2018 - 03 - 10: Dott. Paride Camporeale - Genere e strumenti musicali nella Sicilia greca

Sabato 10 marzo 2018 alle ore 18.30 con la partecipazione di un numeroso gruppo di soci e di simpatizzanti nella sala delle conferenze dell'Associazione per la Tutela delle Tradizioni Popolari del Trapanese sita in Trapani via Vespri 32 ha avuto luogo il settimanale incontro previsto dal programma delle attività del XXXII Corso di cultura relativo al 2018.

L'ospite della serata, Dott. Paride Camporeale, è stato accolto dal Presidente e dai presenti con cordialità ed interesse in quanto per la prima volta partecipante alle attività culturali del sodalizio.

Il relatore ha compiuto studi classici presso il Liceo Pantaleo di Castelvetrano, ha conseguito la Laurea in Beni Culturali ed Ambientali presso l'Unibversità di Palermo, nel 2013 la laurea con lode su '' Strutturazione delle aree di culto di Selinunte '' e fra le sue attività si annoverano studi sugli strumenti musicali nella ceramica greca e sul Museo Selinuntino di Castelvetrano.

Aperti i lavori, il Prof. Valenti, chiedendo scusa all'oratore, per motivi di opportunità, ha comunicato che:
- sono state già aperte le prenotazioni per l'escursione di un giorno a San Biagio Platani per gli '' Archi di Pasqua '' prevista per il 15 aprile 2018 con partenza alle ore 08.00 da Piazza Vittoria. Pertanto chi avesse avuto interesse a prendervi parte avrebbe potuto già effettuare per tempo la relativa prenotazione con diritto di precedenza su altri richiedenti appartenenti ad altri sodalizi culturali trapanesi che già hanno chiesto all'Associazione di prendervi parte; 
- i soci sono stati inoltre invitati a partecipare il giorno 16 marzo alle ore 10.00 presso la Bibloteca Comunale di Paceco alla presentazione del libro del Prof. Michele Russo, socio dell'Associazione,  '' Caddero per risorgere alla luce vermiglia della gloria: 1915 - 1918 ( sintesi ) '' scritto in memoria dei cittadini pacecoti morti nel corso del 1° conflitto mondiale

e ciò detto ha quindi ceduta la parola al relatore.

Si riporta di seguito quanto riferito dal Dott. Camporeale nella sua esposizione nel corso della quale sono state proiettate, ad integrazione di quanto via via era riferito, una interessante serie di diapositive.  Testo ed immagini sono state inoltre gentilmente ed integralmente rese disponibili per essere inserite in questo sito.

Il Dott. Camporeale, prendendo la parola ha per prima cosa voluto ringraziare i presenti ed esprimere il proprio piacere per essere stato invitato a relazionare su di un tema che è stato oggetto di una delle sue ricerche e ciò detto è entrato in argomento.

'' Generi e strumenti musicali nella Sicilia antica ''  

La musica era parte integrante della vita greca — il termine mousike definiva, allora, non solo l'arte dei suoni, ma anche la danza e la poesia - essendo componente essenziale di tutte le occasioni civili e religiose, come pure dei banchetti e delle riunioni mondane; per citare qualche esempio:

       - la paideia greca comprendeva, in età classica, l'educazione al canto e al suono della liyra, sicché molti dei cittadini erano in grado di partecipare a rappresentazioni musicali;
       - cori partecipavano a diversi momenti della cerimonia nuziale, nel corteo di amici che accompagnava la sposa dalla casa del padre alla sua nuova casa cantando I"imeneo' (di cui, già nell'Iliade troviamo una descrizione fra le raffigurazioni dello scudo di Achille); lo stesso corteo, poi, durante la notte, presenziava davanti alla camera degli sposi intonando I' ' epitalamio ';
       - cori si esibivano in canti e danze per celebrare i vincitori nei grandi giochi panellenici;
       - Plutarco, nella Vita di Nicia, racconta che alcuni Ateniesi, sopravvissuti al disastro militare di Siracusa {413 a.C.) nel corso della guerra del Peloponneso, ottennero da bere e da mangiare grazie alla loro abilità nel cantare brani di Euripide.

Gli strumenti musicali nel mondo greco antico, riferendoci alla classificazione di Aristosseno (IV sec. a.C.), erano ascrivibili a tre tipologie: a corda, a fiato e a percussione.

In tempi recenti, l'etnomusicologo Curt Sachs (Berlino 1881 - New York 1959) nella sua Storia degli strumenti musicali ha illustrato gli strumenti a partire dall'antichità fino ai suoi tempi, suddividendoli, invece, tra idiofoni, membranofoni, cordofoni e aerofoni e
distinguendoli anche in base al materiale in cui erano realizzati.

