2016 - 04 - 23: Prof. G. Carlo Marino - L'autonomia siciliana tra speranze e delusioni
Sabato 23 aprile 2016 alle ore 18.30 nella sala delle riunioni dell'Associazione per la Tutela delle Tradizioni Popolari del Trapanese sita in Trapani via Vespri 32 con la partecipazione di un numeroso gruppo di soci e di simpatizzanti ha avuto luogo il settimanale incontro come previsto dal programma delle attività dell'anno sociale 2016, XXX Corso di cultura.
Aperti i lavori della serata, il Prof. Valenti, dopo aver chiesto scusa all'ospite della serata, Prof. G. Carlo Marino, per motivi di opportunità ha comunicato i seguenti avvisi organizzativi:
- per la Scampagnata del 1° maggio è stato scelta '' La trattorio del sale '' localizzata presso il Museo del sale nella Salina Culcasi da raggiungere con mezzo proprio alle 12.30 e per partecipare alla quale sarebbe opportuno e necessario effettuare la prenotazione essendo i posti disponibili limitati
- la partenza per l'escursioone di due giorni ad Enna, Pergusa e Caltagirone in programma sabato 7 e domenica 8 maggio 2016 è fissata per le ore 7.30 da Piazza Vittorio. i partecipanti sono stati pertanto invitati ad effettuare la prenotazione con il versamento di un anticipo confirmatorio. L'incontro previsto pertanto per sabato 7 alle ore 18.00 nella sede dell'Associazione è stato spostato a data da definire
- i soci sono stati invitati a partecipare alla presentazione del libro '' Un cristiano per la città sul monte - Giorgio La Pira ''. L'evento, organizzato dall'Associazione con il Centro Studi '' Simone Gatto '' di Trapani-Erice e la collaborazione della Curia trapanese, avrà luogo presso la Chiesa del Collegio di Trapani alle ore 18.00.
Ciò detto il prof. Valenti è passato a presentare il Prof. G. Carlo Marino, proveniente appositamente da Palermo nonchè il tema serata '' L'autonomia siciliana tra speranze e delusioni '' cedendogli successivamente la parola.
Il Prof. Marino, dell'Università di Palermo, in numerose occasioni e con costanza negli anni trascorsi ha partecipato alle attività culturali dell'Associazione sobbarcandosi ogni volta per l'occasione lo sostamento da Palermo a Trapani e viceversa nella stessa serata dando prova di attaccamento alla stessa ed è diventatat una abitudine, come da lui stesso detto in più occasioni, a cui non riesce a sottrarsi ogni qualvolta gli perviene l'invito a relazionare.
Per tale motivo, ma anche per gli argomenti da lui trattati di carattere prettamente storico e sociale, è obbligo dell'Associazione ringraziarlo e rendergli merito.
Prendendo la parola il Prof. Marino ha ringraziato l'Associazione che con l'invito che ogni anno gli viene rivolto ha contribuito ad una sua sopravvivenza operosa che con il ripetersi gli ricorda che un altro anno è già passato e pertanto si è augurato che anche in futuro tale evento si possa ripetere con regolarità.
E' quindi entrato in argomento illustrando un tema che dovrebbe fortemente far riflettere tutti, giovani ed anziani, su ciò che la concessione dell'Autonomia speciale alla Sicilia ha significato e per meglio inquadrare la problematica ha iniziato ad analizzare gli eventi storici succedutisi in Sicilia dal 1810 fino ad oggi.
Si riporta pertanto di seguito una sintesi liberamente tratta da quanto detto nella relazione nel corso della serata.
Le classi dirigenti siciliane sono state sempre in bilico fra la richiesta di una indipendenza e la richiesta di una autonomia interna dal sistema esterno che esercitava in quel momento la sovranità sulla Sicilia. Per meglio illustrare tale situazione l'oratore è necessariamente risalito fino al 1810 per dare un'idea organica degli avvenimenti storici fra i quali si sono sempre dibattuti i siciliani.
