2015 - 03 - 28: Prof. Salvatore Bongiorno - Andrea Salsedo, l'anarchico di Pantelleria

Sabato 28 marzo 2015 alle ore 18.30 nella sala delle riunioni dell'Associazione per la Tutela delle Tradizioni Popolari del Trapanese sita in Trapani via Vespri 32  nell'ambito delle attività culturali previste da XXIX Corso di cultura per l'anno 2015 ha avuto Aperti i lavori, il Prof. Valenti, Presidente dell'Associazione, dopo il benvenuto all'orattore ed ai presenti in sala, gli ha ceduto la parola.

Il Prof. Bongiorno dopo aver ringraziato l'Associazione per l'invito ancora una volta rivoltigli, che accetta sempre di buon grado, è entrato in argomento parlando di un evento,  che riferendosi ad un siciliano e quindi alla Sicilia ed alla sicilianità non è noto ai più cosa che del resto succede ed è successa anche in passato.
Si riporta di seguito una sintesi liberamente tratta da quanto riferito nel corso dell'incontro.

Molti, forse, hanno conoscenza della tragedia di Sacco e Vanzetti, ma nessuno conosce il suo antefatto.
Nella vicenda di Sacco e Vanzetti deve essere inserita doverosamente quella di Andrea Salsedo. Infatti, quando, la sera del 5 maggio 1920 la polizia americana fermò gli anarchici italiani Nicola Sacco e Bartolomeo Vanzetti, tra i loro effetti personali fu rinvenuto un volantino-invito in cui si annunciava un comizio di Vanzetti in cui lo stesso avrebbe denunciato le gravissime responsabilità della polizia nelle vicende relative alla morte, avvenuta 3 giorni prima, dell’editore anarchico Andrea Salsedo.

Il comizio non si tenne, ma da quell'evento iniziò il calvario che li consegnò alla storia.
Non così è stato per Andrea Salsedo, la cui vicenda, fu subito dimenticata dall’opinione pubblica americana distolta, proprio,dai tumultuosi sviluppi del caso Sacco-Vanzetti.
Ma chi era Andrea Salsedo? La sua storia era iniziata molti anni prima a Pantelleria, isola posta nel bel mezzo di quel braccio di mare tra la Sicilia e l’Africa.

A quel tempo Pantelleria pullulava di rivoluzionari, deportati nell’isola dal regio governo italiano a seguito soprattutto dei moti di Carrara e della Lunigiana. Fra gli anarchici,  ivi mandati al confino, spiccava, vivace e pieno di iniziativa, la figura di Luigi Galleani, leader dell’intransigente ala anarco-operaista. Egli, tramite elementi fidati degli equipaggi dei numerosi velieri che attraccano nel porto di Pantelleria, riesce a contattare Errico Malatesta, capo indiscusso di tutti gli anarchici italiani e, in quel tempo, “coatto” nella vicina isola di Lampedusa. Da questi contatti nasce il foglio rivoluzionario “I Morti”, stampato a cura e spese degli anarchici di tutte le isole minori.

Ma l’attività del Galleani non conosce soste e, unitamente agli altri suoi compagni, fonda una scuola popolare per i zi panteschi. Tra gli alunni, subito accorsi numerosi, uno dei più assidui e promettenti è Andrea Salsedo. A quel tempo egli aveva 13 anni e ne compie 18 quando quando il Galleani evade rocambolescamente dall’isola. I primi anni del '900 vedono Andrea Salsedo, giovane speranza dell’anarco-sindacalismo siciliano, attaccare con veemenza dalle pagine del giornale “La Falange” di Marsala, la politica repressiva ed antioperaia del governo italiano. Gli articoli provocano il primo sequestro,poi la chiusura definitiva del giornale.

Le continue vessazioni della polizia e il provincialismo del piccolo mondo isolano lo costringono, infine, a partire per le Americhe sulle onde della grande emigrazione dell’epoca. A New York incontra il suo vecchio maestro, Luigi Galleani, ora leader incontrastato dei circoli anarchici dell’intero nord America. Subito Andrea si lanciò nella lotta sindacale in cui il sindacato più radicale, gli “International World Workers” i cosiddetti “wobblies”, ponevano anche in campo il problema dei diritti politici degli “indesiderables” italiani.

