2016 - 11 - 26: Prof. Salvatore Vecchio - Salvatore Quasimodo

Sabato 26 novembre 2016 alle ore 18.20 nella sala delle conferenze-biblioteca dell'Associazione per la Tutela delle Tradizioni Popolari del Trapanese sita in Trapani via Vespri 32 ha avuto luogo il settimanale incontro previsto dal programma delle attività per l'anno 2016, XXX Corso di cultura.
All'assenza del Presidente, Prof. Salvatore Valenti, ha sopperito la vice-presidente Prof.ssa Rosalba Musumeci.



















Chiedendo scusa all'oratore della serata, Prof. Salvatore Vecchio, i lavori sono stati aperti con le seguenti comunicazioni:

- l'incontro con il Prof. Renato Lo Schiavo previsto per sabato 17 dicembre 2016 nella sede dell'Associazione alle ore 18.00 non sarebbe più avvenuto
- la Conviviale di fine anno per lo scambio degli auguri prevista per domenica 18 dicembre 2016 alle ore 19.00 è stata invece anticipata, in relazione alla disponibilità del locale dove tenerla, a sabato 17 dicembre 2016 alle ore 13.00 con un pranzo nella Sala del pavone presso il Garten ristorante di Valderice. Sono state pertanto aperte le prenotazioni da effettuare al più presto possibile.

Chiusa questa parte iniziale, la Prof.ssa Musumeci è brevemente passata a presentare, prima di cedergli la parola, il relatore della serata su cui c'è stato poco da aggiungere in quanto ben noto ai soci del sodalizio avendo lo stesso più volte ed assiduamente partecipato negli ultimi anni alle attività culturali dell'Associazione con le sue conferenze.

Si riporta di seguito una brebve sintesi liberamente tratta da quanto detto nel corso della interessante conferenza improntata sulla personalità di Salvatore Quasimodo illustre poeta siciliano e Premio Nobel per la Letteratura nel 1959.

Avuta la parola, il Prof. Vecchio ha ringraziato l'Associazione  per l'invito che ogni anno gli viene rivolto che gli consente di parlare di un tema a lui congeniale ovvero degli illustri uomini e della cultura siciliana che con il passare del tempo tende a perdersi e che quindi andrebbe opportunamente rivalutata anche per non farla dimenticare ai giovani d'oggi.

Ha iniziato quindi con una breve carrellata sulla biografia di Salvatore Quasimodo, premio Nobel per la Letteratura nel 1959.

Nato a Modica nell'agosto del 1901, morì a Napoli nel giugno 1968.
Essendo il padre capostazione delle ferrovie, da giovane condusse una vita girovaga per seguirlo nelle sue varie sedi di lavoro. A Gela frequentò le elementari, mentre la famiglia era ad Acquaviva Platani studiò a Palermo ed infine conseguì il diploma di geometra a Messina dove visse dal 1914 al 1919. Tale ultimo periodo fu per Quasimodo un periodo splendido in quanto ebbe modo di conoscere e fare amicizia con Giorgio La Pira, Salvatore Pugliatti e molti altri.
Nel 1919 si spostò a Roma per intraprendere gli studi di ingegneria che ben presto abbandonò. Fece i mestieri più vari fino al 1926 quando fu assunto dal Ministero dei lavori pubblici ed assegnato all'Ufficio del Genio civile. Per motivi di lavoro si spostò in varie sedi per fermarsi poi in Lombardia.
La raggiunta sicurezza economica gli consentì di dedicarsi allo studio del latino e del greco che si rivelarono materie a lui più congeniali.
Nel 1927 lo si ritrova a Firenze dove era stato chiamato a raggiungerlo dal cognato Elio Vittorini che aveva sposato la sorella Rosa. Ebbe modo di conoscere in quella città Eugenio Montale, Arturo Loria, Gianna Manzini, Alessandro Bonsanti e  alcuni altri uomini illustri del 1900 che si riunivano presso il caffè delle Giubbe rosse e considerati il gruppo del dissenso in antitesi ad un altro gruppo denominato del consenso che si riuniva in un altro caffè che si trovava dalla parte opposta della piazza di cui faceva parte anche Indro Montanelli. 



















Nel 1938 lasciò il Genio civile per dedicasi solo alla letteratura. Durante la guerra, ma anche successivamente, continuò scrivere le porprie opere ma si dedicò anche alla traduzione di parecchi Carmina di Catullo, parti dell'Odissea, il Vangelo secondo Giovanni, Edipo re di Sofocle ed opere di altri autori anche contemporanei.

Nel 1941, per chiari meriti, gli fu affidata la cattedra di Letteratura italiana presso il Conservatorio di Musica di Milano e tale incarico mantenne fino alla sua morte avvenuta come detto nel 1968. Fece numerosi viaggi in Europa, in America ed in Russia. 

Esaurita questa prima parte, il Prof. Vecchio è passato ad elencare le varie sillogi pubblicate dal poeta in genere ad intervalli di due o tre anni.
- Acque e terre nel 1930
- Oboe sommerso nel 1932
- Erato e Apollion nel 1936
- Ed è subito sera nel 1942

- Con il piede straniero sopra il cuore nel 1946
- Giorno dopo giorno nel 1947
- La vita non è un sogno nel 1949
- Il falso e vero verde nel 1956
- Dare ed avere nel 1966.

