2017 - 10 - 28: Dott. Gaetano Bongiovanni - Palazzo Ajutamicristo e le sue collezioni

Sabato 28 ottobre 2017 alle ore 18.20 nella sala delle conferenze dell'Associazione per la Tutela delle Tradizioni Popolari del Trapanese sita in Trapani via Vespri 32 con la presenza di un gruppo numeroso di soci e simpatizzanti si è tenuto il settimanale incontro previsto dal programma delle attività relative al XXXI Corso di cultura per l'anno 2017, 35° dalla fondazione.

















Ospite della serata e relatore il Dott. Gaetano Bongiovanni che  è stato cordialmente accolto dal Presidente, Prof. Salvatore Valenti, e dai presenti in quanto già ben noto agli intervenuti per aver più volte annualmente partecipato alle attività culturali del sodalizio con numerose ed interessanti conferenze in quanto sempre disponibile agli inviti dell'Associazione sia quando si trovava a Trapani presso il Museo Pepoli sia attualmente in quanto operante presso la Soprinendenza di Palermo da cui è appositamente venuto per poi ritornarvi in serata.


I lavori della serata sono stati aperti dal Prof. Valenti che dopo un ringraziamento all'oratore ed una breve presentazione del tema che avrebbe sarebbe trattato gli ha ceduto la parola.

Il Dott. Bongiovanni prendendo la parola ha voluto per prima cosa ringraziare l'Associazione sia per l'invito a relazionare, cosa che ha sempre accettato ben volentieri,  sia per la possibilità di ritornare a Trapani città in cui ha operato fattivamente e con successo per molti anni prima di andare a Palermo ed ha precisato che di tutte le collezioni ospitate dal Palazzo Ajutamicristo si sarebbe limitato a parlare solo delle più importanti e significative.

Si riporta di seguito una breve sintesi liberamente tratta da quanto riferito nel corso della serata che è stato accompagnato anche dalla proiezione di una serie di interessanti diapositive rese gentilmente disponibili per essere di seguito riportate.

Quanto esposto è stato diviso dall'oratore in due parti: nella prima ha trattato la parte relativa alla storia dell'edificio  mentre nella seconda si è intrattenuto sulle collezioni e sulle opere esposte al suo interno.

Il palazzo è un edificio di arhitettura gotico-catalana del XV secolo che presenta anche influssi rinascimentali con il suo frontale ubicato oggi sulla via Garibaldi che una volta era una delle vie più antiche della città corrispondendo alla '' ruga di Portae Thermarum ''.

Esso fu voluto da Guglielmo Ajutamicristo, ricco mercante e potente uomo di affari, di origini pisane, che nel 1490 si trasferì a Palermo per meglio seguire i suoi interessi economici.
Incaricò della sua realizzazione l'architetto Matteo Carnalivari di Noto, uno dei più ricercati del tempo che nel corso dei lunghi  lavori per la posa delle fondamena del palazzo, aveva realizzato anche il Palazzo Abatellis. 
Per la realizzazione del palazzo che venne edificato fra il 1490 ed il 1495, il committente si avvalse anche dei privilegi a favore di chi costruendo nuovi edifici contribuiva al decoro ed all'eleganza della città.

Il Carnalivari tuttavia completò solo una parte di tutta la costruzione ma ciò nonostante riuscì a caratterizzarla esteticamente grazie alla sua spiccata sensibilità artistica. I lavori furono proseguiti dal capomastro Niccolò Grisafi che già collaborava con il Carnalivari, ma che ne modificò, a causa forse di problemi economici del committente, la disposizione e lo stile. 
Presero parte alla realizzazione della '' domus magna '' ed in modo particolare nella parte decorativa che caratterizza le opere di intaglio lapideo poste all'esterno del palazzo i maestri majorchini Juan Casada, Antioco De Cara, Nicolò Di Galizia.

La costruzione tuttavia non venne portata a termine per la morte dell'Ajutamicristo avvenuta nel 1501. I lavori furono ripresi dalla figlia Margherita che nel 1586 lo concesse in enfiteusi a Francesco Moncada Principe di Paternò che successivamente si trasformò in diritto di proprietà.

L'edificio, progettato dal Carnalivari con una parte centrale e due corpi laterali, caratterizzato dall'uso della pietra viva con archi ribassati con ghiere aggettanti ed archi ogivali, fu modificato dai Moncada che lo ampliarono alle loro necessità sulla base delle nuove tendenze architettoniche per cui le originali stutture subirono infelici modifihe.