In quell'anno, in seguito alla richiesta di aiuto da parte di Ferdinando di Borbone contro i Francesi, nell'isola esplose una rivolta. Gli inglesi intervennero e nel 1812 imposero al re la promulgazione di una Costituzione, la formazione di un governo formato da notabili siciliani mentre il figlio Francesco veniva nominato reggente.
In seguito al congresso di Vienna, Ferdinando, ottenuta la restituzione del regno di Napoli perduto nel 1806, assumendo il nome di Ferdinando I delle Due Sicilie, sospese la Costituzione, spostò la capitale del regno a Napoli e nominò il figlio Francesco luogotenente del regno con sede a Palermo dove rimase fino al 1820.
Tali atti ebbero come conseguenza lo scoppio di un'altra rivolta nel 1820 che provocò la partenza di Francesco dalla città, la creazione di un governo locale ed il ripristino della Costituzione.
Nel luglio dello stesso anno i siciliani richiesero a Ferdinando il ripristino del regno di Sicilia, ma il sovrano in risposta inviò l'esercito al comando del generale Florestano Pepe che nel settembre stipulò con i siciliani l'accordo di rimettere al parlamento napoletano la decisione in merito alla richiesta avanzata.
Lo stesso tuttavia espresse parere sfavorevole e nell'ottobre il generale Pietro Colletta ristabilì la monarchia sottomettendo di nuovo l'isola e le sue aspirazioni.
Altre insurrezioni si ebbero nel 1837, nel 1848, nel 1853, nel 1856 fino a quando nel 1860 i siciliani appoggiarono decisamente Garibaldi e la spedizione dei Mille in odio contro i Borboni rei di aver cancellato il regno di Sicilia e di aver fatto diventare la stessa provincia del regno di Napoli.
E' nell'ottica di una adesione confederata allo stato italiano con qualità specifiche ovvero con una gestione separata dell'amministrazione gestita dai siciliani che la Sicilia nel 1860 cedette all'unità d'Italia, ma politicamente, nonostante la contrarietà di molti eminenti uomini politici settentrionali, prevalse l'idea di una unificazione in uno Stato unico e centralizzato che fissò prima in Torino, poi in Firenze ed infine a Roma la capitale con una amministrazione unica e centralizzata che sarebbe rimasta inalterata per molti anni, ma anche più radicalizzata e centralista per raggiungere il suo culmine con il fascismo.
L'avvento del fascismo non creò in Sicilia opposizioni reali in quanto sia la classe dirigente che i notabili aderirono al nuovo corso al fine di non perdere i propri privillegi nei confronti dei ceti sociali più popolari e dei contadini.
Alla fine della seconda guerra mondiale con il crollo del fascismo si ebbe l'insorgere del movimento separatista a cui parteciparono sia uomini politici del tempo sia il ceto popolare alla ricerca di una maggiore giustizia sociale. Le rivendicazioni portate avanti assunsero pertanto una svolta pericolosa per un paese sconfitto e distrutto dalla guerra la cui ricostruzione come stato unitario poteva essere in forse. Il problema tuttavia non interessava solo la Sicilia ma anche altre parti del paese che aspiravano per vari motivi al separatismo come la Val d'Aosta ed il Trentino Alto Adige.
L'unità dell'Italia fu però mantenuta ricorrendo alla concessione di una ampia autonomia speciale alle suddette regioni nonchè alla provincia di Bolzano evento che fu anche avallato dalle forze occidentali vincitrici della guerra al fine di disporre anche di un allleato nei confronti della lotta al comunismo in quell'epoca in espansione. Tutto ciò successe ancora prima dell'approvazione nel 1948 della Costituzione repubblicana che accoglieva dal basso la gestione dello Stato su base regionale.
Tuttavia per la Sicilia, la Val d'Aosta, il Trentino Alto Adige e per la provincia di Bolzano l'autonomia concessa fu a statuto speciale che si distingueva dalle altre per gli ampi e rilevanti poteri concessi come la possibilità di utilizzare direttamente i proventi provenienti dalle tasse, delle proprie risorse, della costituzione, se necessario, di un corpo di polizia proprio ed anche di battere moneta. In altre parole uno pseudo-stato all'interno di uno stato formalmente unitario che non ledeva l'aspirazione all'indipendententismo ma nel contempo ne conservava l'unitarietà.
