2018 - 02 - 24: Prof. Antonio Bica - Il mistero della tomba vuota: indagine sulla Resurrezione

Sabato 24 febbraio 2018 alle ore 18.15 nella sala delle riunioni dell'Associazione per la Tutela delle Tradizioni Popolari del Trapanese sita in Trapani via Vespri 32 in relazione al programma degli incontri previsti dal calendario del XXXII Corso di cultura relativo al 2018 con la partecipazine di numerosi ospiti, simpatizzanti e soci si è tenuto il tradizionale incontro settimanale. 

Il relatore della serata, Dott. Prof. Antonio Bica dell'Istituto Universitario di Napoli, già ben noto ai soci per aver più volte in passato partecipato agli incontri culturali del sodalizio, è stato ricevuto dal Presidente e dai presenti con la consuetà cordiaità e simpatia.

Il Prof. Valenti dopo aver aperto l'incontro, aver introdotto l'interessante ed impegnativo tema della serata ed aver ringraziato l'oratore per aver ancora una volta accettato l'invito del sodalizio a relazionare, gli ha ceduto la parola.

Il Prof. Bica, dopo aver salutato i presenti, ha voluto precisare che quanto avrebbe detto era il risultato di uno studio e dell'analisi dallo stesso condotti di quanto successo nei giorni della passione e della morte di Gesù, visti solamente dal punto di vista storico ed oggettivo, sulla base di quanto riportato dalle scritture che per la loro natura, essendo la traduzione di originali scritti in varie lingue ( greco, latino e aramaico ), si prestano ad interpretazioni diverse e che ognuno, in base alle proprie idee e convinzioni, era libero di interpretare liberamente.

Si riporta di seguito una breve sintesi liberamente tratta da quanto riferito nel corso della serata che è stata accompagnata e documentata da una serie di diapositive esplicative in cui erano talvolta riportate alcune frasi contenute nei vangeli in lingua originale e che, gentilmente rese disponibili sono state riportate alla fine di queste note. 

Il Dott. Bica ha iniziato ricordando che, da quanto avvenne giovedì 6 aprile nell'anno 30 d.C. nel Getsemani, riportato da Marco,  si può evincere che Gesù era in crisi da panico per quanto successivamente avrebbe dovuto avvenire mentre, per quanto riportato in Luca, ciò che disse prima dell'arresto relativamente al possesso di armi che a Gerusalemme gli ebrei non potevano portare pena essere considerati criminali. 
L'ultima parte perchè gli ebrei aspettavano un Messia che li liberasse dal gioco romano per mezzo di un conflitto.

Ancora Luca, ma precedentemente, riporta le parole con cui Gesù esprimendo la sua volontà di celebrare la Pasqua con gli apostoli annuncia loro la sua passione in quanto consapevole dell'avvicinarsoi della sua fine ed ancora nell'orto degli ulivi la sua peghiera personale rivolta al Padre con la faccia a terra sudando sangue.
Questo fenomeno allora incomprensibile e raro è ora noto conil nome di '' ematoidrosi '' e consiste nella rottura dei capillari sotto le ghiandole sudoripare per cui il sangue mescolandosi con il sudore cola su tutto il corpo. Si può verificare in condizioni eccezionali di stress con forti emozioni e paura quali quelle che Gesù viveva in quei momenti.

Dopo il riconoscimento di Giuda ( figura controversa di zelota deluso ) con il bacio, come dice Marco, seguì l'arresto nel corso del quale erano presenti tutte e tre le autorità del tempo con la finalità che fosse legale.
Il diritto giudaico prevedeva che gli arrestati fossero subito giudicati e le funzioni accusatoria e giudicante erano raggruppate nella persona del giudice ovvero di Caifa a quell'epoca capo del Sinedrio.

Nel corso del processo Gesù per essere punito secondo la legge ebraica fu accusato di essere figlio di Dio, ma poichè essa non era motivo di punizione per i romani e poichè ancora la sentenza del Sinedrio non era esecutiva ma doveva essere approvata anche dal prefetto romano, si rese necessario accusarlo di altre colpe che lo rendessero punibile anche per la legge romana e da ciò l'accusa per una colpa politica e quindi di essere un sobillatore e quindi anche come tale fu mandato davanti a Pilato. 

A questo punto il relatore si è soffermato sulla figura di Pilato e sulla sua personalità. Egli era un cavaliere romano abile con le armi ma poco esperto nella diplomazia e nella politica cosa che gli fu fatale in Giudea perchè non solo non riuscì ad entrare nella loro mentalità ma non fece niente per ovviare a ciò. Poichè era stato protagonista di vari e gravi incidenti con il popolo fu sconfessato da Tiberio per cui nei confronti del Sinedrio aveva perso tutta la sua autorità e pur destestandolo non godeva più dell'appoggio del suo imperatore.

