2016 - 05 - 14: Dott. Domenico Macaluso - Il mare di Sicilia nella II guerra mondiale


















Sabato 14 maggio 2016 alle ore 18.20 nella sala delle riunioni dell'Associazione per la Tutela delle Tradizioni Popolari del Trapanese sita in Trapani via Vespri 32, come previsto dal programma delle attività per l'anno sociale 2016, XXX Corso di cultura, e delle variazioni ad esso apportate per diversi motivi, ha avuto luogo l'incontro con il Dott. Domenico Macaluso.

L'ospite, ormai amico affezionato del sodalizio ed assiduo partecipante alle sue attività culturali, appositamente venuto da Ribera per ritornarvi successivamente nel corso della stessa serata, è stato accolto con cordialità dal Presidente e dai soci presenti che gli hanno manifestato la loro stima ed il piacere di averlo ogni anno fra di loro anche per le interessanti ed avvincenti relazioni dallo stesso presentate.



















Domenico Macaluso, nato a Ribera, si è laureato in Medicina e Chirurgia, si è specializzato in Urologia ed attualmente opera nell'organico dell'AUSL n°1 di Agrigento, con la qualifica di Dirigente Medico nella Divisione di Chirurgia del Presidio Ospedaliero di Ribera. 

Attratto sin da giovane dall'ambiente marino e dalla Storia, nel corso degli anni ha gradualmente trasformato quella che era una semplice passione, in un vero impegno, costante, meticoloso e proficuo, intuendo che il mare, geloso custode di testimonianze storiche accumulate nell'arco dei secoli, offre un'enorme potenzialità di scoperte.  Dal 1987, ha intrapreso  una sistematica ricerca dei fondali dell'agrigentino, ma soprattutto si è attivato in una serie di iniziative volte alla salvaguardia del patrimonio culturale sommerso e nel contempo ha avuto cura di divulgare le importanti scoperte effettuate. Per questa sua opera meritoria è stato nominato Ispettore Onorario dell'Assessorato Regionale ai Beni Culturali.



















Aperti i lavori della serata, il Prof. Valenti, chiedendo scusa all'ospite, ha ritenuto opportuno rendere noto ai soci presenti le seguenti comunicazioni organizzative relative agli eventi che giocoforza hanno prodotto una variazione del programma preventivato e che sono stati soppressi o di prossima realizzazione:


- il viaggio a Roma previsto nel mese di giugno 2016 dopo la chiusura per il periodo estivo dell'Associazione è stato soppresso
- in sostituzione per i soci che vi volessero partecipare è stato organizzato dal 17 al 24 settembre 2016 un Tour a Mosca e a S. Pietroburgo il cui programma di massima è stato già fissato e che è riportato nella sezione Bacheca all' Avviso n. 6
- l'escursione di domenica 15 settembre 2016 a Caltabellotta e Burgio è stata parimenti annullata
- per domenica 22 settembre 2016 è stato invece previsto alle ore 12.00 un pranzo alla '' mannara '' di Fulgatore da raggiungere con mezzo proprio. E' stato inoltre comunicato che essendo i posti in numero limitato, chi avesse intenzione di parteciparvi avrebbe dovuto al più presto effettuare la relativa prenotazione versando nel contempo un anticipo confirmatorio
- infine la relazione del Prof. Vitella che dal programma preventivato era stata fissata in data odierna, è stata spostata a sabato 21 maggio 2016 alle ore 18.00 sempre nella sede dell'Associazione
- la relazione della serata sarebbe infine stata tenuta dal Dott. Domenico Macaluso avendo subito un posticipo da sabato 7 a sabato 14 maggio 2016

e ciò detto ha ceduto la parola al relatore della serata. 

L'oratore prendendo la parola ha ringraziato l'Associazione per l'invito che negli ultimi anni gli è stato rivolto e che ha accettato sempre con piacere perchè gli ha dato modo di parlare ad un auditorio attento ed interessato alle sue attività di subacqueo che lo hanno portato anche alla scoperta in mare ed al loro recupero di interessanti reperti nonchè alla ricostruzione di eventi e di casi umani avvenuti nel corso della seconda guerra mondiale nel territorio di Ribera.


















Si riporta di seguito perchè gentilmente reso disponibile dal Dott. Macaluso un suo articolo pubblicato sul periodico della Lega Navale Italiana che ha costituito la base della relazione della serata ed in cui sono riportati i frutti della sua esperienza anche di archeologia subacquea. Nel corso della esposizione oltre alle diapositive successivamente riportate nel corpo dell'articolo ne sono state proiettate altre molto nteressanti che hanno completato quanto via via veniva detto. 


