’altro per la degna sepoltura del padre. Le tre tombe, assieme a quella della prima moglie di Federico, Costanza d’Aragona, si trovano ancora oggi nella cattedrale di Palermo.
La cattedrale di Cefalù domina il piccolo centro marinaro che è a sua volta sovrastato da un'alta rupe. Si tratta di uno dei più interessanti monumenti medievali dell'isola, che doveva, nelle intenzioni di Ruggero II, testimoniare la potenza della casa degli Altavilla che aveva riconquistato la Sicilia e che ne aveva assunto la corona.
Ruggero svolse nei riguardi della “sua” Cattedrale il ruolo di structor che in termini moderni si può tradurre come “regista” o “conceptur" dell’intero progetto decorativo e funzionale dell’immensa fabbrica che, una volta ultimata, venne affidata ai canonici regolari, appositamente chiamati da Bagnara calabra.
La compresenza di elementi architettonici latini, greci ed arabi doveva testimoniare l'unione delle varie culture all'interno del Regno appena fondato.
Molto si è discusso e si discute sulle peculiarità stilistiche della cattedrale, ponendo l’accento di volta in volta su elementi nordici e latini o su elementi arabi ed orientali.
La chiesa è preceduta da un ampio sagrato a terrazza al quale si accede per mezzo di una scalinata: esso svolgeva la funzione di cimitero ed era stato realizzato con terra portata appositamente da Gerusalemme, sia per motivi religiosi, sia per la sua particolare composizione che aveva la caratteristica di mummificare rapidamente i corpi che vi erano sepolti.
La facciata principale ad ovest è caratterizzata da due torri massicce e squadrate alleggerite da eleganti bifore e monofore e sormontate da cuspidi piramidali aggiunte nel Quattrocento. Fra le due torri, è stato aggiunto nel 1471 il portico tetrastilo, realizzato dal magister Ambrosius da Como. Sotto il portico si apre la “Porta Regum”, impreziosita da un portale marmoreo a cinque ghiere riccamente scolpite.
Al secondo ordine si trova un grande finestrone centrale, affiancato da archi ciechi intrecciati su colonnine, caratterizzati dal motivo a zig-zag: un'iscrizione del 1240 testimonia che un tal Giovanni Panittera ha operato sulla facciata.
Gli stessi elementi ornamentali, in più semplice sequenza, definiscono l'ultimo livello.
Di grande rilievo storico-architettonico è il prospetto absidale che evidenzia le interruzioni, le riprese ed i mutamenti subiti dal progetto. Le absidi, in particolare quella centrale, dovevano avere in origine uno slancio ancora maggiore. Le due laterali sono decorate superiormente da archetti incrociati e da mensoloni scolpiti: databili fra il 1215 e il 1223, raffigurano maschere, teste d’animali e figure umane in posizioni contorte.
Dal punto di vista volumetrico, la chiesa ed in particolare il transetto richiamano l’architettura anglo e franco normanna del XII secolo.
Annesso alla cattedrale è il chiostro che rappresenta una delle più considerevoli testimonianze artistiche non solo del Medioevo siciliano ma dell'arte medievale europea, per l'eccezionale pregio del ciclo di capitelli variamente decorati con elementi vegetali e figurati che sormontano le colonnine binate.
Si alternano nella decorazione figurata putti ed animali tra girali di derivazione classica, scene della Genesi, raffigurazioni della nave di Noè, mostri dal corpo di rettile e volto femminile, uccelli affrontati ed altri animali, originali raffigurazioni di acrobati.
Il chiostro, della cui struttura originaria si conservano solo le corsie sud ed ovest, costituisce il prototipo di quello di Monreale.
Entrando all’interno del Duomo dal portale principale ci si ritrova nella navata centrale di una basilica divisa in tre navate da otto colonne di granito (eccezion fatta per la prima che è di marmo cipollino), con capitelli, corinzi di rimpiego, risalenti al II secolo - classici e bizantini - su cui si impostano archi a sesto acuto, dagli alti piedritti, di gusto islamico, che conferiscono alla navata un senso di più forte verticalità.