Quando Gesù gli fu portato davanti, poichè non gli era arrivata alcuna notizia che stesse attendando alla pace, si stupì che i Giudei si presentassero come difensori di Roma anche perchè, come dice Giovanni, Gesù, richiesto se fosse re, aveva risposto che il suo regno non era di questo mondo e all'arresto non c'era stato nessuno che lo avesse difeso con le armi perchè non fosse consegnato ai Giudei. 
Contemporaneamente Gesù basò il suo concetto di regalità sulla verità.
Ma cosa deve essere intesa come verità?
Questa è la domanda che si pone oggi anche la moderna dottrina di uno Stato ovvero può la politica assumere la verità come categoria su cui basare la sua struttura o pittosto lasciare la verità come dimensione inaccessibile a soggettività e mantenere  la pace e la giustizia con gli strumenti del potere? 

Pilato, dopo avergli richiesto per 3 volte se era re, come dice Giovanni, non trovando in lui nulla per cui meritasse la morte lo voleva liberare. I Giudei allora lo accusarono che si era dichiarato figlio di Dio per cui secondo la loro legge meritava la morte. Si opposero pure allo scambio con un altro prigioniero ( Barabba ) e alla subdola affermazione '' Se lo liberi non sei amico di Cesare '' Pilato dovette cedere perchè non volle dispiacere nè al  governo centrale nè all'imperatore in quanto con astuzia satanica era stato creato il capo di accusa come sobillatore che fomentava la ribellione contro Roma e Cesare.

La frase di Matteo '' Su noi ed i nostri figli ricada il suo sangue '' ha costituito poi l'elemento su cui basare in tempi più recenti l'antisemitismo storico.

Su Pilato comunque resta in ogni caso la responsabilità politica, etica  e giuridica della morte di Gesù.

Come riferito da Matteo, Marco e Giovanni, sulla sua testa venne posto un copricapo di spine, probabilmente Sarcopterium spinosum, che bucando il cuoio capelluto lo fecero sanguinare abbondantemente, poi lo flagellarono con il flagellum come imponeva la legge romana per produrre shock traumatico, stress e disidratazione e gli fecero portare la croce ( patibulum ) fino al luogo del martirio dove venne crocifisso su una croce di tipo romana nella cui parte superiore venne fissato un cartello ( titulum ) con la scritta '' INRI - Iesus Nazarenus Rex Iudeorum '' contestata dai Giudei ma mantenuta nonostante tutto da Pilato che rispose  '' ciò che ho scritto ho scritto '' manifesta espressione del suo rancore e del suo cattivo umore.

Nelle letture c'è molta coincisione su questi eventi perchè a quei tempi erano ben note le conseguenze della flagellazione e della crocifissione che a noi oggi sfuggono e non a caso la morte per crocifissione era una delle morti più atroci e terribili che potevano essere inflitte.

I chiodi lunghi circa 20 cm furono infissi nei piedi e secondo la tradizione cristiana nel palmo delle mani ( stimmate ) ma secondo studi condotti dal Dott. Pierre Barbet in epoca più recente anche su cadaveri tale locazione non era sufficiente a sopportare il peso del corpo a causa della lacerazione dei tessuti molli per cui i chiodi dovevano essere stati infissi nello spazio di Destot con la lesione del nervo mediano che produce intenso dolore e la flessione del pollice mentre per altri nell'area Z senza produrre alcuna rottura o trauma delle ossa come avverrebbe invece nei casi precedenti.

Il Dott. Bica si è quindi intrattenuto sulle cause fisiopatologiche che producono la morte di un crocifisso identificandone un certo numero tutte concomitanti ma attribuendo la motivazione principamente alla asfissia come riportato specificamente nella diapositiva n. 32.
Di tutto ciò e fino ad alcuni anni fa la Chiesa, per dichiarazione di Papa Pio XII dopo una conferenza in Vaticano del Dott. Pasteau, Presidente della Società di S. Luca dei medici cattolici, '' Non ne sapeva nulla in quanto mai nessuno ne aveva fatto parola ''. 

Altro punto trattato è stato l'offerta fatta da un soldato romano a Gesù morente di acqua ed aceto, bevanda che faceva parte della dotazione dei militi quando erano fuori dall'accampamento. Secondi alcuni il gesto è stato interpretato come un gesto di pietà come sembra suggerire Giovanni mentre per i sinottici fu un gesto che aveva lo scopo di acuire i tormenti. Infatti l'aceto nell cavità nasale produce un riflesso inibitorio mortale con arresto cardiaco.