'' Mare e cielo di Domenico Macaluso
Sui fondali del Canale di Sicilia un museo sottomarino dell’Aeronautica

“L’ Italia è essa stessa una portaerei, allungata nel Mediterraneo: dalle sue coste, gli apparecchi possono raggiungere qualsiasi formazione navale.”
Con questa sua famosa asserzione dell’agosto 1925, Benito Mussolini escludeva la necessità che l’Italia si dotasse di navi portaerei, dato che la nostra penisola, protesa nel Mediterraneo, rappresentava una naturale base di lancio per gli aeroplani. Dal punto di vista orografico, il concetto era inappuntabile, ma non dal punto di vista strategico ed a guerra iniziata, dopo il disastro di Taranto e quello di capo Matapan, si tentò di correre ai ripari,approntando due portaerei, l’Aquila e lo Sparviero, che però non raggiunsero mai l’operatività.
In questa portaerei-Italia, il versante sud-occidentale della Sicilia, per la sua posizione strategica, rappresentava un formidabile ponte di lancio: in quest’area vennero infatti realizzati campi d’aviazione perfettamente mimetizzati tra gli uliveti, come quello di Sciacca, e grandi aeroporti come quello di Castelvetrano, sul quale in un solo giorno i ricognitori americani contarono, protetti da muretti paraschegge, oltre 150 velivoli dell’Asse, tra i quali due giganteschi esamotori tedeschi Messerschmitt 323.
Nei cieli siciliani, furono di conseguenza invitabili, quotidiani furiosi duelli che si disputavano tra i piloti inglesi, dotati prima del robusto Hurricane e poi dell’agile Spitfire, e quelli italiani, che come leoni, contrastavano gli inglesi, prima con i duri Macchi 200 Saetta e poi con gli snelli ma poco armati Macchi 202 Folgore. E frequentemente, nonostante la supremazia inglese per numero ed efficienza delle macchine, gli italiani non solo contrastavano efficacemente questo divario, ma spesso risultavano vincitori negli scontri.
Poi, con l’arrivo in questo teatro di guerra degli americani, il gap divenne pressocchè insostenibile, dato che all'inizio del 1943, nei mesi che precedettero lo sbarco in Sicilia, bisognò contrastare i pesanti bombardieri B-24 Liberator, che organizzati in devastanti e micidiali ''  combact-box '' martellavano non solo obiettivi militari, ma anche inermi paesini nell'ottica ( sic! ) di esasperare la popolazione, fino a farla sollevare contro i tedeschi ed i fascisti.
Ed incredibilmente, anche in questo impari confronto, i nostri giovani piloti riuscivano ad abbattere caccia e bombardieri nemici, mentre in basso, il mare di Sicilia non stava ad osservare da semplice testimone questi furiosi confronti, ma li viveva da protagonista: i piloti colpiti dalla contraerea maltese o dalle Browning da 50 BMG (12,7 mm) dei Liberator, preferivano affidarsi al morbido abbraccio delle acque, ammarando in prossimità della costa, scoprendo però che l’impatto con l’acqua non era così morbido come si credeva. Questa spiacevole realtà, la sperimentò sulla propria pelle, l’allora giovane capitano Aldo Gon, brillante pilota del glorioso 4° Stormo “Francesco Baracca”.
Colpito dalla contraerea di Malta, nel corso di un’azione di mitragliamento su uno degli aeroporti di quell’isola, Gon, con l’impianto idraulico fuori uso, stava tentando di rientrare in Sicilia, per raggiungere l’aeroporto di Sciacca dal quale era decollato, quando improvvisamente, con le coste della Sicilia ormai prossime, il motore Daimler-Benz (costruito su licenza a Pomigliano d’Arco) del suo Macchi 202, grippava ed il giovane pilota vedeva l’elica bloccarsi “a bandiera”.
Senza perdersi d’animo e planando, riusciva a raggiungere le coste dell’isola ed allineandosi perpendicolarmente a questa, effettuava l’ammaraggio a pochi metri dalla battigia, in modo da raggiungere la terraferma a nuoto, con poche bracciate.Ma l’impatto è molto più violento del previsto e l’aero si spezza e perde la coda, mentre il pilota batte violentemente la testa contro il collimatore di tiro ferendosi il volto e fratturandosi le ossa mascellari.
Soccorso e trasportato in un ospedale avrà una lunga convalescenza, e non potrà più volare: questo non gli impedirà comunque di avere una carriera brillante, fin a fargli raggiungere il grado di generale di squadra aerea e di fondare all’aeroporto di Istrana, la Pattuglia Acrobatica Nazionale.
Come si arriva a ricostruire queste straordinarie e drammatiche storie, forse ricorrendo alle testimonianze degli stessi piloti? In rari casi è così, mentre più frequentemente è il mare la fonte di queste preziose testimonianze, in quanto alla stregua di un museo, accoglie preziosi reperti di tutte le epoche, dal neolitico alla Seconda Guerra Mondiale.Ed il mare prospiciente la costa sud - occidentale della Sicilia, oltre ai classici reperti archeologici, conserva numerosi relitti aeronautici, alcuni unici.
Nel 2008, venne affidato al sottoscritto, responsabile del Nucleo Operativo Subacqueo, della Sezione LNI di Sciacca, la ricerca e la mappatura dei siti d’interesse archeologico-subacqueo della provincia di Agrigento, nell’ambito del progetto promosso dall’Unione Europea Arch.Med (Archaeology Mediterranean). Nell’inventario dei beni storici giacenti nei mari agrigentini, decisi di inserire anche i relitti aeronautici, ma la cosa parve una forzatura; motivai la decisione facendo riferimento all’art. 1 della Convenzione UNESCO del 2 novembre 2001 sulla protezione del patrimonio culturale subacqueo, dove si stabilisce che fanno parte del patrimonio culturale subacqueo, tutte le tracce d’esistenza umana ed i suoi manufatti che presentano carattere archeologico, culturale o storico. In ottemperanza a questo assunto, come non considerare di rilevanza storica e di archeologia industriale, i manufatti aeronautici?L’approccio ai velivoli della Seconda Guerra Mondiale, che giacciono nel Mediterraneo, non può prescindere dalle corrette metodiche archeologiche.
D’altronde, l’archeologia amplia continuamente i suoi orizzonti; la stessa archeologia subacquea, limitata allo studio dei relitti antichi, oggi tratta con lo stesso criterio scientifico, vascelli arabi, normanni, medievali, arrivando a studiare velieri del secolo scorso, se non dei primi del novecento. In quest’ottica, trattare di “archeologia aeronautica” non dovrebbe apparire azzardato e lo ha fatto, per primo, uno storico dell’Aeronautica, il generale Giuseppe Pesce.