I tre ordini di affaccio della facciata ora risultano completamente modificati, le monofore del piano nobile furono sostituite da balconi sostenuti da mensoloni barocchi in pietra intagliata mentre una sola finestra del terzo piano è oggi nella sua forma originaria.

L'ingresso del palazzo, caratterizzato dal portale in pietra intagliata progettato dal Grisafi, è sormontato al centro da un rombo con i simboli araldici della Famiglia committente. La parte meno degradata, quella interna, conserva ancora il portico interno a doppio loggiato sovapposto ed  un vasto giardino. in cui era ubicata la fontana del Cavallo Marino oggi a Piazza S. Spirito, che si estendeva fino alla Basilica La Magione.

Nella seconda metà del XVIII secolo Giovanni Aloisio Moncada, nono principe di Paternò, incaricò all'architetto Venanzio Marvuglia una diversa configurazione dell'edificio creando un nuovo corpo di fabbrica per la realizzazione di un salone da ballo ed affidando la decorazione degli interni ai pittori Benedetto Cotardi e Giuseppe Crestadoro autore dell'affresco del soffitto del grande salone d'onore realizzato da Andrea Gigante.
In quello stesso periodo inoltre fu ampliato il giardino che in alcuni periodi veniva aperto anche al pubblico cosa non usuale per quel tempo.

Alla fine del secolo XIX una parte del palazzo venne venduta dai Moncada ai Calefati, baroni di Canalotti, ed un'altra alla famiglia Tasca. Questi ultimi negli anni 80 del secolo scorso cedettero la loro parte alla Regione Siciliana che ha destinato i locali a sede della Soprintendenza dei Beni Culturali in cui è esposta una ricca collezione lapidea e scultorea.
I Calefati invece continuano ad abitare nella parte di loro proprietà avendo particolare cura nel mantenere integri le decorazioni, gli arredamenti del tempo ed i pavimenti a scene figurate.

La nobile residenza nel tempo ha ospitato personalità illustri come:
- nel 1500 la regina Giovanna moglie del re Don Ferrante di Napoli
- nel 1535 l'imperatore Carlo V
- nel 1544 Muley Hassan re di Tunisi
- nel 1576 Don Giovanni d'Austria fratello del re Filippo II vincitore della battaglia di Lepanto.

La seconda seconda parte della relazione è stata utilizzata dal Dott. Bongiovanni per descrivere alcune delle opere custodite nella parte appartenente alla Soprintendenza alcune delle quali recuperate dai palazzi e dalle case distrutte dai pesanti bombardamenti che Palermo subì nel corso della seconda guerra mondiale.

Fra i reperti lapidei che vi trovano il Dott. Bongiovanni si è intrattenuto a descrivere:

- il busto del Pretore di Palermo Pietro Speciale, grande umanista, attibuito a Domenico Gagini. L'opera si trovava originariamente in una grande tomba dietro l'altare maggiore della Chiesa di S. Francesco nella zona distrutta dal bombardamento. Il volto molto reale e verosimile risente profondamente degli influssi rinascimentali che nella scultura arrivarono in Sicilia molto prima rispetto all'architettura. Del personaggio esistono altri ritratti ma più piccoli, di profilo ed a bassorilievo;

- Un busto dell'imperatore Carlo V di cui si erano per molto tempo perse le tracce che in origine era ubicato in una nicchia in alto del prospetto principale del Palazzo Lo Mazzarino fatto costruire a Palermo dagli antenati del Celebre Cardinale di Luigi XIV successivamente trasferitisi a Genova.
L'opera atribuita a Giovanni Angelo Montorsoli, allievo di Michelangelo, che lavorò a Messina realizzando varie fontane, fu donata all'imperatore dai nobili locali legati ai genovesi quando entrò trionfalmente a Messsina dopo lo sbarco a Trapani ed il viaggio in Sicilia in seguito alla conquista di Tunisi.
Del busto ne esiste un altro quasi sovrapponibile custodito nel Museo di S. Martino di Napoli;

- Alcuni lastroni di pietra grigia, ritrovate nella quinta Casa dei Gesuiti nel corso di lavori di  rifacimento di una scala, sulla cui faccia non esposta sono state ritrovati dei rilievi che probabilmente facevano parte di un grande arco e successivamente riutilizzate in modo diverso cosa non rara nei tempi passati come avvenuto per esempio nel restauro della capella della Madonna di Trapani e documentato fotograficamente. Le figure sono di santi legati agli Agostiniani in quanto portano dei cordoni con fibbia rotonda di pelle nera.  Fra le figure quella di S. Guglielmo d'Aquitania copia di un dipinto che si trova nella Chiesa di S. Agostino a Palermo databile al 1567 del pittore fiammingo Simone Wobreck.

