2015 - 06 - 20: Prof. Antonino Cusumano: In principio fu la terra

Sabato 20 giugno 2015 alle ore 18.20 nella sala delle riunioni dell'Associazione per la Tutela delle Tradizioni Popolari del Trapanese sita in Trapani via Vespri 32 con la partecipazione di un numeroso gruppo di soci e di simpatizzanti ha avuto luogo il penultimo incontro previsto dalla prima parte del programma delle attività del XXIX Corso di cultura pr l'anno 2015.

In assenza del Presidente, Prof. Salvatore Valenti, il relatore della serata, Prof. Antonino Cusumano è stato accolto dai presenti e dalla Vicepresidente Prof.ssa Rosalba Musumeci. 
Aperto l'incontro la Prof.ssa Musumeci ha comunicato ai presenti che il socio Tore Mazzeo è venuto a manacare martedì u.s. Lo stesso uomo di cultura, autore di molti scritti e poeta era socio da molto tempo e fino a quanto ha potuto ha partecipato ben volentieri alle attività culturali dell'Associazione e, quando richiesto, ben volentieri leggeva le sue poesie in lingua ed in siciliano, che molto spesso descrivavano quadretti ed eventi legati alla esistenza.

Un doveroso saluto ed un ringraziamento è stato rivolto anche al Prof. Valenti assente all'incontro e fuori Trapani per motivi di salute.

Ciò fatto dopo aver brevemente presentato il tema della serata e l'oratore, gli ha ceduto la parola.

Il Prof. Cusumano, che più volte in passato ha partecipato alle attività culturali dell'Associazione, è docente presso l'Università di Palermo dove insegna Etnografia, valente etnografo ed autore di vari studi in materia ha pubblicato vari libri sull'argomento e nel 1973 si è anche interessato di fenomeni migratori che hanno interessato la Sicilia ed i cui risultati sono stati poi riportati in una pubblicazione del 1976.Il relatore ha iniziato il suo intervento ringraziando la Prof.ssa Musumeci per l'accoglienza ricevuta e l'Associazione che con l'invito ogni anno rivoltogli gli consente di parlare di taluni argomenti interessanti dal punro di vista etnografico.

Si riporta di seguito una sintesi di quanto detto dal Prof. Cusumano che lo stesso, su nostra richiesta, ha gentilmente fatto pervenire  perchè venisse riportata sul sito dell'Associazione a vantaggio dei visitatori e di chi ne volesse effettuare la lettura e per ciò lo si ringrazia sentitamente.  

L'esposizione è stata integrata dalla proiezione di una serie di interessanti diapositive, anche queste gentilmente rese disponibili, che si riportano nel loro totalità al termine di queste note.

'' In principio fu la terra ''

'' La terra cruda è stata materia costitutiva e connettiva delle nostre abitazioni tradizionali, prima mediazione strumentale nella storia dell’uomo tra natura e cultura, il primo materiale solido che l’uomo ha imparato a usare per costruire oggetti e manufatti.
Non c’è forse materia più densa di richiami mitici e più carica di potenza sacra dell’argilla, forse più della pietra. Elemento fondante della costruzione e della creazione, simbolo della Terra madre e delle relazioni tra cielo e terra, una delle prime forme di appropriazione della natura, l’argilla è la prima mediazione strumentale nella storia dell’uomo tra natura e cultura, tra mano e ragione.