I relitti di aeroplani del mare agrigentino


Il dirigibile francese Dixmude - Di costruzione tedesca ed appartenente alla famiglia degli Zeppelin, questo enorme dirigibile nacque sotto una infausta stella, minato da seri problemi strutturali, causati da un collante, utilizzato per assemblare le parti in duralluminio del telaio con il cotone impermeabilizzato di rivestimento, volutamente alterato a scopo di sabotaggio da un ingegnere tedesco antifrancese, quando in seguito all’armistizio del 1918, il dirigibile venne ceduto ai francesi. Al comando del tenente di vascello Jean du Plessis de Grénédan, appena iniziato il suo ciclo operativo, il 24 novembre 1923, il Dixmude rischiò di inabissarsi in seguito ad una tempesta; era passato appena un mese dal fatto che avvenne la tragedia: colpito da un fulmine il Dixmude precipitò poco al largo di Sciacca e tutti i 50 a bordo (40 uomini di equipaggio e 10 osservatori), perirono.L’unico corpo recuperato dai pescatori siciliani, fu quello del comandante. In memoria del gravissimo disastro aeronautico, uno dei primi in assoluto,nel 1964, alla presenza del figlio di du Plessis, a Sciacca venne eretto un monumento ai caduti del Dixmude, mentre in Francia, a Pierrefeu-du-Var, unaltro monumento, è stato realizzato per ricordare la tragedia del dirigibile. Recentemente, un gruppo di sommozzatori sportivi di Sciacca, guidati da Santo Tirnetta, ha identificato i resti del Dixmude, un relitto che rappresenta una importantissima pagina di storia aeronautica francese.