- Nel museo vi sono anche, sistemati a parete, stemmi della città e di palazzi nobilari. Fra di essi un lobale con la figura di Carlo Di Napoli, illustre giurista e magistrato risolutore fra l'altro della diatriba fra demanio reale e feudale, morto nel 1758, di Francesco Ignazio Marabitti. La figura si presenta di lato con la faccia girata verso destra.

- Si hanno ancora 2 opere del Canova, uniche in Siciia. Le due stele funerarie furono commissionate ad Antonio Canova dal Conte Jacopo Mellerio per ononare la memoria della moglie Contessa Elisabetta Castelbarco e dello zio Giambattista e furono realizzate a Roma nel periodo più alto dell'arte del Canova.
Appartenenti quindi alla Famiglia Mellerio, alla vendita della Villa e degli arredi, alla fine degli anni 70 del secolo scorso furono acquistate da un gallerista di Reggio Calabria che ne tentò l'esportazione nel 1978 attraverso Palermo. Fortuitamenrìte, attraverso la documentazione fotografica allegata furono riconosciute e bloccate da Vincenzo Scuderi, allora Soprintendende alle Gallerie di Palermo e successivamente acquistate dall'Assessorato dei Beni Cultrali ed Ambientali della Regione.
Nella stele di Elisabetta Mellerio (cm. 175,4 x 125,5) il busto della defunta su una colonna è abbracciato dalla figura allegorica della pietas mariti (scritta incisa con caratteri dorati sullo sfondo). La stele di Giambattista Mellerio (cm. 174,7 x 126,5) presenta uguale schema formale ed il tema della pietas è qui, ancora una volta, reso esplicito attraverso la scritta incisa e dorata: la figura femminile acconciata all’antica, Artemisia, abbraccia, sfiorandola col viso, l’urna del defunto. 

Dopo il terremoto del 1693 della Sicilia orientale ad Ispica per custodire la statua del Cristo flagellato rimasta integra dopo la distruzione della chiesetta in cui era custodita venne costruita nel giro di circa trentanni in stile tardo barocco siciliano la Chiesa di S. Maria Maggiore con un colonnato che  si ispiravano ai grandi modelli romani del '600. In essa Olivio Sozzi, il genero Vito D'Anna nonchè i loro allievi realizzarono 26 affreschi relativi al Nuovo ed al Vecchio Testamento. In particolare il grande affresco centrale dal titolo '' Trionfo della mensa eucaristica '' fu opera di Olvio Sozzi che poi morì cadendo da una impalcatura mentre ritoccava gli affreschi nella cappella grande dell'Assunta venendo poi sepolto nell'angolo destro della stessa.
Del grande affresco centrale oggi si hanno le copie di tre bozzetti preparatori dei quali uno in mostra a Palazzo Ajutamicristo, uno a Termini Imerese ed uno al Museo del Louvre di Parigi.

Nei locali della Soprintendenza sono pure in mostra altre 24 opere di cui 17 dipinti e 7 sculture di artisti siciliani ed italiani del '900. 
La loro presenza può essere fatta risalire agli ultimi anni del fascimo in seguito alla promulgazione nel 1939 della legge Bottai, allora Ministro dell'Educazione Nazionale, che si prefiggeva la divulgazione dell'arte a supporto dei giovani artisti a prescindere dal loro credo politico.
Altri interventi in merito venivano anche realizzati con le mostre regionali dei Sindacati d'arte in cui esponevano artisti esordienti e noti.

L'allora Soprintendente alle Gallerie siciliane, Roberto Salvini, in collaborazione con la Galleria Cairola di Milano organizzò nel 1492 una mostra a cui partecparono 21 giovani artisti ognuno dei quali presentò due opere.
Al termine della mostra alcune di quelle rimaste furono acquistate, restando a Palermo, dal Ministero dell'Educazione ma anche le altre, dopo varie vicende legate ai fatti bellici, restarono in quella città.