Altra considerazione è stata fatta sulla motivazione del colpo di lancia inferto da un soldato sul lato destro del costato di Gesù già morto e da cui uscì sangue ed acqua evento che fu considerato da sempre miracoloso come risulta dalla descrizione della Sacra Sindone fatta da monsignor Paleotto, arcivescovo di Bologna nel 1598, basato sulla convinzione che in un corpo già morto il sangue sia già coagulato.

Ma se Gesù era già morto perchè al suo cadavere fu inferto quel colpo di lancia? 
Per i crocifissi era usanza, su richiesta dei parenti, accelerarne la morte, riducendo così le sofferenze, colpendo il cuore oppure rompendo loro le gambe. Nel caso di Gesù il colpo di lancia fu quello di constatarne la morte perchè per essere il corpo restituito ai familiari su autorizzazione del giudice doveva esserne constatata la morte con un colpo che ne aprisse il cuore operazione che doveva essere eseguita da regolamento da un miitare come riportato da Giovanni.

Oggi invece la fuoriuscita di sangue ed acqua è perfettamente spiegabile in quanto il colpo di lancia entrato dal lato destro del costato fra la 5^ e la 6^ costola perforando la pleura, il polmone ed il pericardio raggiunse l'atrio destro del cuore che in un cadavere è sempre pieno di sangue. L'acqua altro non era che abbondante liquido pericardio o liquido formatosi nel torace a causa della flagellazione e della caduta mentre trasportava il patibulum che a Giovanni parve ovviamente acqua.

Le frasi che Gesù pronunciò prima di spirare sono riportate nella diapositiva n. 37, ma mentre quella di Matteo è in ebraico quella di Marco è in aramaico. Esse hanno praticamente lo stesso significato ed hanno indotto in chi assisteva a quel tragico evento che Gesù chiamasse Elia, venerato come protettore delle persone in pericolo di vita, o che esso stesso fosse Elia ritornato sulla terra.

Nella diapositiva n. 38 è invece riportata l'ultima parola in aramaico che Gesù disse prima di emettere l'ultimo respiro, ( Giovanni ), ovvero prima che morisse il rivoluzionario più grande della storia che pagò con la vita l'opposizione al potere di Roma ed alla aristocrazia clericale e sacerdotale sadducea. Era il 7 aprile dell'anno 30, un pomeriggio di venerdì. Così morì il carpentiere ebreo di Nazareth che ha cambiato la storia.

L'oratore si è quindi intrattenuto:
- sulla concezione della morte: per gli ebrei l'uomo è un corpo animato che dopo la morte continua a vivere essendo anima e corpo inseparabili anche se l'anima va nell'oltretomba dove l'uomo conduce una esistenza corporea che non è più vera vita ovvero un'esistenza senza conoscenza o sentimento in attesa dell'Onnipotente; per i greci invece l'uomo è un'anima incarnata, scintilla di Dio, che continua a vivere separandosi dal corpo dopo la morte ritornando a Dio;
- sulla resurrezione: per gli Ebrei la resurrezione di un corpo è il ritorno del morto a vita terrena; per i greci la resurrezione porta invece alla immortalità dell'anima;
e quanto sopra è importante perchè in seguito senza la tomba vuota sarebbe stato impensabile annunciare a Gerusalemme la resurrezione di Gesù. 

A questo punto l'oratore ha illustrato brevemente i tipi di tomba utilizzata per la sepoltura dei morti: a kokhim ed a forno la cui entrata era chiusa da una grossa pietra circolare e quindi facile da far rotolare. Esse in ogni caso dovevano trovarsi fuori delle mura di Gerusalemme per il carattere sacro della città. Le usanze relative alla sepoltura prevedevano il lavaggio del corpo come purificazione, l'unzione con resine odorose e la sua vestizione. 

Ottenuto il corpo di Gesù esso come era uso non venne lavato in quanto morto di morte violenta anche per non spargere il suo sangue considerato parte integrante del corpo, ma venne avvolto in bende, ma non dalla testa ai piedi, imbevute di oli aromatici ( mirra al fine di conservare il corpo ed aloe per coprire l'odore della sua corruzione  ) portati da Nicodemo, deposto da Giuseppe di Arimatea in un lenzuolo e successivamente sepolto in una tomba che gli apparteneva scavata nella roccia e chiusa da un masso di forma circolare.