Il Macchi 202 - Nel 1994 con i sommozzatori del Club Seccagrande di Ribera, riesco a sottrarre al trafugamento, un’elica tripale, appena staccata dal relitto di un caccia. Il velivolo si presentava privo dei piani di coda, persi nell’impatto con l’acqua (proprio nella coda si trovava il numero di matricola);mancava quindi il pezzo più utile all’identificazione, mentre alcuni strumenti si erano staccati e si trovavano tra la barra di comando e la pedaliera.
Dopo aver segnalato alle autorità competenti il rinvenimento del relitto, iniziai una ricerca per identificare il tipo di velivolo e la sua storia. In questo tipo di ricerca, alla fase ispettiva e ricognitiva, segue quella della tipizzazione del reperto, effettuata mediante ricerca bibliografica. Le foto subacquee vennero confrontate con gli schemi dei velivoli della Seconda Guerra Mondiale: l’aereo era un monomotore in linea (non radiale), un monoplano ad ala bassa, in duralluminio. Nel primo conflitto mondiale, i velivoli erano soprattutto bi o triplani, con motore radiale e rivestimento delle superfici portanti in tela; nel secondo conflitto, accanto ai motori radiali, comparvero quelli in linea. Di notevole ausilio si rivelò uno degli strumenti recuperati, su cui si leggeva ancora bene “Società Aeronautica Italiana ing. Ambrosini”.
Essendo la dicitura in italiano il campo di ricerca si restringeva a pochi aerei monoplani in linea in dotazione alle nostre forze aeree, per cui, grazie anche ad altri particolari, si arrivò alla certezza di trovarsi di fronte un Macchi 202 “Folgore”. Il passo successivo fu la ricerca dell’evento che aveva portato l’aereo a inabissarsi e della sorte del pilota. In Aeronautica, le fonti bibliografiche sono rappresentate dai “rapporti missione” stilati dai piloti al rientro da ogni azione e conservati presso l’Ufficio Storico dell’Aeronautica a Roma; risultano utilissime, anche le testimonianze di ex piloti ancora in vita.
Il velivolo sommerso, esibiva lungo il decorso della fusoliera due mitragliatrici Breda-SAFAT da 12,7 mm in ottimo stato di conservazione. L’elica tripala a passo variabile, di costruzione Piaggio, mostrava l’unico indizio utile alla identificazione, un numero di matricola e di serie inciso su ognuna delle tre pale. Il dato (invero poco attendibile poiché l’elica è un componente soggetto a sostituzioni), riportando “II SERIE”, faceva pensare a una delle prime forniture di MC 202 (vi furono 15 lotti di produzione, detti Serie, per un totale di circa 1.500 aerei) assegnati al 4° Stormo. Purtroppo i diari storici del 4° Stormo andarono perduti nel 1943, quando il velivolo italiano che li trasportava durante l’evacuazione del nord-Africa, fu abbattuto dalla mitragliera di un
sommergibile che lo sorprese in volo a bassa quota sul canale di Sicilia.
Le uniche azioni relative a MC-202 caduti nel mare di Ribera, sono due: una collisione in volo tra due “Folgore” (uno risultò disperso) e un’azione di scorta a bombardieri diretti a Malta il 29 aprile ‘42, dove il comandante dei caccia, l’allora capitano Aldo Gon, colpito dalla contraerea, col suo Macchi danneggiato all’impianto di lubrificazione, riusciva a ricondurre alla base di Sciacca i suoi piloti, ma era costretto ad un atterraggio sulla costa.
Il carrello del relitto retratto e le pale dell’elica storte, ma non abrase, confermano un ammaraggio pianificato. Un altro dato interessante arriva dallo strumento “Ambrosini” recuperato e risultato essere uno dei due conta-colpi delle mitragliatrici, trovato bloccato in posizione di massima carica:il pilota non aveva dunque sparato (il capitano Gon nell’azione su Malta, non si scontrò con gli “Spitfire” inglesi ma venne colpito dalla contraerea, prima ancora di avere iniziato la sua missione di mitragliamento).
Con l’elica recuperata e restaurata e collocata nell’atrio del Palazzo Comunale di Ribera, è stato realizzato un monumento ai numerosi piloti che sono morti nei cieli siciliani: l’inaugurazione ha avuto luogo il 10 novembre 1996, nel corso di una cerimonia che ha visto la presenza di Autorità civili e militari e del colonnello Ovidio Ferrante, direttore del Museo Storico dell’Aeronautica. Successivamente ha visitato il monumento, il pilota di Macchi 202, Walter Omiccioli, altra gloria dell’Aeronautica, protagonista di una avventuroso atterraggio d’emergenza a Ribera il 30 marzo 1942, una vicenda ricostruita da Mediaset nel ciclo “Eroi per Caso”. Il testo inciso nel monumento, riporta la frase: “Alle giovani aquile che nei cieli di Sicilia caddero fedeli ai loro ideali”
 