Sia la navata centrale che quelle laterali hanno la copertura con travature lignee a vista; nelle travi del tetto della navata centrale, uno tra i pochissimi esistenti che conserva grande parte degli originali elementi medievali, su di un fondale a stelle e disegni geometrici, sono dipinti animali ed esseri ibridi, scene di danza, di musica e di lotta.
Nell’ampio transetto sono chiaramente visibili i segni delle varianti apportate alla primitiva idea progettuale della chiesa; esso infatti presenta un doppio arco trionfale, di cui quello più esterno fu concepito anteriormente per la basilica di dimensioni maggiori, ma mai realizzata. Proprio in questo punto si può chiaramente notare il mancato nesso tra la navata principale e la parte absidale. E’ comunque certo che il transetto è la parte più interessante dell’intero edificio, in quanto conserva la maestosa disposizione, originariamente progettata. Nelle due cappelle laterali che comunicano con il presbiterio, sono pochi gli elementi architettonici originari superstiti, in quanto entrambe sono state ricoperte da stucchi barocchi.
Due grandi capitelli figurati reggono l’arco trionfale e sono probabilmente prodotti di una bottega pugliese e risalgono alla metà del XII secolo.
Il presbiterio, coperto da due crociere costolonate, si conclude con l'abside centrale. La seconda campata e l'abside sono ornate da preziosissimi mosaici figurati su fondo oro del XII secolo.
Ai lati dell’abside si trovano la prothesis, luogo destinato alla conservazione delle offerte dei fedeli, ed il diaconicon, adibito alla conservazione dei vasi e dei paramenti sacri,
Il fulcro della spazialità interna è rappresentato dalla parte sommitale dell’abside
Alla stessa maniera che nella cappella Palatina e nella chiesa di S. Maria dell’Ammiraglio di Palermo, anche nell’abside del Duomo di Cefalù le figure che compongono la decorazione sono sistemate secondo i canoni di una gerarchia liturgica ed in relazione con l’impianto basilicale, il «Pantocrator» domina dall’alto dell’abside.
La decorazione musiva, forse prevista per tutto l’interno, fu realizzata solamente nel presbiterio e ricopre attualmente l’abside e circa la metà delle pareti laterali.
Per la sua realizzazione Ruggero II chiamò maestri bizantini, di Costantinopoli, che adattarono allo spazio architettonico cicli decorativi di matrice orientale: distinti in quattro zone orizzontali i mosaici sono definiti il complesso bizantino più greco della Sicilia.
La figura dominante è quella del Cristo Pantocratore - colui che abbraccia tutte le cose - che, dall’alto dell’abside, mostra i suoi attributi cristologici: ha la mano destra alzata e tiene uniti indice e medio, indicanti le sue due nature, divina e umana, unite insieme; il pollice, mignolo e anulare congiunti indicano invece il mistero della Trinità. Con la sinistra regge il Vangelo aperto al versetto 8,12 del Vangelo secondo Giovanni: «Io sono la luce del mondo; chi segue me non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della vita», nella duplice iscrizione greca e latina.
Al centro, nel registro inferiore, è la Vergine orante elegantemente panneggiata e fiancheggiata dai quattro arcangeli Raffaele, Michele, Gabriele e Uriele.
Ai lati del finestrone centrale, sono le figure dei santi Pietro e Paolo e degli evangelisti nella terza fascia e, infine, nella quarta gli apostoli, distribuiti secondo un preciso programma teologico.
Nelle pareti laterali sono invece figure di profeti e santi. Nella decorazione della crociera sono raffigurati quattro cherubini e quattro serafini.
La decorazione musiva fu realizzata entro il 1170, ma nella parte inferiore e sulla metà anteriore delle pareti del presbiterio venne completata nel Seicento, al di sopra di precedenti decorazioni pittoriche di cui restano scarse tracce.
I mosaici non furono pensati fin dalla fondazione della fabbrica ma seguirono la scelta di Ruggero di fare della cattedrale di Cefalù il suo mausoleo.