Oltre a collaborare con i suoi scritti alla rivista Cronaca sovversiva diretta da Galleani, Salsedo divenne anche editore in proprio, pubblicando i testi degli autori anarchici preferiti. Nel 1917 pubblicò le memorie e la biografia di Clement Duval, l’anarchico evaso dall’Isola del Diavolo ed il libro incontrò un discreto successo. Nel 1919 poi fondò e pubblicò la rivista anarco-sindacalista “Il domani” in un periodo in cui cominciava un clima di intolleranza contro gli stranieri ma soprattutto italiani. Il sindacato dei “Wobblies” venne  sciolto, furono chiuse decine di redazioni di giornali e circoli politici di opposizione e con i "Palmer raids", del gennaio 1920, vennero arrestate 4000 persone delle quali circa 3000 espulse. Questa fase di feroce escalation xenofoba coincise poi con una serie di attentati dinamitardi e sul luogo di uno di questi, a Washington, in cui soltanto l’attentatore aveva perso la vita, furono ritrovati volantini di colore rosso dal titolo “Plain Words” (parole chiare).

La delazione di un certo Ravarini, consentì alla polizia di risalire a Roberto Elia, che lavorava alla tipografia Canzani di New York che era diretta proprio da Andrea Salsedo. Fu l’inizio del caso Salsedo che agli occhi della polizia americana aveva due gravi colpe: era di origine italiana ed era un intellettuale anarchico. Nel febbraio 1920, la polizia indagando presso la tipografia di Canzani dichiarò di aver scoperto, oltre ai fogli di carta rossa, anche caratteri tipografici simili a quelli che erano stati utilizzati utilizzati per la stampa del volantino incriminato.

La notte del 25 febbraio furono arrestati nelle loro abitazioni, senza neppure un formale ordine di arresto, sia Roberto Elia che Andrea Salsedo. Invece di essere condotti nelle prigioni di stato, furono portati in un locale segreto del Ministero della giustizia di Manhattan, e precisamente al numero 21 di Park Row Building. I due furono interrogati separatamente per ore ed ore e nei giorni seguenti solo Andrea fu sottoposto ad un trattamento particolarmente duro per cui il suo volto fu ridotto ad una informa maschera.
Fu in tali condizioni che lo vide Roberto Elia, come risulta da una sua successiva dichiarazione giurata, mentre la moglie Maria Petrillo riferì alla stampa, subito dopo il primo colloquio, chge ra stato sfigurato.  Strano fu anche il comportamento dell’avvocato difensore, Narciso Donato per cui successivamente si parlò anche di collusione dello stesso con gli uffici riservati del ministero della giustizia.
La figlia di Salsedo, Silvestra, molti anni dopo, disse nella intevista ad un giornale che: “lo stesso avvocato difensore si dichiarò più dalla parte della polizia che dalla nostra”. Il motivo del diverso "trattamento" usato dalla polizia nei confronti dei due anarchici, fino ad oggi rimane un mistero e non ha trovato alcuna plausibile risposta. Infatti ancora non si riesce a comprendere come mai Roberto Elia fu praticamente lasciato in pace, pur essendo la polizia a conoscenza, tramite la delazione del Ravarini, che fu proprio lui a stampare il materiale di propaganda per gli anarchici in clandestinità.

Dopo tutto ciò Salsedo in una sua dichiarazione '' spontanea '' scagionò l'Elia dicendo di essere stato soltanto lui lo stampatore dei volantini incriminati su ordinazione di uno sconosciuto compagno anarchico. Tale  affermazione fu subito confermata anche da Roberto Elia che dichiarò a sua volta di aver visto Salsedo stampare il volantino ma di non aver partecipato al fatto.
Dopo tale confessione i due furono lasciati in pace, ricevettero anche buoni pasti e poterono riposare tranquillamente.
Il Salsedo tuttavia soffriva d'insonnia prodotta da improvvisi e forti dolori alla testa dovuti ad una trauma subito durante il pestaggio subito e ciò fu anche confermato da una successiva dichiarazione giurata di Elia.

Fu in questo periodo che si instaurò una corrispondenza fra il Salsedo e Vanzetti che si era imegnato assieme a Sacco in una campagna di sensibilizzazione dell’opinione pubblica per la liberazione di Andrea. La documentazione che si riferisce a questa corrispondenza si trovano attualmente presso il dipartimento dei manoscritti della Boston Public Library.

La notte del 2 maggio 1920 avvenne la tragedia. Il corpo di Salsedo volò da una finestra del 14° piano di Park Row Building e si sfracellò sul marciapiede sottostante. Suicidio, fu dichiarato dalla polizia americana. Probabile suicidio, confermerà in seguito il compagno di stanza, Roberto Elia, aggiungendo però di averlo appreso, al momento del risveglio, dal poliziotto di guardia.
Salsedo fu  “suicidato”, è la tesi che subito circolò negli ambienti democratici. Tesi sostenuta da buona parte della stampa liberale e gridata in faccia ai giudici da Vanzetti nel corso del famoso processo.