Fra di esse ora si annoverano:

- una piccola scultura in bronzo di Alfredo Martini '' Il Figliol prodigo '' riproduzione rivisitata della più grande, originale  ed omonima, che si trova presso l'Ospizio Jona Ottolenghi di Acqui Terme 
- una testina in gesso e cera  di un bimbo ( probabilmente il figlio ) opera giovanile di Giacomo Manzù in parte rovinata nella parte cerosa
- una statuita in terracotta di Nino Tranchina denominata '' La sammarcata '' ( la portatrice di pietre ) forse un ricordo giovanile del lavoro delle donne di S. Marco d'Alunzio che nel periodo estivo trasportavano dai torrenti vicini le pietre da utilizzare nelle costruzioni.  La scultura molto realistica dà valore al pesante lavoro femminile in contrapposizione all'arte celebrativa propugnata dal fascismo.

A questo punto il Dott. Bongiovanni ha ricordato che Nino Tranchina insieme all'altro scultore Giovanni Babera ed ai pittori Renato Guttuso e Lia Pasqualino Noto si erano uniti in un sodalizio artistico detto '' dei quattro '' che con la loro produzione ha offerto l'occasione per conoscere la loro vicenda e ciò che essa rappresentò nel controverso periodo della cultura artistica in Sicilia tra le due guerre.

Palazzo Ajutamicristo in relazione a quanto prima riportato relativamente alla mostra del 1942 ospita anche le seguenti opere pittoriche:

- il quadro ad olio di Renato Guttuso dal titolo '' Tetti di Roma '' del 1941, poco noto ma che grande succusso riscosse,  in cui il pittore è riuscito a dare con realismo, immediatezza e con il colore vita ed unità alle tegole dei tetti delle intrigate case romane
- il quadro realizzato con pittura spatolata dall'antifascista Renato Birolli  in cui sono ripresi i caldi colori utilizzati dal Van Gogh con prevalenza del giallo in contrasto con il blu
- il quadro di Ottone Rosai del 1941 '' Bocche del Magra '', fiume toscano - ligure,  caratterizzato da una pittura spugnosa ma colta e meditata
- l'opera giovanile di Giuseppe Migneco, messinese di origine, '' Ragazza che legge ''. Il quadro, che secondo alcuni si rifà ad un'opeara di Antonello di Messina, più che descrivere ha la funzione di esprimere e non a caso l'autore è uno dei più rappresentativi pittori dell'espressionismo
- il quadro di Domenico Maria Lazzaro detto '' Mimì '' intitolato '' I pesci rossi ', che nella realtà dell'opera son ridotti all'essenziale come se fossero delle lische che è pregevole più per la composizione che per il contenuto
- il quadro di Alberto Bevilacqua, di origini palermitane, '' La corrida '' in cui si trova una forte contrapposizione di colori, movimento, drammaticità ed una aspirazione a moduli decorativi astratti.

Il Dott. Bongiovanni ha concluso dicendo che il suo escursus è stato necessariamente e volutamente ridotto in quanto essendo molto numerose le opere esposte nel locali del Palazzo Ajutamicristo si è limitato a quelle che a suo parere  erano le più rappresentative, ma nel complesso il Palazzo merita in ogni caso di essere visitato per quanto esso rappresenta con la sua costruzione e con lo stile con il quale è stato realizzato.



E' quindi seguito un breve dibattito nel corso del quale si sono avuti numerosi interventi ai quali l'oratore ha risposto in modo completo ed esauriente al termine del quale il Prof. Valenti, dopo averlo ringraziato ancora una volta per la sua partecipazione, a nome dell'Associazione gli ha offerto il libro '' 33 cunti - tra le vele del tempo e della storia '' di E. MIlana.

Prima dei saluti di arrivederci a sabato 4 novembre 2017 alle ore 18.00 nei locali del sodalizio per il prossimo incontro previsto dal programma delle attività del XXXI Corso di cultura, il Presidente ha ricordato ai soci che avrebbero partecipato il giorno dopo all'escursione di un giorno a Palermo che la partenza sarebbe avvenuta da Piazza Vittorio alle ore 07.30 ed ha accennato all'itinerario che sarebbe stato seguito nel corso della giornata.

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