Lo Junker 88 - A qualche centinaio di metri dal sito subacqueo che accoglie il relitto del Macchi 202, due ragazzi riberesi, intenti a effettuare una battuta di pesca subacquea in apnea, scorgono qualcosa che a prima vista sembra loro un portabottiglie. Si tratta invece di un componente dell’abitacolo di un caccia pesante notturno tedesco, uno Junker 88.Il reperto è molto interessante e dagli alloggiamenti che accolgono ancora diversi strumenti, spicca una bussola giroscopica della Siemens ed un regolo, usato per correggere i parametri del motore in base alla quota. La cosa sorprendente, è che questi parametri, riportati su carta, sono ancora perfettamente leggibili. Il pezzo era posto all’interno della cabina di pilotaggio, in alto a destra, ed era utilizzato dal navigatore. Una prima ispezione dei fondali che hanno restituito il cruscotto, ha dato esito negativo,mentre la consultazione degli archivi comunali di Ribera, ha confermato la morte di un pilota tedesco nel mare di Borgo Bonsignore. È prevista una ricerca del resto del relitto, con l’ausilio di una imbarcazione dotata di magnetometro.

Il Boeing B-24 Liberator - Nel maggio del 1943 le incursioni di bombardieri pesanti statunitensi, sulla Sicilia, si fanno pesanti: si sta pianificando lo sbarco che avverrà il 10 luglio.
Dal campo d’aviazione di Sciacca e da quello di Castelvetrano, martoriati dalle bombe, i decolli dei pochi caccia rimasti, si alternavano incessantemente. Un interessante episodio, relativo a questo periodo, mi venne riferito da alcuni anziani abitanti di Borgo Bonsignore: nella primavera del ‘43, avevano assistito all’abbattimento di un quadrimotore, dotato di due derive di coda (un B-24), colpito da tre caccia dell’Asse. L’aereo era precipitato in mare, a qualche centinaio di metri dalla costa e nell’impatto con l’acqua, era esploso. La fiammata terrificante, aveva quasi raggiunto la riva. Nei giorni successivi, il mare non restituì nessuno dei corpi dei 9 membri dell’equipaggio.
In occasione di diverse immersioni, avevo notato nello specchio d’acqua interessato dal probabile abbattimento, diverse bombole, probabilmente quelle in dotazione all’equipaggio, per rifornirsi d’ossigeno ad alta quota. Il reperto più curioso, era comunque un enorme copertone di ruota da aeroplano, che riportava ancora il marchio di costruzione (Goodyear), che fu recuperato con dei palloni di sollevamento. Poi, nel settembre 2008, il rinvenimento di uno dei 4 motori del B 24, un Pratt & Whitney da 14 cilindri a doppia stella (P & W 1830 Twin Wasp) completo dell’elica tripala. L’aeroplano era probabilmente uno dei bombardieri del IX Bomb Group, che prese parte all’operazione Husky, nome in codice dello sbarco in Sicilia, mentre l’azione potrebbe essere quella del 30 giugno del 1943, quando un B-24 venne abbattuto nel cielo di Sciacca, da un glorioso pilota italiano, il capitano Mario Bellagambi.

Considerazioni conclusive

Quanta storia aeronautica, in una piccola area del Mediterraneo! Ecco perché la mappatura, la catalogazione ed il monitoraggio dei siti archeologici subacquei, dovrebbero essere estesi anche alle acque profonde, oggi campo d’azione di cacciatori di reperti d’alto bordo, dotati di tecnologia sempre più sofisticata.
La tutela di questo patrimonio storico che rappresenta la nostra eredità culturale è improcrastinabile: ecco perché l’iniziativa dell’Unione Europea di promuovere questo studio è lodevole. Non bisogna infine dimenticare, che sempre in ottemperanza alla convenzione UNESCO di Parigi, i reperti storici rinvenuti sott’acqua, dovrebbero rimanere nella loro sede naturale, nel più bel museo del mondo: il mare.''

La conclusione della relazione è stata seguita da un interessante dibattito che ha visto la partecipazione di molti dei presenti che sono intervenuti chiedendo altri particolari e chiarimenti, taluni dei quali di carattere tecnico, ai quali il relatore ha largamente risposto anche sulla base delle proprie esperienze personali di provetto subacqueo.


















Chiuso il dibattito, il Prof. Valenti dopo aver ringraziato il Dott. Macaluso per l'avvincente relazione che ha coinvolto gli ascoltatori, a ricordo della serata gli ha offerto il libro '' La scia dei tetraedri - Nel mare gastronomico delle Egadi '' di E. Milana.


Al termine della serata, prima dell'arrivederci, il Presidente ha ricordato ai presenti il successivo incontro previsto per sabato  21 maggio alle ore 18.00 nella sede dell'Associazione con il Prof. Maurizio Vitella.  
 
 

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