Della ampia produzione del poeta e per agganciarsi successivamente alla sua poetica l'oratore ha letto le seguenti poesie di alcune delle quali ha fatto anche una breve perifrasi con lo scopo dichiarato di voler sollecitare gli ascoltatori ad una lettura privata e successiva delle opere del Quasimodo.

- Albero 
- Vento a Tindari
- Preghiera alla pioggia 
- Strada di Agrigentum
- Milano agosto 1943
- Lamento per il sud
- Alle fronde dei salici.
Il termine ermetismo fu coniato da F. Flora nel 1936. Secondo alcuni esso non fu una vera e propria corrente letteraria ma piuttosto un atteggiamento assunto da un gruppo di poeti. Questo tipo di poesia era così definito in quanto di difficile comprensione immediata. Nel 1938 Carlo Bo pubblicò il saggio '' La letteratura come vita '' che conteneva i fondamenti teorico-metodologici della poesia ermetica.
Appartennero all'ermetismo anche G. Ungaretti ed E. Montale nonchè il Quasimodo e fu principalmente a Firenze nella seconda metà degli anni 30, fra le due guerre mondiali, che il gruppo di poeti ermetici si coagulò favorito in ciò dalla pubblicazione delle riviste Frontespizio e Solaria.
Elementi caratterizzanti di questo tipo di poesia furono il linguaggio e lo stile volutamente oscuri, difficile da comprendere e quindi '' ermetico ''.
Alcuni la considerarono come una forma di resistenza blanda al fascimo che alla poesia celebrativa del periodo opponeva una poesia stringata, priva di contatti con la realtà e centrata sulla tematica dell'angoscia esistenziale, sul recupero della memoria, sull'incomunicabilità, sull'alienazione e la frustazione.
Molto comune è l'uso dell'analogia e della sinestesia e tale poesia veniva considerata pura in quanto consentiva di esprimere l'essere più profondo e segreto del poeta.
 
Nella poetica di Quasimodo quasi tutti sono d'accordo nel riconoscervi due periodi ed il Prof. Vecchio l'ha paragonato ad una unica medaglia con le sue due facce.
La medaglia rappresenterebbe la Sicilia, elemento comune, che sempre ritorna in molte poesie del Quasimodo, le due facce invece corrisponderebbero al primo ed al secondo periodo della sua poetica.
La Sicilia tuttavia non è considerata sempre nello stesso modo in quanto nel primo periodo essa è il paradiso irremediabilmente perduto, nel seondo essa vista non più come una terra favolosa ma come terra di dolore che aspetta ancora di essere riscattata.

Il primo periodo detto anche del disimpegno ha un carattere nostalgico in quanto per vari motivi il Quasimodo ha dovuto abbadonare la sua terra per ritrovarsi solo e lontano dai suoi affetti in varie e nuove città che in ogni caso non erano la sua. Lo prende quindi il complesso dell'esule tormentato dalla nostalgia della sua infanzia considerata  anche come periodo di innocenza e di serenità. E' quindi il periodo in cui si richiude in se stesso, del monologo e in cui si estranea dagli altri.

Nel secondo periodo, con la guerra già alle spalle e con il passaggio alla Repubblica, il poeta ha una svolta in quanto passa dal monologo all'apertura ed alla ricerca dell'altro. I contenuti rimangono gli stessi ma è diverso il modo di fare poesia, cambia il linguaggio e cerca l'uomo per parlargli viso a viso passando dal disimpegno all'impegno.
Si apre quindi alla nuova realtà storica  orientandosi al colloquio con gli altri uomini che soffrono la sua stessa pena ma sperando in un mondo migliore di quello lasciato alle spalle.
Diventa quindi giudice dell'epoca in cui si trova e non esita a condannare le atrocità della guerra e la ferocia manifestata dagli uomini esortando i giovani a dimenticare le crudeltà messe in atto dai padri.

Nell'ultimo periodo della sua vita constatando che alla ricostruzione materiale non aveva fatto seguito quella morale degli uomini e che gli stessi continuavano nelle loro zuffe non considerando gli orrori vissuti, ricorda loro quali potrebbero essere i rischi di un nuovo conflitto specialmente se condotto con armi ben diverse da quelle fino ad allora utilizzate. Il discorso quindi non è più diretto al singolo ma alla collettività nel suo complesso.

L'impegno del poeta quindi è quello di rifare l'uomo che ha necessità di essere riformato. L'io deve uscire dall'io per diventare tu al fine di costruire l'essere che è la realtà dell'uomo che apre alla libertà sinonimo di verità.

L'oratore ha quindi concluso la sua relazione affermando che la poesia di Quasimodo è anche una poesia universale ed attuale come l'uomo con le sue passate miserie ed i suoi recenti obbrobri.



















E' intervenuta quindi la Prof.ssa Musumeci che ha ringraziato il relatore per l'interessante tema trattato ed in considerazione che sabato 26 si celebrava la Giornata Internazionale contro la violenza sulle donne ha ritenuto opportuno leggere la poesia del Quasimodo dal titolo '' Uomo del mio tempo '' che ben si adattava alla ricorrenza.


Prima di chiudere l'incontro e dare i saluti di arrivederci a sabato 3 dicembre 2016 alle ore 18.00 nei locali dell'Associazione per il prossimo incontro in programma, la Prof.ssa Musumeci, a nome dell'Associazione, ha donato al Prof. Vecchio a ricordo della serata il libro '' La scia dei tetraedri - Nel mare gastronomico delle Egadi '' di E. Milana.   

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