Ciò diede luogo ad autentici slanci di speranza nei vari ceti siciliani bloccando definitivamente le tendenze separatiste e fu accolto favorevolmente dalle varie correnti democratiche che in quel periodo si stavano sviluppando ed originariamente portate allo sviluppo delle autonomie.
L'autonomia, nata con queste premesse, sembrava destinata al successo e ciò effettivamente avvenne almeno nei primi decenni nel senso che la gestione del potere era effettivamente in mano ai siciliani e che finalmente poteva essere realizzata una strada aperta al progresso ed allo sviluppo sociale.
Tuttavia la partitocrazia nell'ambito della quale le decisioni venivano e vengono prese a livello centralizzato per sua natura ed origine, sia a livello nazionale che internazionalistico, cominciò a limitare ed invadere l'autonomia stessa in quanto nella gestione del potere si cominciò ad imporre personaggi nominati in campo nazionale o espresse dall'alto o imposte in campo locale nella gestione del partito che poco o niente, il più delle volte, conoscevano le attività e le necessità regionali.
Nella Democrazia Cristiana, partito egemone in quegli anni in quanto considerato baluardo contro l'espansione del comunismo, si instaurò pertanto un rapporto perverso che sottomise la politica regionale a quella nazionale. La situazione si estese poi inevitabilmente anche alle varie correnti interne allo stesso partito che, emanazioni di quelle nazionali, tendevano a nominare di fatto in modo centralizzato le scelte dei politici svuotando così l'autonomia del suo vero significato e rendendola apparente. Le scelte poi avvenivano nominando personale politico servile e subalterno e quindi mediocre o addirittura corrotto e di conseguenza più facilmente manovrabile e sottomesso.
Tutto ciò trasformò le articolazioni regionali e talvolta locali in organi di pura e semplice gestione delle necessità del centro al fine di difendere il sistema e contrastare i nemici identificati in quel periodo nei comunisti.
Le masse popolari e non pertanto erano attirate attraverso una politica di concessioni generalizzate, di assistenzialismo permanente e con l'adozione di procedure politicamente perverse al fine di raggiungere i propri interessi e pertanto si ad una Sicilia autonoma ma gestita da forze inevitabilmente peggiori e mediocri ma in ogni caso obbedienti alle proprie necessità.
La Regione si è trasformata quindi nel tempo in un centro di spese funzionale agli interessi del blocco di potere centrale aumentando in modo abnorme le assunzioni in taluni settori, dissipando o talvolta addirittura non riuscendo a spendere per vari motivi anche i Fondi Europei messi a disposizione.
In definitiva l'Autonomia resta e vive oggi al fine di garantire un sistema di potere costituito solo da impiegati ma anche di un ceto politico che ha interesse a non perdere i propri privilegi.
Questo è l'aspetto della delusione su cui bisognerebbe riflettere!
Con queste parole il Prof. Marino ha concluso il suo intervento aprendo il dibattito e la discussione.
A questa parte dell'incontro hanno partecipato con interesse molti dei presenti in sala che sono intervenuti ponedo domande e chiedendo ulteriori precisazioni a cui l'oratore ha risposto in modo non solo esauriente ma aggiungendo altre considerazioni e riflessioni.
Chiuso il dibattito, il Prof. Valenti ringraziando il Prof. G.Carlo Marino per l'interessante relazione tenuta a ricordo della serata gli ha donato il libro '' La scia dei tetraedri '' di E. Milana e lo stesso omaggio ha fatto alla Sig.ra Viviana Ancona che ha consentito all'oratore di essere presente all'evento.
Prima di chiudere la serata il Presidente ha ancora ricordato ai presenti l'appuntamento di venerdì 29 aprile 2016 presso la Chiesa del Collegio di Trapani alle ore 18.00 per la presentazione del libro del Prof. Nino Giordano.