Le pratiche funerarie prescrivevano che il defunto dopo essere stato deposto nella tomba fosse vegliato per 3 giorni perchè dopo tale periodo iniziava la morte vera e propria, ma ciò non fu possibile in quanto il giorno dopo era un sabato considerato dagli Ebrei giorno di riposo in cui non poteva essere fatto nulla.

Solo Matteo riferisce però che il giorno dopo, ovvero il sabato, presso Pilato, nonostante fosse proibita qualunque attività, ma si suppone che la lunghezza del percorso fosse entro i limiti prestabiliti dalla Legge,  si recarono i sommi sacerdoti per chiedergli che il sepolcro, temendo che il corpo di Gesù fosse trafugato e ricordando che Gesù aveva detto che dopo tre giorni sarebbe resuscitato, fosse sorvegliato.  Di fatto però esso restò senza sorveglianza per una notte, ma il giorno 8 aprile, giorno del riposo, trascorse senza che accadesse nulla.  

Su questo evento gli Ebrei negano la resurrezione di Gesù accusando i discepoli di aver rubato il corpo per il mantenimento del mito. Questa tesi sarà sostenuta anche dal filosofo tedesco Hermann Reimarus che descrive Gesù come un profeta politico ucciso dai romani facendo venire meno negli Ebrei la loro speranza di riscatto da Roma. La tomba vuota che per alcuni è il segno della resurrezione per altri rimane invece un mistero.

All'alba della domenica mattina, 9 aprile, Maria di Magdala con altre donne si recò al sepolcro per ungere il corpo e per le lamentazioni funebri non fatte al momento della sepoltura anche perchè vietate dalla legge per i condannati a morte trovandolo vuoto. Essa incontra un uomo che la chiama con il suo nome e riconosce istintavamente in lui Gesù che a lei e per prima si era manifestato appellandolo con il nome di '' Rabbunì che significa Maestro '' termine che si riscontra nelle scritture solo due volte ( cieco di Gerico e Maria di Magdala ) segno che fra Gesù e la donna esisteva un rapporto speciale.

E' alle donne che Gesù quindi fornisce il primo indizio della storicità della tomba vuota chiamandole a testimoniare mentre fino ad allora le loro testimonianze non valevano nulla per gli Ebrei che non le ascoltavano a motivo della leggerezza e della sfacciataggine caratteristiche delle donne.  

Maria corse quindi ad avvisare Pietro e Giovanni che  a loro volta accorsero velocemente. Come è detto in Giovanni, arrivò prima Giovanni, più giovane, che non entrò ma dall'esterno dando un'occhiata veloce si accorse che le bende erano a terra ( beplei ); arrivò successivamente Pietro che entrò per osservare bene ogni particolare perchè vuole vederci chiaro ( theorei ), successivamente entrò anche Giovanni che  non si limitò ad osservare in modo attento e razionale ma elaborò ed intuì, vide e ricordò e comprese. Tutti e tre i verbi hanno lo stesso significato ma ognuno ha una sfumatura diversa che indica una progressione intuitiva dinamica. Giovanni si spinse in profondità nella tomba vuota aprendo così un varco nella tenebra interiore di ogni uomo.
Anche Giovanni vide le bende afflosciate a terra ma il sudario era in una posizione unica tale da sfidare la legge di gravità ovvero in una posizione che avvolgeva un corpo che non c'era più e quindi effettivamente Gesù era risorto ed il suo corpo non era stato portato via.

A riprova del corpo volatilizzato possono essere fatte alcune considerazioni: la presenza dei lini in cui era stato avvolto e quindi perchè rubare un corpo nudo; se si fosse trattato del rinvenimento da una morte apparente il sudario avrebbe dovuto essere scomposto ed aperto; il sudario era nella stessa posizione in cui era stato deposto nella tomba ma era vuoto come se il corpo si fosse volatilizzato.

E' da evidenziare che Pietro e Giovanni hanno praticamente visto le stesse cose ma hanno due reazioni diverse come si evince da Luca.
Pietro se ne ritorna pieno di stupore e meravigliato con se stesso, ma a Giovanni che aveva assistito alla sepoltura, a cui Pietro non c'era, basta una sola occhiata per capire ciò che Pietro non può capire: nulla era stato toccato, le fasce e sudario avevano la stessa posizione di quando Gesù fu sepolto il venerdì precedente e quindi Gesù era veramente risorto.