A Cefalù i ritmi lineari sono puri e organici, raffinata la gamma cromatica che rivela un timbro bizantino di prima mano e propone accostamenti ed esiti ricercatissimi e preziosi: sono assenti i colori violenti e netti (prediletti invece nei mosaici di Santa Maria dell’Ammiraglio), nobile è l’impostazione delle figure ieraticamente rappresentate sul fondo aureo.
L’iscrizione, rara e preziosa, posta alla base del catino absidale reca l’anno 1148 e data i mosaici dell’abside: l’unico altro complesso musivo datato fra quelli della Sicilia normanno-sveva, è quello della cupola della cappella Palatina di Palermo, la cui data è l’anno 1143.
Tutti gli studiosi che si sono occupati dei mosaici di Cefalù concordano nell’affermare che i mosaici dell’abside e del presbiterio non sono contemporanei, tuttavia da una parte c’è chi ritiene i mosaici della crociera e della parete del presbiterio ascrivibili ad una fase del tutto separata e successiva a quella absidale e da riferire agli anni di Guglielmo I (1154-1166), dall’altra, c’è chi propone l’anno 1148 e ritiene che siano opera di grandissimi mosaicisti sia i mosaici dell’abside che quelli della crociera.
Al di là della ricerca di possibili soluzioni, i mosaici di Cefalù spiccano per qualità stilistica fra i tre complessi musivi di età ruggeriana e talvolta vengono considerati come asse portante della pittura bizantina, di radice costantinopolitana, riconducibile a quel classicismo bizantino che è testimoniato dai mosaici di Dafni (metà circa dell’XI secolo).
Cattedrale di Palermo
Dopo l’editto di Costantino, nel IV secolo, i Palermitani costruiscono la loro prima Cattedrale, poi distrutta dai Vandali e ricostruita nel 604, nel luogo dove aveva celebrato il vescovo S. Mamiliano e dove molti fedeli erano stati martirizzati. Nell’831 i Musulmani la trasformarono in una grande moschea detta “Gami” e nel 1072 i Normanni restituirono la moschea "Gami" al culto cristiano.
La cattedrale voluta da Gregorio Magno doveva, molto probabilmente, versare in cattivo stato e Palermo, capitale del regno, doveva avere una cattedrale “normanna” ma Guglielmo II, detto il buono, aveva deciso di costruirla a Monreale.
L'arcivescovo Gualtiero Offamilio si oppose fermamente al volere del re, ma tutti i suoi tentativi di bloccare la costruzione monrealese, furono vani e Gualtiero prese la decisione di edificare a Palermo una "nuova" Cattedrale, abbattendo la vecchia.
E’ incerto l’anno di inizio della costruzione e si sconosce quanto dell'antico tempio sia stato reimpiegato nella nuova costruzione completata nel 1185 e consacrata alla Vergine Assunta.
Lo sviluppo in pianta della nuova cattedrale risente dei forti influssi nord europei e bizantini: l’aula, divisa in tre navate molto allungate, si sviluppa secondo la forma della "basilica romana" e la zona del Santuario, con protesis e diaconicon, nel suo sviluppo centrico è di ispirazione bizantina: motivi questi che si ritrovano nella strutturazione degli spazi interni del Duomo di Monreale.
L’odierna cattedrale è il risultato dei grandi lavori di restauro eseguiti secondo il progetto di Ferdinando Fuga tra il 1781 e il 1801.
Interessante il prospetto orientale, visibile dalla Piazza Sett'Angeli, costituito dalle torri angolari e dalle pareti esterne dell’abside e della protesis e del diaconicon dell'antico tempio gualteriano.
Era questa la zona del “santuario” della chiesa normanna, luogo di forte ed intensa spiritualità, in quanto luogo della memoria del sacrificio di Cristo per la salvezza dell'uomo e custodia del suo Corpo Eucaristico.
Il santuario, secondo una sensibilità bizantina, è rivolto ad oriente, punto da cui ha origine la luce, e verso Gerusalemme, come segno della tensione del cristiano verso Cristo: la "Luce".