Privilegiando, in questa sede, la tripartizione di Aristosseno, ricordiamo per gli strumenti a corda la lyra, il barbitos, la kithara e l'arpa; per quelli a fiato l'aulos, la syrinx (o flauto di Pan), il flauto, la salpinx; per gli strumenti a percussione i Krotala, il tympanon e i kymbala.

Gli strumenti musicali principali erano, senza dubbio, la lyra, la kithara (versione più elaborata della prima) e l'aulos.

La liyra fu lo strumento più antico in Grecia, ed era presente in Mesopotamia già nel 2000 a.C.

Secondo il mito, Ermes, che ne fu l'artefice, la donò ad Apollo quale risarcimento per il furto delle mandrie sacre.

Per ragioni culturali, oltreché educative, la liyra veniva considerata uno strumento superiore  ( e ciò spiega il mito secondo cui Atena gettò l'aulos, di sua invenzione, perché le deformava il volto; lo strumento venne quindi raccolto da Marsia che sfidò Apollo, virtuoso della liyra, il quale, risultato vincitore, scorticò Marsia, macchiatosi di hybris).

La lyra era dotata di corde verticali di pari lunghezza, a differenza dell'arpa, che venivano pizzicate con le dita o con uno strumento detto plektron, spesso collegato allo strumento da una cordicella.

Essa era costituita da una cassa di risonanza ( costituita dal guscio di una tartaruga con un pezzo di cuoio disteso sul lato concavo ) e da due bracci curvi ( corna di animale ) uniti, nella parte sommitale, da una traversa; a questa venivano assicurate le corde, poggiate su un ponticello e fissate alla cordiera posta alla base della cassa. Lo strumento veniva tenuto col braccio sinistro.

Il tono era regolato dalla tensione delle corde, e forse anche dal loro spessore. Le corde si ricavavano da tendini o da budella di animali.

L'antica lyra usata da Omero ( e da lui chiamata phorminx ) pare avesse soltanto tre o quattro corde; l'introduzione delle sette corde veniva tradizionalmente attribuita a Terpandro di Lesbo ( VIII - Vll sec, a.C.), ma gli scavi hanno messo in luce che già le lyrai minoiche e micenee, di gran lunga più antiche, erano raffigurate di solito con sette corde; il numero, poi, arrivò sino a 12 in età classica.

Un genere di lyra particolare, usato da Saffo e Alceo, era il barbitos, che, essendo dotato di corde più lunghe della normale lyra greca, aveva una tonalità più bassa, meglio rispondente al contenuto intimistico della melica monodica.

La kithara, era lo strumento a corda privilegiato dai musici professionisti nell'antichità classica.

Il suonatore teneva fermo lo strumento appoggiandolo parallelamente al proprio corpo (in modo differente, dunque, dalla lyra e dal barbitos, più leggeri), pizzicando le corde direttamente con la mano sinistra, mentre con la destra le percuoteva col plektron.

A differenza della lyra aveva i bracci, piuttosto corti, solidali con la cassa armonica, della quale costituivano il prolungamento.

Era uno strumento di notevoli dimensioni e dall'ampia cassa armonica, realizzato, generalmente, in legno; le corde erano collegate alla cassa armonica tramite una cordiera e un ponticello, e venivano tese attorno ad un giogo terminante, da ambo le parti, con chiavi o maniglie, forse utilizzate per tendere e allentare le corde.

Per le sue caratteristiche, è più che lecito supporre una tecnica costruttiva alquanto avanzata.

L'arpa è uno degli strumenti più antichi, essendo presente in Mesopotamia ( come anche la lyra ) già nel 2000 a.C.

Nota a Saffo e Alceo, quale strumento dell'amore, era spesso raffigurata in mano alle Muse e veniva suonata, soprattutto dalle donne, in posizione seduta, venendo appoggiata al seno e con la base sulla gamba sinistra.

Alla fine del IV sec. a.C. le diverse tipologie vennero tutte definite come psalterion, ovvero strumento pizzicato.

L'aulos era lo strumento a fiato di maggiore diffusione: veniva abitualmente suonato durante i banchetti, i sacrifici e i funerali, e serviva anche a scandire il ritmo delle danze.

Occorre precisare che l'ordinaria traduzione del greco aulos con ' flauto ' non risulta del tutto rispondente, poiché questo antico strumento era più simile al clarinetto o all'oboe.