In principio fu la terra, palinsesto delle vicende plurisecolari dei popoli, supporto materico dei primi segni umani, ideogramma che ha attraversato il tempo giungendo fino a noi inalterato nella sua struttura molecolare e nel suo statuto semiotico. Nessun’altra materia può considerarsi più emblematica e rappresentativa di eventi e luoghi, tale da assumere la funzione strumentale di parametro di riferimento nell’individuazione di siti territoriali e di sequenze cronologiche. Nello scorrere dei millenni, e per millenni, l’argilla ha penetrato e permeato società e paesaggi, città e culture.  
Sostanza di larghissimo uso nella quotidianità e nella ritualità, moneta di scambio commerciale e bottino di guerra, supporto empirico dei primi segni graffiti e delle prime figure impresse, ma anche catalogo amplissimo di forme plastiche e di soluzioni funzionali ed estetiche, la creta che si fa terracotta offre un panorama storico e antropologico di grande rilievo per la conoscenza delle civiltà mediterranee, delle loro migrazioni e delle loro reciproche relazioni. Del Mediterraneo, “la cui storia non è separabile dal mondo terrestre che l’avvolge più di quanto non lo sia l’argilla dalle mani dell’operaio che la modella” (Braudel 1976, XXIII-IV), di questo “mare degli uliveti e delle vigne”, la terracotta - mirabile sintesi di acqua e di terra mediata dal fuoco - sembra essere la metafora esemplare, l’immagine più compiutamente rappresentativa.
Ogni campo dell’attività umana è stato interessato dalle applicazioni tecnologiche delle argille e la fabbricazione dei recipienti di argilla, insieme all’invenzione del fuoco per la cottura dei cibi e per la metallurgia, appartiene alle tecniche che fondano la civiltà umana, e che attuano la separazione tra gli dei e gli uomini. Per questo gli inventori delle tecniche, dell’argilla come della metallurgia, sono gli eroi culturali, che creano la mediazione tra il cielo, dimora degli dei, e la terra, dimora degli uomini. L’elemento di fondazione della civiltà umana, attribuito alla fabbricazione del vasellame, si collega all’azione del fuoco civilizzatore, impiegato appunto per la cottura dei cibi, dei vasi e per la fusione dei metalli. Per questo le tecniche del fuoco sono spesso insegnate agli uomini da eroi che vengono dal cielo o che partecipano come Prometeo di una condizione a metà divina e a metà umana. Per questo l’argilla è materia che in sé ricorre nei miti e nei racconti religiosi come fondante del mondo umano, inizio sacrale dell’umanità.
La modellatura del primo uomo in argilla è presente nei repertori mitologici di non poche società, dall’Africa al Medio Oriente. L’associazione tra il plasmare l’argilla e il fabbricare l’uomo è presente, oltre che nella Bibbia, anche nei miti di origine di molte culture africane. In Camerun, secondo una ricerca condotta da Silvia Forni, a plasmare l’argilla sono le donne e plasmare “né boh” è il verbo che si riferisce sia all’attività di modellaggio della vasaia, che lavora l’argilla per dare forma ad un utensile, sia al processo di fabbricazione del feto all’interno del ventre materno. In entrambi i casi, la donna plasma la materia molle e informe per dare origine ad un corpo che possa assolvere la propria funzione. Così come il bambino deve essere plasmato all’interno del ventre, così la ceramista fabbrica il recipiente modellandone con cura il corpo.
Anche nella religione dell’antico Egitto la creazione dell’uomo era avvenuta attraverso l’argilla, per opera del dio ariete Khnum  che aveva plasmato gli uomini su di una ruota da vasaio. Così anche nei miti greci, nella religione ebraica, in certi racconti islamici, ritorna il tema della creazione divina per opera della plasmazione dell’argilla.
L’arte di plasmare e di foggiare la creta costituisce una delle prime forme elaborate dall’uomo di utilizzazione e di appropriazione della Natura, storicamente preceduta soltanto dalla pratica dell’intrecciatura verticale e come questa organizzata attorno ad una razionale ed equilibrata architettura dello spazio e del tempo, in funzione cioè degli elementari bisogni del costruire, dell’abitare e del coltivare la terra. C’è una radice comune tra le parole costruire, abitare, coltivare e rinvia al significato di abitare come modo in cui gli uomini sono sulla terra e allo stesso tempo al fatto che gli uomini sono in quanto abitano, cioè costruiscono e coltivano, hanno cura dei campi.
Non si è forse riflettuto abbastanza sull’importante ruolo di mediazione che l’uso dell’argilla ha concretamente assolto tra casa e campagna, tra vita domestica e lavoro, tra l’abitare e il coltivare la terra, tra il costruito e il vissuto. La terra cruda, spontaneamente offerta dalla natura, raccolta e impastata dalle mani dell’uomo, ha dato forma e materia alle case e al paesaggio urbano e rurale, ha fornito i mezzi e i luoghi di produzione, ha modellato le tecniche di  costruzione e decorazione. Dai climi caldi sahariani fino ai più freddi climi continentali della Turchia, dalle coste del Mediterraneo fino ai deserti iraniani, dalla penisola arabica alle zone del centro America si sono costruite nei secoli e si continuano a costruire case con le mura costituite da un impasto di argilla e paglia. Mescolata con tritume di paglia e di canne, ha composto la prima malta (taiu) impiegata nell’edilizia per riempire le sconnessure e cementare le murature. La terra cruda non è quindi un semplice materiale primitivo, essa si colloca a fianco degli altri sistemi costruttivi dimostrando un’ampia adattabilità ai diversi contesti territoriali.