Nelle pareti esterne è visibile uno dei più alti esempi di decorazione a tarsia lavica (inserita in conci di tufo) formata da elementi geometrici e floreali, che ci sia pervenuto, testimonianza della profonda assimilazione della cultura araba da parte dei Normanni.
Cattedrale di Monreale
Il Duomo di Monreale si colloca al termine del percorso italiano dell’architettura normanna anteriore all’avvento di Federico II e ne è una sintesi estrema. Componente significativa di questa sintesi sono i mosaici delle pareti interne.
I rapporti di alleanza tra la dinastia degli Altavilla e il papato si guastarono ben presto per la concezione assoluta della monarchia maturata progressivamente dai sovrani normanni sul modello degli imperatori bizantini: per contrastare l’autorità del vescovo di Palermo, che, al contrario, si adoperava nel ribadire che la dignità regale fosse una concessione del papa agli Altavilla, Guglielmo il buono fondò una nuova diocesi a Monreale con l’intento di farne il nuovo cuore della vita religiosa dell’isola, sotto stretto controllo regio. Esso in un primo momento (1172) venne concepito come chiesa dell'annessa abbazia territoriale benedettina, indipendente dalla cattedra di Palermo, e nel 1178 l'abate Guglielmo ottenne che fosse eretta l'arcidiocesi metropolitana di Monreale di cui la chiesa abbaziale divenne la cattedrale.
Secondo una leggenda, Guglielmo II, succeduto al padre sul trono di Sicilia, si sarebbe addormentato sotto un albero di carrubo, colto da stanchezza, mentre era a caccia nei boschi di Monreale. In sogno gli apparve la Madonna, alla quale era molto devoto, che gli rivelò il segreto di una “truvatura” con queste parole: “Nel luogo dove stai dormendo è nascosto il più grande tesoro del mondo: dissotterralo e costruiscici un tempio in mio onore”. Dette queste parole, la Vergine scomparve e Guglielmo, fiducioso della rivelazione in sogno, ordinò che si sradicasse il carrubo e si scavasse intorno. Con grande stupore venne scoperto un tesoro in monete d’oro che furono subito destinate alla costruzione del Duomo di Monreale.
Situato sulle pendici di Monte Capùto, nell’immediato entroterra palermitano, venne consacrato nel 1185, a dimostrazione dell’impegno profuso da Guglielmo che, in questo modo, intendeva forse ricalcare le orme del nonno Ruggero, committente – come s’è visto- della cattedrale di Cefalù.
La costruzione del grande tempio fu portata a termine quasi un secolo dopo nel 1267 ma nei secoli successivi esso subì alcune modifiche: nel Cinquecento, su progetto di Giovanni Domenico Gagini e Fazio Gagini, venne costruito il portico lungo il fianco sinistro, mentre quello della facciata principale fu aggiunto nel XVIII secolo; sempre nel Cinquecento fu realizzata gran parte del pavimento interno; nel 1811 un incendio distrusse il soffitto che fu ricostruito tra il 1816 e il 1837. In tale occasione vennero anche realizzati i nuovi stalli del coro in stile neogotico.
La cattedrale riprende, sviluppandoli in chiave ancora più solenne e maestosa (102 x 40 m), i modelli della Cappella Palatina e del Duomo di Cefalù, dando spazio, sulle pareti delle navate, del santuario e delle absidi ad uno straordinario ciclo a mosaico, realizzato fra la fine del XIII secolo e i primi decenni di quello successivo, che comprende tutta la storia della salvezza, dall’Antico al Nuovo Testamento.
Le successive trasformazioni non hanno infatti alterato il celebre duomo che rimane il classico esempio del sincretismo normanno per la compresenza di elementi settentrionali (le torri di facciata), islamici (il cromatismo e gli intrecci degli straordinari archi absidali esterni), bizantini(i mosaici che rivestono completamente gli interni).