L'aulos, infatti, era dotato di un bocchino con ancia, unito alla canna attraverso uno o più elementi rigonfi ( holmoi ).

In genere gli auloierano suonati in coppia e mantenuti solidali da una fascia con due fori stretta attorno alle gote del suonatore, chiamata phorbeia, di cui si ha un'esauriente documentazione nella pittura vascolare.

L'aulos, fatto di canna, legno, osso ( come quello, frammentario, rinvenuto a Selinunte nel 2012 durante lo scavo del tempio R e risalente al Vl sec. a.C. ), ma anche di avorio o metallo, era trapassato da cinque fori, ma alla fine del V sec. a.C. lo strumento divenne più lungo e il numero dei fori fu portato fino a 24: si inventò, allora, un congegno per chiudere contemporaneamente tutti i fori non richiesti, in modo che sulla coppia di auloi fosse 
possibile realizzare l'intera gamma dei modi e delle armonie.

Tuttavia, come riferitoci da Aristosseno, per i vari registri, diremmo oggi dal soprano al basso, erano necessari cinque diversi tipi di strumenti.

La syrinx, o flauto di Pan, era invece costituita da canne, legate insieme, soffiate direttamente, senza bocchino.

In Grecia le canne avevano pari lunghezza, ma erano accorciate internamente da tappi di cera; la syrinx a noi più nota, con la caratteristica forma a scala, era in realtà una variante etrusca, e poi romana.

Era lo strumento dei pastori, ma lo troviamo anche raffigurato in mano alla musa Calliope, sul celebre vaso Francois conservato a Firenze.

Esistevano anche flauti a una sola canna forata: l'iynx veniva suonato soffiando dentro l'apertura apicale o laterale ( come negli attuali flauti traversi ).

La salpinx (la cui invenzione era attribuita alla dea Atena ) era l'antica tromba, già nota ad Omero, costituita da un tubo cilindrico bronzeo di circa un metro di lunghezza, con campana a forma di tulipano e bocchino di osso.

Essa veniva utilizzata per fare segnalazioni ( cosi come le conchiglie o i corni muniti di bocchino ) in svariate occasioni { dai combattimenti, alle cerimonie di culto, alle gare sportive, etc. ).

Più tardi, sembra che gli Etruschi la suonarono come un vero strumento musicale.

Come strumento aerofono va citato il rhombos, strumento legato al culto di Dioniso e composto da una corda che tiene un pezzo di legno che, fatto roteare, produce un suono simile al ronzio delle vespe.

A tal proposito è interessante rilevare come, in altri orizzonti culturali, disgiunti, sia nel tempo che nello spazio, da quello greco antico, si utilizzino strumenti identici ( penso al rombo usato oggi dai Dogon del Mali o dai Lobi del Burkina Faso o dai Nagal dell'Indocina ) che inducono, nei partecipanti ai riti, uno stato di trance: oggetti simbolici e usi rituali, questi, testimonianza di quelle strutture mentali universali definite dal noto antropologo
francese Claude Levi Strauss.

I krotala erano antichi strumenti a percussione utilizzati per evidenziare il ritmo in accompagnamento agli strumenti a corda o all'aulos.

Paragonabili alle attuali nacchere o castagnette spagnole, ma più lunghi ( misurando fino a 15 cm di lunghezza ) e quindi dal ritmo più lento di queste ultime, erano composti da due pezzi di legno legati assieme in modo da poter essere battuti tra loro dalle dita della mano.

Strumenti a percussione di uso rituale ( nell'ambito di culti dionisiaci e cibeliani ) erano, invece, il tympanon e i kymbala.

Il primo era un tamburello con la pelle distesa su ambedue le facce. Veniva spesso raffigurato in mano a donne e raggiungeva il mezzo metro di diametro.

I kymbala sono una coppia di piatti a sonagli in bronzo, ancora presenti in Medio Oriente, con un anello, per l'impugnatura, sul lato convesso.

Ad ogni forma poetica, in età arcaica e classica, si accompagnava un particolare strumento e tipo di musica:

       - la poesia lirica corale, che si rivolgeva ad un pubblico riunito in occasione di grandi feste religiose o di agoni sportivi, veniva accompagnata dalla danza e dalla musica, soprattutto della kithara, ma anche dell'aulos ( nel caso del ditirambo eseguito alle Grandi Dionisie ) e, probabilmente, anche di entrambi simultaneamente;
       - la lirica monodica, cui luogo privilegiato era il simposio, era accompagnata sia da strumenti a corde, in particolare dalla lyra e dal barbitos, sia dall'aulos;
       - nelle rappresentazioni teatrali di età classica, brani recitati si alternavano a canti corali accompagnati dal suono dell'aulos e dalla danza, a canti solistici degli attori e a dialoghi lirici fra attori e coro.