Nel segno dell’argilla la morfologia dei paesaggi naturali rifluisce senza dissonanze nei colori e nelle forme del paesaggio costruito. Dai greti dei fiumi e dalle cave aperte su montagne e vallate, la materia offerta all’uomo è stata modellata e plasmata nelle opere di una civiltà architettonica destinata a durare.  Se la morbida discontinuità dei suoi toni cromatici tende a mimetizzarsi nell’ambiente circostante, l’argilla con le tegole, i pavimenti, chiude i confini fisici e mitici dello spazio abitato.
L’argilla, come la pietra, è straordinario amalgama di natura e cultura. Assieme alla pietra, ad essa consustanziale, è stata presenza costante, legamento indistruttibile, avendo tenuto insieme in un disegno organico e coerente le vicende storico-architettoniche più significative. Il segreto dell’antica bellezza delle nostre città e dei nostri paesi sta probabilmente nella capacità di connessione dei diversi elementi, nella salda correlazione tra le parti e il tutto, nella limpida corrispondenza tra i ritmi spaziali e le strutture di vita quotidiana, nella profonda integrazione tra l‘elemento urbano e la situazione paesaggistica (Natoli Di Cristina).
Le vicende dell’argilla, la cui ampia diffusione in natura ha favorito una straordinaria versatilità d’impiego, attraversano tanto l’architettura maggiore quanto quella minore, interessando sia la costruzione di chiese e palazzi monumentali sia quella più umile delle case contadine e dei casolari di campagna. Quella sostanziale continuità formale e spaziale che unisce in un solidale e coerente mosaico architettonico palazzi signorili e abitazioni contadine, è resa possibile dall’uso della stessa materia di costruzione e dall’omogeneità e organicità dei valori plastici e figurativi a cui le maestranze edili si sono ispirate nellacomposizione della trama urbana.
Se si considera lo straordinario valore materiale e simbolico che a livello popolare i Siciliani attribuiscono alla casa: luogo di investimento di tutto il patrimonio disponibile e unità di misura delle potenzialità economiche del nucleo familiare, nonché rappresentazione spaziale del microcosmo sociale e culturale; si può avere un’idea della funzione che assume la scelta delle materie, delle forme e delle tecniche di edificazione, si possono meglio penetrare i significati propiziatori e apotropaici assegnati a  questi elementi  costitutivi dell’abitazione, che nel ritagliare lo spazio definivano l’orizzonte esistenziale. Mattoni, tegole, grondaie, pluviali indicano i confini fisici e mitici del cielo e della terra, un perimetro carico di inquietudini e di tensioni sul quale si esercitava la permanente ricerca di una difesa e di una protezione magica.
Vutari la casa è l’espressione comunemente adoperata nel nostro dialetto per designare la rimozione e la sostituzione delle tegole vecchie che coprono il tetto. Il significato metonimico della locuzione – l’intero fabbricato per una parte di esso, la copertura – vale a sottolineare la funzione strategicamente rilevante affidata agli umili coppi di terracotta, che nel loro disporsi a doppio strato sulle travi del solaio assicuravano assieme ad una perfetta impermeabilità termica e ad una notevole leggerezza ponderale una non meno efficace salvaguardia dagli agenti atmosferici e dalle calamità naturali. Le stesse tegole, fratturate e frantumate dall’usura, ritrovavano una loro utilizzazione nelle antiche tecniche di costruzione dei cosiddetti “muri a sacco”, a riempimento della cavità che si apriva tra le pareti formate da scheggiosi di calcareniti (mazzacani). Un altro esempio assai diffuso del recupero e della rifunzionalizzazione dei laterizi ridotti in piccoli pezzi consisteva nel tradizionale impiego del cocciopesto nei rivestimenti murari, allo scopo di combattere l’umidità. Il fenomeno del riuso dei materiali e del ricorso a tipologie e tecnologie ben collaudate erano, del resto, tratti distintivi della cultura contadina che, pur nell’estrema assenza di elementi decorativi, ha saputo progettare e disegnare una trama urbana e un ordine architettonico di perfetta ambientazione, di straordinaria razionalità e di originale eleganza.
A questa estetica del costruire e dell’abitare, fondamentalmente misurata su valori plastici e relazioni spaziali mutuati dal mondo della natura, hanno dato senza dubbio un significativo contributo di soluzione tecniche e stilistiche le piccole fabbriche di terracotta, che attive e numerose erano attestate fino a qualche anno fa in ogni città-paese della Sicilia. La loro progressiva scomparsa ha segnato il declino di quell’unità di espressione e di gusto che caratterizzava il patrimonio edilizio tradizionale, accompagnando la crisi di tutta una cultura in cui ancora il senso della terra rifluiva plasticamente e cromaticamente nel paesaggio costruito '' .




















La fine della relazione è stata seguita da un dibattito a cui hanno partecipato molti dei presenti che hanno posto al relatore diversi altri quesiti e chiesto ulteriori chiarimenti.


Al termine di esso, a ricordo della serata e dell'evento, la Prof.ssa Musumeci a nome dell'Associazione ha dato in omaggio al Prof. Cusumano il libro '' Storia di Trapani '' di Salvatore Costanza.


Concluse le formalità di rito sono seguite alcune comunicazioni organizzative relative alla '' Sagra del cabucio '' prevista alle ore 19.00 del giorno dopo presso la pizzeria '' L'Ancora ''  di Lido Valderice, da raggiungere con mezzo proprio, che concluderà la prima parte del programma delle attività per l'anno 2015 ed il viaggio a Medjugorje e Croazia che si terrà dal 27giugno al 1° Luglio 2015.
 
 

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