La facciata, prospiciente la piazza quadrangolare, è stretta fra due torri campanarie, di cui quella di sinistra è rimasta incompiuta al primo ordine: l'ingresso è preceduto dal portico settecentesco. Nella parte superiore della facciata, terminante con un basso timpano triangolare, si apre una monofora ogivale incorniciata da una decorazione ad archetti ciechi, intrecciati fra di loro.
Vi si può accedere da due eccezionali porte bronzee. Quella del bel portico rinascimentale laterale è di Barisano da Trani, del 1179, che l’ha ornato con riquadri raffiguranti Santi ed Evangelisti, di stampo orientale, simili a quelli del duomo della sua città natale e di quello di Ravello. La porta maggiore è formata invece da due battenti con storie del Vecchio e Nuovo Testamento, firmati nel 1186 da Bonanno Pisano, che supera le ascendenze bizantine nella solidità dei modellati dei personaggi essenziali intorno ai quali è composta la scena.
Il vasto interno della cattedrale ha pianta a croce latina con transetto poco sporgente che di fatto è una continuazione, ai lati del presbiterio, delle navate laterali.
Le navate sono divise da 18 colonne di epoca romana, con capitelli e pulvino che sostengono archi a sesto acuto di tipo arabo.
La mancanza di volte a crociera (la copertura è a capriate) e la conseguente assenza di pilastri che le sorreggano, conferisce alle pareti laterali un senso di armoniosa continuità.
Navate, transetto e absidi sono interamente rivestiti da un apparato di decorazioni musive di scuola bizantina a fondo oro, eseguiti tra il XII e la metà del XIII secolo da maestranze in parte locali e in parte veneziane, formatesi alla scuola bizantina (“i mastri di l’oru”).
La superficie musiva misura circa 7000 mq. ed è la più estesa del mondo.
La luce che penetra dalle finestre illumina le pareti che sembrano annullare il loro spessore nello scintillio dell’oro; i mosaici che ricoprono ogni parte dell’edificio lo rendono simile a uno scrigno prezioso.
Il ciclo musivo comprende tutta la storia della salvezza, dall’Antico al Nuovo Testamento. Nel catino dell’abside giganteggia la figura a mezzo busto di Cristo Pantocratore, nel registro mediano la Madonna col Bambino affiancata da Angeli e Apostoli, in quello inferiore figure di Santi.
Gli episodi narrativi, in cui hanno uno spazio particolare le Storie della Genesi e le Storie evangeliche,si snodano lungo la navata centrale mentre le due absidi laterali sono dedicate ai Santi Pietro e Paolo.
Infine sopra il trono regale un brano di dedica con Guglielmo II che riceve la corona da Cristo e sopra la cattedra episcopale Guglielmo II che offre la Cattedrale alla Vergine Maria.
Elementi tipicamente bizantini sono i pulvini, la crociera del transetto a pianta quadrata e la decorazione musiva; elementi arabi sono le arcate ogivali, il soffitto ligneo con decorazione policroma geometrizzata e la decorazione a stalattiti stilizzate, nella crociera.
Seguendo le colonne, si percorre un cammino verso l’origine, cioè verso Colui attraverso il quale l’uomo può divenire pienamente se stesso; nel catino absidale, infatti, vi è la figura imponente del Cristo benedicente, con la scritta in greco “Jesùs Cristòs o pantocràtor” (Gesù Cristo l’onnipotente). Egli indossa una tunica rossa lumeggiata di oro e un manto azzurro. Il rosso e l’oro sono i colori che simboleggiano l’umanità e la regalità; l’azzurro è il colore che rappresenta la divinità.
Sotto di Lui, vi è la Madonna, accompagnata dalla scritta greca “panacròntas” (tutta immacolata), attorniata da Angeli e Apostoli; più in basso, uno stuolo di Santi; nell’abside di sinistra ve n’è uno contemporaneo ai costruttori del Duomo, San Tommaso Bechet. Queste immagini indicano chiaramente che a Cristo si giunge attraverso il sostegno e la compagnia della Chiesa.