Successivamente Louis F. Post, segretario aggiunto presso il ministero del lavoro, scrisse, più tardi, in un suo libro di memorie, che niente è stato chiaro in questo "caso " dall'inizio del fermo illegale della vittima in una prigione segreta e dai metodi di interrogatorio utilizzati, per finire alla strana posizione del cadavere sul marciapiede. Ad un'attenta disamina dei fatti e delle testimonianze, la tesi del suicidio non resse e non regge ancora oggi assolutamente. Andrea Salsedo, infatti, non aveva nessuna ragione plausibile per compiere il disperato gesto in quanto egli era anche a conoscenza che il reato "confessato" non era penalmente rilevante e pertanto era prossimo alla concessione della libertà provvisoria, come l'avvocato difensore avrebbe confermato alla moglie di Salsedo che la tragedia era avvenuta proprio alla vigilia della sua concessione.

E allora? Uno spiraglio per scoprire la verità venne offerto proprio dal comunicato stampa emesso dalla polizia in cui veniva sostenuto che il Salsedo si era suicidato per non rivelare i nomi dei suoi complici anarchici.
Forse era questo l'obiettivo che si era proposto la polizia fin dal primo momento, anche ricorrendo alla tortura. Ottenere dal Salsedo l'organigramma completo dei gruppi anarchici operanti in Nord America al fine di conoscere i capi, gli aderenti, i simpatizzanti, i collegamenti, le tipografie.

La polizia sapeva che Andrea Salsedo, figura non secondaria nel mondo anarchico del tempo, era a conoscenza di tutto ciò e cosa da non trascurare era anche amico fraterno di Luigi Galleani che, dall'alto di certi ambienti ministeriali, si sarebbe voluto coinvolgere ad ogni costo nella vicenda degli attentati.
Questo comunicato, poi, non avrebbe avuto senso se si pensa che da giorni, secondo la successiva testimonianza giurata dell'Elia, il Salsedo non fu più interrogato.
Tutto però riacquistò un senso e una logica ipotizzando che in quella famosa notte, il Salsedo fosse stato di nuovo prelevato per un ulteriore interrogatorio nell'intento di indurlo finalmente a parlare e che sottoposto ad un ennesimo violento pestaggio sia morto per le percosse ricevute, per cui si era ricorso alla tragica messinscena del suicidio.

Roberto Elia, questa strana ed ambigua figura, liberato subito dopo la tragedia, fu subito espulso dagli States, non prima di aver fatto  una dichiarazione che era un capolavoro di contraddizioni e di cose dette e non dette. Pochi giorni dopo il 17 giugno 1920, Elia era già in Italia, dove di lì a poco morì in misteriosamente.
Nel frattempo sulle prime pagine dei giornali americani cominciavano a delinearsi i reali retroscena del '' Caso Salsedo", anche grazie all'opera di denuncia dei circoli democratici e dei militanti anarchici. E' proprio mentre si dedicano a ciò che Sacco e Vanzetti furono 
 prima fermati e poi arrestati.
I due pagarono così il loro volersi interessare troppo da vicino del Salsedo. La loro vicenda, che monopolizzò l'opinione pubblica americana negli anni successivi,  fece cadere nel dimenticatoio il '' Caso Salsedo".

















Mentre per Sacco e Vanzetti si arriverà  alla fine e moto tempo dopo ad una completa riabilitazione, per Salsedo nulla in quanto la verità sullo svolgimento reali dei fatti avrebbe comportato, di fatto, un'accusa di omicidio nei riguardi della polizia di New York.
La storia di Andrea Salsedo pertanto è destinata a restare sconosciuta, anche alla maggior parte dgli italiani, salvo un breve e fugace accenno per similitudione dei fatti avvenuti in occasione del caso Pinelli, nel clima rovente degli anni della grande contestazione giovanile del Sessantotto.

La relazione è stata poi seguita da un dibattito che ha visto la partecipazione di numerosi presenti che hanno posto quesiti e chiesto precisazioni ai quali il Prof. Bongiorno ha risposto esaurientemente.
Chiuso il dibattito il Prof. Valenti ringraziando l'oratore per aver partecipato ancora una volta alle attività dell'Associazione gli ha offerto in omaggio il libro '' Storia di Trapani ' di Salvatore Costanza.
La serata si è conclusa con gli auguri per la Pasqua imminente e con l'arrivederci a sabato 11 aprile 2015 per la ripresa delle attività dopo la sosta per il periodo pasquale.

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