In età arcaica e classica sembra che fossero i testi poetici, o meglio il loro schema metrico, a condizionare l'andamento ritmico della melodia ( gli inni, come dice Pindaro nella seconda Olimpica, sono " signori della cetra " ).

I brani musicali di accompagnamento dovevano, pertanto, essere piuttosto semplici e, almeno fino al V sec. a.C. ( cosi come attestatoci dagli stessi poeti, ad esempio Pindaro nell'Olimpica I), si trattava per lo più di rielaborazioni di motivi ormai consolidati e a ciò dovrebbero il loro antico nome: nomoi, ovvero modi usuali.

Nella seconda metà del V sec. a.C., sotto l'impulso, in Atene, della ' Scuola del Nuovo Ditirambo ', il rapporto di subalternità della musica alla poesia muta progressivamente.

Si spezza quel mimetismo tra testo e musica e così anche quella netta distinzione tra generi poetici basata anche sulle loro caratteristiche musicali: le melodie divengono sempre più complesse, anche in virtù del perfezionamento degli strumenti musicali.

Il nuovo virtuosismo musicale richiesto, non più accessibile ai tanti, tenderà a fare emergere singole figure di artisti e, di contro, a marginalizzare sempre più la funzione del coro negli spettacoli teatrali ( cosi come si nota nelle commedie di Aristofane, che pure criticava aspramente i nuovi poeti ), e provocherà, inoltre, la reazione indignata di Platone, convinto che la ' nuova musica ' avrebbe potuto alterare lo stato d'animo degli ascoltatori, turbandone l'equilibrio.

Tali tendenze portarono inevitabilmente, in età ellenistica:
        - ad una emancipazione della produzione poetica dalla musica;
        - al mancato rinnovo di poeti-musici di alto livello;
        - all'ammirazione, nell'opinione corrente, degli esecutori.

Per concludere, per quanto concerne la notazione di cui si avvalevano i suonatori greci, ne restano pochi e scarni frammenti su papiri, su pietra, o in manoscritti: da quanto può evincersi, sembra che i Greci adoperassero due tipi di sistemi semiografici, basati sulle lettere dell'alfabeto ionico classico, uno per la musica vocale, l'altro per quella strumentale.

Ulteriori segni chironomici, anche questi, in genere, posti sopra il testo del melos, erano usati per interpretare ritmicamente il dettato, talvolta modificando anche la metrica.

Frammenti papiracei particolarmente interessanti anche per la loro antichità, risalendo al III sec. a.C., contengono una selezione di brani dall'Ifigenia in Aulide di Euripide e parte del I stasimo del suo Oreste.  

Fra le iscrizioni riportate alla luce dalle ricerche archeologiche a partire dal tardo Ottocento, spiccano, invece, due inni dei musicisti attici Ateneo e Limenio, eseguiti a Delfi, con evidente successo, nel 128 a.C., o il più tardo epitafio del musico Sicilo, con l'iscrizione di un canto, risalente al II d.C.

Tra i frammenti oggi ritenuti spuri, il più famoso, invece, è quello pubblicato nel 1650 dal gesuita tedesco Athanasius Kircher nell'opera Musurgia Universafis, recante i vv. 1-8 della prima Pitica di Pindaro e rinvenuto in un manoscritto conservato nel convento del San Salvatore a Messina, la cui biblioteca venne in seguito distrutta da un incendio.

Visitando i nostri musei, risulta evidente come moltissimi dei vasi qui conservati, come anche varie figure fittili, ci abbiano tramandato le rappresentazioni di diversi strumenti musicali antichi. ''














Alla relazione ha fatto seguito un dibattito cui hanno partecipato molti dei presenti che hanno posto al Dott. Camporeale molte domande e chiesto precisazioni su quanto precedentemente detto ed alle quali ha in ogni caso risposto in modo esauriente ed esaustivo fornendo ulteriori notizie e chiarimenti.


Al suo termine prima dei saluti di arrivederci a sabato 17 marzo 2018 alle ore 18.00 nella sede dell'Associazione per il prossimo incontro previsto dal programma delle attività del XXXII Corso di cultura per l'anno 2018, il Prof. Valenti dopo aver ringraziato il relatore per l'interessante argomento trattato a nome dell'Associzione ed a ricordo dell'incontro gli ha donato il libro '' Sicilia punica '' di Carmela Angela Di Stefano.

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