Il Dott. Bica ha anche accennato al paradosso del Prof. Kessler, teologo ed esegeta cattolico, che afferma che laddove nel sepolcro fosse stata posizionata una telecamera non si sarebbe visto niente. L'evento del sepolcro vuoto deve essere collocato quindi sul piano della metaforica e della logica narrativa ma non della realtà.
Non c'è quindi alcuna prova della resurrezione perchè se ci fosse stato essa dovrebbe essere considerata come un evento storico e quindi non escatologico ovvero legato al fine ultimo dell'uomo.

La conclusione è che non c'è alcuna prova della resurrezione perchè se ve ne fossero si tratterebbe di un evento storico e quindi non escatologico.
Essa non sarebbe più ciò che è ma una rianimazione di cadaveri conosciute nel mondo antico comprese le tre attribuite a Gesù quali la Figlia di Giairo, capo della Sinagoga, il figlio della vedova di Naim e Lazzaro.

Tuttavia essa è il centro del cristianesimo storico, è un evento accaduto nella storia, ma paradossalmente non la si può riconoscere se non nella fede perchè essendo l'origine di una religione e quindi una adesione di fede, la resurrezione non può possedere un'evidenza storica altrimenti la fede non sabbe fede ma sapere storico. All'evento resurrezione non si può dare certezza storica che dispensi dalla fede.

Tuttavia essendo designata dalle autorità telogiche come fondamento della fede cristiana, può essere tale?
La risposta è che essa non può costituire tale fondamento perchè essa nella sua storicità ha bisogno di essere a sua volta fondata dalla fede.

Nel libro di Daniele compare per la prima volta l'idea di fede come resurrezione universale dei morti per cui la resurrezione di Gesù può essere considerata come l'inizio della resurrezione universale che coincide con l'inizio della redenzione escatologica.

Può essere stabilito anche un legame fra mistica e politica in cui il concetto mistico di resurrezione sostituisce quello politico di liberazione e la salvezza sul piano religioso sostituisce quella sul piano sociale. L'oppressore viene personificato dalla morte e non più dal potere politico. La resurrezione diventa quindi l'ultima spiaggia prima della disperazione politica. 

Al fine di creare un parallelismo fra ebraismo, cattolicesimo e maomettanesimo il Prof. Bica ha letto la prima sura del Corano che recita '' Mostraci la retta via non quella di coloro che tu hai colmato di benefici e neanche quella di coloro che sono incorsi nella tua collera e che si sono smarriti .... '' intendendo per ultimi, a suo parere, gli Ebrei che non hanno creduto al Messia morto e risorto.

Pradossalmente se gli Ebrei avessero creduto nella resurrezione essi avrebbero potuto salvarsi dalla colpa di avere ucciso il Messia se si fossero pentiti di volere un Messia politico.  Se avessero accettato l'idea di un Messia morto e risorto, come di fatto avvenne, ciò avrebbe avuto conseguenze storiche non indifferenti perchè la loro nazione avrebbe potuto salvarsi in quanto sarebbe venuto a mancare quell'irriducibile antagonismo politico fra oppressori ed oppressi, fra romanità ed ebraismo. Questo non l'hanno voluto e di ciò ne approfittarono gli altri costruendo in epoca successiva il Cristianesimo. L'osanna di ingresso a Gerusalemme quindi doveva essere un saluto di accoglienza e non doveva essere inteso come liberaci dai romani.

Ha quindi concluso leggendo alcuni versetti di Giovanni '' Questo è il giudizio. La luce venne al mondo ma gli uomini preferirono le tenebre alla luce perchè le loro opere erano malvagge....''. C'è un faro di luce, c'è l'idea di un approfondimento pulito e dignitoso della obiettività storica senza preferire le tenebre alla luce ed alla verità e laddove si fosse fatto questo forse la storia avrebbe avuto tutto un altro modo di estrinsercarsi. 

Al termine dell'interessante relazione che ha posto agli ascoltari alcuni quesiti ed interrogativi, è seguito un dibattito che ha visto l'interessata ed attiva partecipazione dei presenti in sala che hanno posto, in relazione al tema, anche altri punti di discussione ai quali l'oratore ha replicato fornendo ulteriori chiarimenti e delucidazioni.

Chiusa la discussione, il Prof. Valenti, dopo aver ringraziato il relatore di aver ancora una volta accettato di partecipare alle attività culturali del sodalizio, a ricordo della serata gli ha offerto il libro '' Siciia risorgimentale '' di S. Costanza ed ha chiuso l'incontro ricoradando ai soci che il prossimo incontro previsto dal programma delle attività del XXXII Corso di cultura è stato fissato per sabato 3 marzo 2018 alle ore 18.00 nei locali dell'Associazione.



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