I mosaici di Monreale sono un’opera teologica (parlano di Dio) e teofanica (mostrano Dio). La decorazione musiva ha finalità didattica, cioè insegna la fede. In un momento storico in cui i libri venivano copiati a mano e quindi solo poche persone potevano possedere una Bibbia o parte di essa, quando la stragrande maggioranza dei cittadini era analfabeta, il mosaico (come la pittura e la scultura) costituiva la Biblia pauperum cioè la Bibbia dei poveri, in quanto serviva a mostrare visivamente a tutti ciò che il sacerdote predicava e insegnava: così i fedeli potevano fare memoria della storia della salvezza più facilmente.
La parte più bassa delle pareti, dal fregio “a palmizi” al piano pavimentale, sul modello della Cappella Palatina di Palermo, è uniformemente resa ad incrostazione marmorea e fasce verticali (in tutto 493 unità), in mosaico ruotato, a motivi geometrici.
Nel Duomo di Monreale, si conserva il sarcofago in porfido di Guglielmo I, morto nel 1166, e quello marmoreo di Guglielmo II il buono. Sul lato sinistro, dentro tombe ottocentesche, si trovano inoltre le spoglie di Margherita di Navarra e di Sicilia, moglie di Guglielmo I, e dei figli Ruggero ed Enrico.
L'esterno, nell'area absidale, conserva intatta l'impronta siculo-normanna ed è ornato a vari disegni formanti una serie di archi di pietre bianche e nere con cerchi al di sotto, assai ben combinati e disposti tra loro: il fitto intreccio di archi acuti evoca atmosfere arabeggianti esaltate dalla ricercata policromia dei materiali impiegati soprattutto calcare bruno, laterizio rossastro e pomice lavica nera.
Araba, infine, è anche l’impostazione dell’attiguo chiostro quadrato, aggiunto tra il 1176 e il 1189, che si trova sul lato destro del Duomo ed è il più grande e pittoresco fra tutti quelli del XII secolo. Esso - unico resto dell’originario monastero benedettino - presenta 208 colonnette binate, di accuratissima e fantasiosa fattura, incise, dipinte, intarsiate a mosaico ad archetti acuti dalle doppie ghiere lavorate. La ricchezza dell’ornamentazione di basi, tori, fusti e capitelli, variamente scolpiti o intarsiati con pietre policrome, offre uno straordinario panorama del raffinato cosmopolitismo raggiunto degli artisti della Sicilia normanna.
Il chiostro è di forma quadrata di circa 50 metri di lato. Da tutto l’insieme nasce un sottile movimento fantasioso che culmina, in un piccolo recinto quadrangolare, ad angolo, delimitato da tre arcate per lato: al centro è una fontana,la cui acqua sgorga da una colonnina arabeggiante, a fusto con forma di tronco di palma, dal disegno stilizzato, di straordinaria grazia e bellezza. E’ come un piccolo chiostro nel chiostro, intimo, riservato, e, al tempo stesso, comunicante, attraverso gli archetti, con il maggiore. Facile immaginare, qui più che altrove, il significato dei giardini lussureggianti nella fertile piana della Palermo normanna, con i loro infiniti recessi e il mormorio delle acque in mezzo al rigoglio della vegetazione.
Guy de Maupassant , preso dal fascino di questo luogo esclamava: '' Come non amare questi chiostri, luoghi tranquilli, chiusi, inventati….questi corridoi di pietra…, corridoi di colonne che chiudono un piccolo giardino che fa riposare l’occhio senza turbarlo e senza disturbarlo….''. ''.
La fine della relazione è stata seguita da un breve dibattito che ha visto la partecipazione di molti dei presenti.
Al termine di esso il Prof. Valenti ha ringraziato la Prof.ssa Novara per l'interessante ed approfondita esposizione del tema della serata ed a ricordo dell'evento le ha offerto il libro '' Storia di Trapani '' di S. Costanza.
La serata si è conclusa con l'arrivederci a sabato 9 maggio 2015 nella sede dell'Associazione alle ore 18.00 per il prossimo incontro in programma.